di Gemma Criscuoli
Una Carta della Cultura che stabilisca una relazione costruttiva tra giornalisti e operatori dell’ambito culturale. È il proposito dell’incontro di formazione dell’Ordine dei Giornalisti della Campania, che ha avuto luogo presso il Teatro Ghirelli. Se il Presidente dell’Ordine, Ottavio Lucarelli, ha incoraggiato una comunicazione efficiente, Francesco Bellofatto, che presiede, nel medesimo ambito, la Commissione Cultura, ha esposto i principi alla base di un documento che deve essere innanzitutto nuova coscienza del ruolo del giornalismo. “La cultura non esiste nel momento in cui manca la comunicazione –ha dichiarato Bellofatto – Dinanzi a un evento, il giornalista deve essere partecipe e protagonista. E’ vitale che il settore giornalistico diventi di fatto garante del prodotto culturale fin dalla sua genesi. Non sono, naturalmente, ammesse mistificazioni e falsità : la cultura è trasversale e, soprattutto dinanzi all’utenza tipica dei social, che rifiuta l’ottica di un percorso condiviso, è fondamentale non solo offrire un quadro più che mai esauriente di ciò che viene alla ribalta, ma non bisogna mai dimenticare, illustrandole coerentemente, le positive ricadute su un territorio. Che la cultura promuova ricchezza, crescita, aggregazione, è acclarato. Una Carta utile al dialogo tra i media e la carta stampata agevolerebbe una mappatura del contesto territoriale, esaltandone le peculiarità. Si tratta di un cammino in divenire, legato al supporto di tutti”. La risposta non si è fatta attendere. La scrittrice Piera Carlomagno, che conosce bene entrambe le realtà in gioco, ha precisato che “La promozione non può appartenere a chi lavora in una redazione ed è innegabile che non tutti gli eventi abbiano lo stesso spazio nella divulgazione. Scrivere di qualcosa, è bene ricordarlo, non equivale automaticamente ad apprezzarla. Non dimentichiamo la feroce stroncatura della dannunziana “Francesca da Rimini” in una terza pagina che rappresentava comunque un’attenzione a un campo complesso come quello dello spettacolo. La Carta della Cultura, a mio avviso, dovrebbe innanzitutto tutelare i giornalisti, aiutandoli a chiarire le loro priorità”. “Mentre nei festival stranieri, come quello di Avignone, vi sono piccoli editori intelligenti e, in generale, tutte le testate sono rispettate –ha aggiunto il regista Andrea Carraro- a Salerno, che pure vive un enorme fermento culturale, c’è un oggettivo problema riguardo all’informazione. La Carta di cui parliamo stasera potrebbe sostenere il coordinamento delle diverse compagnie, ma manca un importante strumento pedagogico e creativo, la recensione”. Su questo tema è intervenuta Olga Chieffi, giornalista e critico musicale: “Cambia davvero la vita assistere a uno spettacolo o a un concerto sapendo che, in seguito, sarà necessario scriverne. Recensire è una sfida, una messa in gioco delle proprie possibilità interpretative, un’occasione imperdibile di maturare una consapevolezza non certo disposta a farsi imbrigliare in pastoie accademiche, ma sempre dinamicamente protesa verso un’analisi che concorre alla maturazione del pubblico”. L’urgenza di farsi mediatori degni della fiducia degli spettatori, a partire dalle scuole, ha ispirato l’intervento di Peppe D’Antonio, direttore artistico di Linea d’ombra : “Non è corretto dire che i giovani sono i cittadini del domani, dal momento che sono i cittadini del presente. Quando si propone un itinerario culturale alle scuole, occorre usare mille attenzioni, non spostare gli alunni come mandrie da una parte all’altra. Se la tendenza a puntare solo su se stessi rende difficile creare una vera e propria rete tra i protagonisti della cultura salernitana, è altrettanto vero che un precario non si accollerà l’onere di una saggia stroncatura : anche i giornali, quindi, devono investire sulla cultura”. Michele Schiavino ha quindi ricordato il contributo insostituibile dello stesso Pasolini all’evoluzione di una società migliore, Claudio Tortora ha difeso un progetto culturale che esalti le peculiarità delle componenti del mondo artistico, mentre Filippo Trotta e Antonella Iannone hanno denunciato una doppia cecità : quella della città verso Gatto e del pubblico nei confronti della danza. “La qualità della vita si fonda anche su parametri culturali –ha sostenuto il consulente alla Cultura Ermanno Guerra – e le amministrazioni culturali devono fare la loro parte”.