Il cantautore calabro ha concluso aureamente la XII edizione del Jazz&Pop festival del Conservatorio “G.Martucci” che dà appuntamento ad un giugno ancor più ricco di musica. Buona esecuzione del pubblico delle due ultime strofe di “Tutto quello che un uomo”, cantate a cappella con Amedeo Ariano, perfetto suggeritore. Bis swing con “Cantautore Piccolino”
Di Olga Chieffi
Si è conclusa domenica sera la XII edizione edizione del Jazz&Pop festival del Conservatorio “G.Martucci”, tre giornate che hanno vissuto in primis dello speciale confronto tra docenti, studenti e ospiti, due grandi voci, quella di Noreda Graves e Rosalia de Souza, che hanno allargato il panorama attraverso le atmosfere delle gemme più preziose della black music, la prima, mentre la seconda ci ha trasportato nel suo Brasile, ben oltre il samba e la bossa, con il suo stile inconfondibile, l’eleganza e un fascino quasi mistico facendo affiorare sentimenti persi nel tempo. Ecco il tempo Sant’Agostino scrive che “Il tempo è un istante inesistente di separazione tra passato e futuro”, e su di un ponte di note è trascorsa anche l’ultima serata, che ha salutato sul palcoscenico di un teatro Augusteo, diremmo preso d’assalto, un incontro davvero importante, quello tra il cantautore Sergio Cammariere, che si è presentato con gli amici di sempre, Amedeo Ariano alla batteria, Luca Bulgarelli al contrabasso, e Daniele Tittarelli a sassofono soprano, il quale è riuscito ad evidenziare il segno raffinato del musicista calabro, donandogli un particolare e sensibile impatto sonoro ed emotivo, lasciando volare con maggiore fluidità comunicativa, il suo personale “pensiero d’amore” che ci fa vivere in un sol tempo in luoghi non misurabili, “pensiero d’amore” formato di proprietà contraddittorie, che è una sciagura il solo pensiero di poter addomesticare, come appunto inaccessibilità e, per converso, eccesso di sentire, simbolo, in alto grado di assenza e di presenza, pienezza e vuotezza, gioia e malinconia, vita e morte. Il concerto è principiato con due brani esclusivamente strumentali per cercare l’ amalgama di una musica fluida e comunicativa generante un corpo d’essenza, un corpo di calore e luce. Il jazz dell’artista calabrese sembra quasi una lunga muraglia, piena di colori, sfumature, mescolanze e pochi azzardi sonori, affidati esclusivamente al soprano di Daniele Tittarelli, dal suono ibrido, finalizzata ad un incontro ravvicinato tra l’artista ed il suo pubblico. Ad arricchire i testi, vere e proprie poesie, è stata un’approfondita ricerca del suono, attraverso cui gli arrangiamenti proposti acquisiscono un elevato grado di raffinatezza. Sonorità, atmosfere crepuscolari, suadenti dolcezze d’amore, soffusi e impalpabili ricordi, appunti di viaggi verso altre terre scritti quasi sul notes del cuore, improvvise nostalgie, la dolce malinconia intrisa di ritmo sud americano, pensieri densi e senza meta ma certi che una meta possibile esiste ed è la libertà stessa dell’uomo, attraverso il linguaggio delle note e dell’arte tutta. E’ stata una lunga cavalcata tra temi nuovi e il repertorio più amato da “L’amore non si spiega”, alla ballade “Non mi lasciare qui” e ancora “Le porte del sogno”, “Per ricordarmi di te”, “Tempo perduto”. Sergio si è poi concesso un momento di intimità col suo strumento, per elevare una preghiera laica “Padre della Notte”, per invocare ed evocare la Pace per tutti. Il quartetto continua a disegnare, con il verso e la musica, mappe musicali che produrranno forme d’interferenza in grado di ridare voce a storie nascoste, rendendole così sonore e percepibili. L’importanza dei “suoni”, tutti, non sta unicamente nella forza narrativa, ma anche nella capacità di sollevare questioni critiche. I suoni ci attirano verso ciò che sopravvive e persiste come risorsa culturale e storica, capace di resistere, turbare, interrogare e scardinare la presunta unità del presente. Questo il tentativo di Sergio, Daniele, Luca e Amedeo: disegnare nuove cartografie sonore, una questione di avvenire, la domanda dell’avvenire stesso, la domanda di una risposta, di una promessa e di una responsabilità per il domani, per dirla con Derrida. Per Sergio Cammariere, il cantautore che non nasconde il suo accento calabrese, c’è voglia di andare “Via da questo mare”, ma non pare possibile, prima di cantare insieme all’intero pubblico “Tutto quello che un uomo”, in un momento intimo e suggestivo. Sergio resta il “Cantautore piccolino” swingante, frizzante ma nel giro dei soli non c’è nulla da fare per Daniele Tittarelli, prova, bussa, con qualche nota, ma niente giro, la porta non si apre. Standing ovation del pubblico “chiamata” dallo stesso Cammariere e finale ancora marino con “Dalla pace del mare lontano”. “Chiuso il festival – ha concluso il direttore Fulvio Maffia, che aveva in sala diversi ospiti delle istituzioni musicali e amministrative – ci aspetta un giugno bollente con l’orchestra del conservatorio in tournée, due maratone liriche tra Mozart e Donizetti e una pirotecnica sorpresa per il 21 giugno”.