di Clemente Ultimo
Il caro bollette originato dall’impennata dei costi energetici e la vera e propria esplosione dei prezzi dei servizi dovuta al generale rincaro delle materie prime, ulteriormente spinto verso l’alto dallo scoppio del conflitto in Ucraina, non hanno mancato di farsi sentire nei bilanci di aziende e famiglie, tanto da costringere il governo ad adottare provvedimenti destinati almeno a tamponare una situazione diventata ben presto vera emergenza socio-economica. Ad essere travolto, più ancora che investito, dal caro bollette è anche un settore fondamentale per la tenuta sociale del Paese, anche se spesso poco visibile: quello costituito dalla rete di assistenza garantita dal vasto e variegato mondo del terzo settore, laico o religioso che sia. Salerno e la sua provincia, purtroppo, non fanno eccezione: numerose realtà ed iniziative sono costrette a fare i conti – letteralmente – con oneri per servizi essenziali, ad iniziare da energia elettrica e gas per cucinare e riscaldare, sempre più gravosi. Tanto che, in qualche caso, si è ormai arrivati al punto di dover scegliere cosa sacrificare pur di salvaguardare i servizi minimi. “Il problema del caro bollette – dice don Antonio Romano, Vicario alla Carità della Diocesi di Salerno – è comune a tutte le strutture della nostra diocesi, la difficoltà c’è ed è reale. Il pericolo sempre più concreto ed attuale è che salti tutta la programmazione messa a punto nei mesi scorsi per la realizzazione dei progetti di assistenza, il che significa concretamente avere difficoltà nell’assicurare un sostegno efficace agli ospiti delle strutture”. Molti sono gli esempi che si potrebbero portare di quanto pesanti siano i nuovi oneri che gravano sulle strutture di accoglienza, tuttavia questi possono essere efficacemente rappresentati osservando il caso del monastero San Giuseppe di Fisciano. Il convento ospita una piccola comunità di suore carmelitane, ma la struttura – di grande valore anche sotto il profilo storico ed artistico – è ormai troppo grande per le esigenze delle religiose: prende così corpo il progetto destinato a trasformare parte del complesso conventuale in un “polo della carità”. “Abbiamo immaginato – spiega don Antonio Romano – di valorizzare il convento di Fisciano realizzando al suo interno una struttura destinata ad ospitare donne in difficoltà, magari con figli piccoli: sono state così realizzate dieci stanze destinate all’accoglienza, oltre a tutti gli spazi utili ad ospitare i servizi necessari. Naturalmente nella messa a punto della parte economica del progetto abbiamo stimato gli oneri derivanti dalle diverse utenze, basandoci su una valutazione media di consumi elaborata sulla suore, ovviamente adeguata alla presenza delle ospiti. Siamo arrivati così ad ipotizzare un costo di circa16mila euro l’anno per le diverse utenze. Ebbene, oggi dobbiamo fare i conti con una bolletta mensile per l’energia elettrica di circa 1.300 euro. In pratica la stima dei costi fatta originariamente si sta rivelando a malapena sufficiente per coprire le spese della sola energia elettrica. È evidente che con questo stato delle cose la sostenibilità economica del progetto diventa una sfida quotidiana”. Eppure, mai come ora, una struttura come il convento delle carmelitane di Fisciano è una tessera fondamentale di quel mosaico di piccoli e grandi punti di accoglienza che consente di gestire senza – eccessive – difficoltà un’emergenza umanitaria come quella provocata dal conflitto russo-ucraino: presso il monastero di San Giuseppe, infatti, hanno trovato ospitalità diverse donne e bambini, tra cui alcuni piccolissimi, in fuga dalla guerra. Una fase emergenziale che, senza dubbio, ha portato ad una presenza di ospiti maggiore di quella preventivata, dunque a più alti consumi, ma che nonostante questo non è sufficiente a giustificare da sola l’esplosione dei costi. Del resto il problema del caro bollette non investe solo strutture come il monastero di Fisciano – utilizzato in questo caso come riferimento rappresentativo di un mondo ben più ampio e variegato -, bensì anche spazi e realtà più prossimi magari alla quotidianità di ciascuno: dagli oratori alle sale parrocchiali, alle sedi di piccole associazioni di volontariato. Tutti alle prese con un’esplosione dei costi che rischia di rendere semplicemente insostenibili alcune attività, molte delle quali componenti fondamentali di quella rete comunitaria che, in molti casi, è uno dei pochi collanti che tiene insieme le realtà territoriali più disagiate e provate dalla lunga crisi di questi anni.