di Gaetano Del Gaiso
Ottobre 2020. Ancora un paio di mesi e potremo, finalmente, lasciarci alle spalle questo anno terribile. O forse no? L’ingerenza della diffusione della pandemia da Covid-19 è stata e tutt’ora risulta essere causa di forte risentimento per tutti coloro i quali, oggigiorno, brancolano nel buio delle polveri sollevate dal crollo rovinoso dei ponteggi dei settori turistico e culturale, fra i più colpiti dalle sferzate inferte da questo nemico invisibile. Sebbene dai dati più recenti forniti da Demoskopika risulti che le regioni che i sistemi turistici regionali più sofferenti siano Lazio, Toscana, Lombardia, Veneto e Sicilia, è l’intero stivale il primo teste di un vigoroso decurtamento delle presenze del ben 52,5%e degli arrivi del ben 51,1% rispetto al 2019. “L’anno peggiore dal 1994”, dichiara Raffaele Rio, Presidente di Demoskopika, in un suo intervento occorso nel Marzo del corrente anno. “Serve rilevare, regione per regione, la massa critica del danno per innestare liquidità al comparto, salvaguardare i livelli occupazionali oltre a pianificare una imponente campagna di promozione delle destinazioni turistiche”, fra le quali il Trentino-Alto Adige figura fra le mete turistiche più ambite in ambito nazionale e internazionale, in vetta al Regional Tourism Reputation Index di Demoskopika con ben 113.6 punti, seguito da Sicilia, con 110.9 punti e Toscana, con 109.2 punti. E la Campania? Solo al 14 posto con 98.0 punti sotto la Valle d’Aosta con 98.2 punti e sopra l’Abruzzo con 97.6 punti. Il motivo di tale posizionamento è perfettamente visibile nella predilezione di politiche tendenzialmente autotrofe da parte di una regione che ha preferito barricarsi nel proprio piccolo Lebensraum anziché divincolarsi dalla terrificante e annichilente morsa di un avversario lento alla resa e grande nella resistenza. Magari anche attuando manovre elusive che avrebbero potuto garantirgli un margine di risposta commisurato ed efficace, e che avrebbero alimentato le fucine economiche di parchi, riserve e comuni rimasti schiacciati dalle pesanti macerie di questa crisi senza precedenti. Sagre, eventi, manifestazioni a carattere sociale, turistico e culturale hanno trovato davanti a sé un muro insormontabile di specchi cosparsi di un sottile strato di sapone liquido e per quanto gli siano state lanciate persino delle corde annodate, nulla hanno potuto per inerpicarsi al di sopra di quel muro. E a pagarne le conseguenze sono le centinaia di deliziose realtà urbane e rurali che facevano di queste occasioni la propria occasione di riscatto e di rivalsa nei confronti di un mondo che, per un ammontare di circa 350 giorni all’anno, pare dimenticarsi della loro esistenza: Sicignano degli Alburni con la sua “Sagra della Castagna”, Trentinara con la sua “Festa del pane”, Serre con la sua “Festa dell’Olio”, Cicerale con la sua “Sagra del cece di Cicerale”, Controne con la sua “Festa del fagiolo di Controne”, Giungano con la sua “Festa del fico bianco cilentano” e la sua “Festa della pizza cilentana”, Dragonea di Vietri sul Mare con la “Festa del limone”, Prepezzano di Giffoni Sei Casali con la sua “Sagra della nocciola”, Montoro Inferiore con la sua “Sagra del fungo porcino” e molte, moltissime altre ancora attendono in silenzio il profilarsi di un orizzonte più limpido di quello che adesso si taglia, lontano, coperto di nubi e spezzato da lampi.