Daniel Oren e Raffella Cardaropoli tra Mozart e Haydn - Le Cronache
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Daniel Oren e Raffella Cardaropoli tra Mozart e Haydn

Daniel Oren e Raffella Cardaropoli tra Mozart e Haydn

Il teatro Verdi incontra la città con un cartellone costellato di nomi prestigiosi e free entry. Questa sera, alle ore 20, in San Giorgio, taglio del nastro per la rassegna concertistica “Benedetta Prima….vera”

 Di Olga Chieffi

Si prevede il grande bagno di folla, questa sera, alle ore 20, nella Chiesa di San Giorgio, per il concerto inaugurale della stagione concertistica che ci accompagnerà fino al 4 giugno, con cinque appuntamenti affidati a formazioni internazionali e completamente gratuiti. Sul podio alla testa dell’orchestra Filarmonica Salernitana, tra la prima e la seconda replica del Rigoletto, salirà Daniel Oren, che insieme alla violoncellista Raffella Cardaropoli, si confronterà con i primi due autori della prima scuola di Vienna, Franz Joseph Haydn e Wolfgang Amadeus Mozart. La serata principierà con l’esecuzione di una fra le più alte composizioni di Mozart, la Sinfonia in sol minore, n°40 K550, che ha costituito fin dai primi dell’Ottocento un simbolo e un enigma: composta nell’estate del 1788, seconda di un ciclo costituito dalla Sinfonia in mi bemolle maggiore e dalla Jupiter, non si sa se abbia avuto un committente o se sia nata, come le altre, come una sorta di confessione, in un momento di terribili avversità nella vita quotidiana. Quel che è quasi certo è che Mozart non potè mai ascoltarla, anche se una correzione nella parte originaria dell’oboe, passata parzialmente al clarinetto, potrebbe far pensare ad un adattamento dell’opera in vista di una sua imminente esecuzione. È probabile, comunque, che i primi ascoltatori siano rimasti sconcertati dal singolare clima espressivo di questa sinfonia, dal suo cromatismo e dalle sue arditezze, pur in quel suo sfondo di «classica e inalterata bellezza» (Mila) che costituì un modello per tutti i sinfonisti del primo Ottocento, a partire da Beethoven. Ma mentre i musicisti del romanticismo guardarono alla Sinfonia in sol minore quasi come ad un irraggiungibile ideale di purezza, in tempi a noi più vicini la critica ha sottolineato piuttosto, di quest’opera, l’immediatezza espressiva, il languore, il sottile e sotterraneo turbamento che la pervadono, quasi appunto si tratti di un profetico e drammatico annuncio di tempi nuovi, affrontati in prima persona e senza reticenze, con tutto il peso ossessivo di tristissime esperienze quotidiane. Si proseguirà con la sinfonia n°88 in sol maggiore composta per editori e società francesi nel 1787/89, che andrà ad inaugurare la riflessione musicale del genio di Rohrau,  che vede succedersi nel corso dei diversi movimenti le varie tappe di un’organica vicenda espressiva, che lascia intuire che siamo ormai nell’ambito di quello stupendo equilibrio orchestrale tipico delle «londinesi» e della piena maturità artistica ed espressiva di Haydn. Ecco perché è stato giustamente detto che Haydn arriva qui a toccare il culmine della sua creazione sinfonica in una sorta di esuberante gioia di vivere; un’opera scritta di getto con l’ardore dell’ispirazione — come lo stesso musicista annotò nella partitura autografa. L’opera esordisce con brio all’insegna della gioia, per confermare questa pienezza di sentimento in un Largo di toccante lirismo consolatorio; ma tale positiva crescita dell’animo viene all’improvviso smentita dal clima sardonico e straniante del Minuetto, lacerato da insolite modulazioni e ardite dissonanze che solo nel Trio si arrestano di fronte ad una splendida evocazione del mondo popolare, intrisa di futura mahleriana poesia. La crisi aperta da questa pagina ottiene una risposta dall’ultimo tempo, attraverso il gioco lucido, vivo ed essenziale di una danza burattinesca la cui effervescente ironia corre sui binari di un’abile sapienza compositiva. Finale con ospite internazionale, il violoncello di Raffella Cardaropoli. Il pubblico salernitano ne conosce sicuramente il fratello Gennaro violinista ma, stasera la creazione del primo suono catturerà l’attenzione e desterà assoluta meraviglia, con l’entrata del I concerto di Haydn in Do maggiore. I concerti solistici di Franz Joseph Haydn vengono in genere considerati lavori minori, vuoi per il carattere disimpegnato, vuoi per le strutture meccanicistiche che, legate ancora alla logica del concerto barocco, condizionano il rapporto tra solista e «tutti». Nondimeno, pur non toccando i livelli vertiginosi raggiunti da Mozart, anche in questo campo Haydn realizza pagine di indubbia qualità e degne di attenzione. È il caso di questo concerto del quale non si conosce la data precisa di composizione, collocabile comunque tra il 1761 e il 1765, nei primi anni in cui il musicista è al servizio degli Esterházy. Scritto per Joseph Weigl, il concerto si contraddistingue per l’abilità della scrittura riservata al violoncello. Il virtuosismo è acceso, non ostentato; i contrasti drammatici tra solista e orchestra sono equilibrati. Per quanto non manchino momenti di tensione, prevalgono le sonorità brillanti e l’atmosfera è nell’insieme serena. Nel primo tempo, Moderato, l’orchestra presenta senza introduzioni un tema principale che, con il suo andamento maestoso su ritmi puntati, sembra quasi una fanfara di vittoria. A questo si contrappone un motivo più pacato che conferisce al brano dinamica emozionale. L’Adagio successivo costituisce una parentesi di intimo lirismo e pacatezza che, malgrado qualche lieve increspatura drammatica, non arriva a intaccare la dimensione serena e ottimistica complessiva del concerto. Il solista, accompagnato dai soli archi, ha modo di esibire tutte le sue doti di cantabilità ed espressività. L’Allegro molto finale è un movimento di grande brillantezza e vitalità che fa pensare a una specie di moto perpetuo di note veloci e staccate, e vede il violoncello cimentarsi in passaggi di agilità molto impegnativi. L’arguzia e l’inventiva più tipiche di Haydn emergono a tutto tondo, conferendo al discorso musicale un carattere estroverso e privo di ombre.