di Pina Ferro
Giuseppe e Domenico Stellato non sono camorristi. I giudici del Tribunale di Salerno hanno assolto padre e figlio dall’accusa di associazione di stampo camorristico nell’ambito del processo per la gambizzazione avvenuto nella serata del 24 luglio 2020 nel quartiere Pastena ai danni di Mario Mautone. La sentenza è arrivata nel tardo pomeriggio di ieri.
I giudici dopo una lunga camera di consiglio hanno assolto padre e figlio dall’accusa di 416 bis mentre sono stati condannati per le lesioni. A Giuseppe Stellato sono stai inflitti 7 anni di reclusione (il pubblico ministero ne aveva chiesti 13) mentre Domenico Stellato sono stati è stato condannato a 3 anni e due mesi di reclusione.
Assolti i Castellano (padre e figlio).Nel collegio difensivo tra gli altri gli avvocati Luigi Gargiulo e Massimo Torre.
Padre e figlio erano stati arrestati nel giugno del 2021 dai carabinieri del Comando Provinciale di Salerno in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP di Salerno su richiesta della locale Dda (direzione distrettuale antimafia). Entrambi furono ammanettati con l’accusa, in concorso, di lesioni aggravate dal metodo mafioso e detenzione e porto abusivo di armi.
I due furono arrestati nell’ambito delle indagini avviate in seguito al ferimento, mediante colpi d’arma da fuoco, di Mautone Mario, avvenuto nella serata del 24 luglio 2020 a Pastena, territorio dove Stellato è noto come “papacchione” ed è da sempre temuto per numerose azioni criminali sin dagli anni 2004/2005.
Per gli investigatori Giuseppe Stellato sarebbe stato imitato i dal figlio Domenico, ansioso di dimostrare anche lui una capacità di imporsi nella Zona Orientale come già avviene per il padre Giuseppe.
Ed è proprio la volontà dimostrativa il movente dell’azione delittuosa condotta in forma plateale da padre e figlio ai danni di Mario Mautone. Attraverso la lunga e certosina analisi delle immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza pubblica e privata installati nelle vie limitrofe a quella dell’agguato fu infatti possibile ricondurre con certezza ai due indagati la “gambizzazione” di “scriscietto”, attività di polizia giudiziaria questa che ha altresì permesso di evidenziare come Stellato Giuseppe si sentisse ormai così intoccabile nel “suo” territorio da arrivare a sparare in pieno giorno e in un locale pubblico, senza nemmeno coprirsi il viso.
A differenza di quanto fatto dal figlio che indossava un casco integrale, massimizzando in tal modo la portata intimidatoria dell’evento.
Dagli esiti delle successive intercettazioni emerse come l’aggressione fosse da inquadrare nell’ambito di un avvertimento legato al controllo dello spaccio di stupefacenti sul territorio presso cui Stellato, al termine di un lungo periodo di detenzione, era tornato con l’intenzione di ristabilire il proprio predominio incontrastato.
Progetto interrotto anzitempo, poiché la notte stessa dell’agguato a Mautone, Stellato era stato nuovamente arrestato. Sebbene sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo notturno di permanenza in casa, nel corso di un controllo presso la sua abitazione non si era fatto trovare, fuggendo di corsa non appena aveva percepito l’arrivo della pattuglia dei carabinieri.
“In tal senso – scrivevano gli inquirenti- è verosimile ritenere che l’improvvisa fuga fosse motivata dal timore di essere già stato identificato quale autore degli spari di quel pomeriggio, anche in ragione del fatto che Papacchione si era appena tagliato la barba al chiaro scopo di non farsi riconoscere e che le registrazioni delle telecamere di videosorveglianza del quartiere lo avevano immortalato in ciabatte e a torso nudo mentre si allontanava a piedi dall’area.
Tale condotta non poteva però passare inosservata, perché Stellato durante tale “passeggiata notturna” imbracciava un pericolosissimo fucile mitragliatore, terrorizzando con la sola presenza numerosi passanti che si erano rivolti al 112 dei carabinieri per segnalare quanto stava avvenendo in pieno centro.
Convogliando nel quartiere numerose pattuglie fu quindi possibile individuare ed accerchiare il fuggitivo sul lungomare Colombo, dopo che si era già disfatto dell’arma.
Ieri la condanna.