Tronti, finisce il pensiero della sinistra  - Le Cronache
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Tronti, finisce il pensiero della sinistra 

Tronti, finisce il pensiero della sinistra 

di Antonio Manzo
È il 22 luglio di due anni fa e il filosofo marxista Mario Tronti padre dell’operaismo italiano già parlamentare Pd è alla vigilia del suo compleanno. Domenica 7 agosto scorso Mario Tronti ha chiuso la sua esistenza a Ferentilllo, un paesino della provincia di Rieti. Aveva festeggiato 92 anni, ancora punto di riferimento della sinistra che cerca dopo aver assistito al crollo della stessa sinistra, come aveva ampiamente documentato. Mario Tronti, dove si trova adesso, gli chiesero alla vigilia dei novantanni? Rispose al cronista: “Sono in ritiro spirituale, nel monastero di Poppi, nel Casentino, retto dalle monache camaldolesi. Mercoledì compio 90 anni e questo passaggio bisogna farlo bene, sentirlo intimamente” – Scusi ma lei marxista e ideologo dell’operaismo è credente? “Né credente, né non credente. Nemmeno praticante. Ma da uomo di battaglia, di conflitto, ho bisogno ogni tanto di contemplazione. La mia massima: essere in pace con se stessi e in guerra col mondo”.
Al cronista che continuava a intervistarlo balza subito all’attenzione l’apparente contraddizione e nel dialogo irrompe con una domanda immediata e stringente. Non è una contraddizione per un comunista finire in un eremo?
“No, anche il comunismo è una fede che ha una matrice comune con il cristianesimo – rispose Mario Tronti – La dimensione del credere è indispensabile. E’ stato un errore tragico dei paesi socialisti reprimerla”.
Sarebbe potuto essere nei mesi prossimi ad Eboli il filosofo Mario Tronti se non fosse spirato giovedì scorso. Era stato invitato proprio nella città natale per ricordare Enrico Melchionda, prematuramente scomparso, suo giovane ricercatore agli inizi degli anni novanta al Centro Riforma dello Stato. Sarebbe stato ben contento della trasferta, ammaliato anche dalla prevista ospitalità a Paestum, città dei templi, dove avrebbe gradito la permanenza e invogliato dalla possibilità di passeggiare tranquillamente e ammirare lo storico e irripetibile panorama. Moltissimi in queste ore lo stanno ricordando con pagine e pagine di giornali ma noi preferiamo ricordarlo a Salerno nel novembre del 2014, quando partecipò ad un convegno sui pensieri forti e le politiche deboli, nella crisi del novecento e il messaggio quotidiano al mondo del Papa venuto da lontano. Il convegno fu organizzato dall’associazione intitolata alla memoria di Enrico Melchionda e da gruppi cattolici dell’area di Comunione e Liberazione “Cara Beltà” di Aniello Landi. L’importante dialogo su fede e politica ebbe come protagonisti Mario Tronti e Massimo Borghesi, anche lui filosofo e autore dei più recenti libri su Bergoglio, la vita e la teologia del papa venuto da lontano. Organizzatori del convegno furono, oltre Aniello Landi, l’indimenticabile Sabatino Mottola, scomparso per covid e in vita cervello politico “prestato” al Pci salernitano, Franco Siani e Pasquale Serra docente di filosofia all università di Salerno e allievo dello tesso Mario Tronti, autore di un interessante libro su “perché studiare il populismo argentino”. Proprio Mario Tronti, non credente ma molto vicino a comprendere il senso religioso del limite umano, fu uno dei firmatari del cosiddetto “Manifesto dei marxisti ratzingeriani”che tanto clamore aveva suscitato nel mondo politico e intellettuale, oltre che religioso, Mario Tronti, Giuseppe Vacca, presidente dell’istituto Gramsci e il filosofo già deputato pci Pietro Barcellona. Proprio quest’ultimo, filosofo di Catania compì il percorso di conversione dal marxismo al cristianesimo grazie a un sacerdote vicino a Cl come l’indimenticabile don Francesco Ventorino.
I pensatori postmarxisti vollero raccogliere l’appello contenuto nei vari messaggi di Benedetto XVI con un manifesto su “l’emergenza antropologica” e aveva anche bollato negativamente il senso vitali del secolo fondato sul relativismo culturale. Tra gli autori anche Paolo Sorbi, sociologo cattolico, Tronti era presidente del Centro per la riforma dello Stato e fu il massimo teorico italiano dell’operaismo (insieme a Renato Pancieri e Toni Negri), sempre mostrò uno spiccato interesse per la teologia politica di Carl Schmitt oltre che frequentatore del cenacolo intellettuale della rivista cattolica “Bailamme” . Apprezzava moltissimo don Giuseppe De Luca il sacerdote lucano ma vissuto a Roma che avviò la storiografia italianaa sulla pietà popolare oltre che civilmente attivo negli anni di Giovanni XXIII ( protagonista attivo del dialogo tra Pci e Chiesa oltre che segreto ambasciatore vaticano presso Kruscev. Per ricostruire i fondamenti della comunità umana, quindi, i quattro “marxisti ratzingeriani” indicarono l’interlocutore decisivo, con cui la sinistra si sarebbe dovuta confrontare, non in qualche teologo “borderline”, ma in Benedetto XVI, cioè nell’espressione più alta e autorevole della visione cattolica, in particolare su due temi fondamentali del suo magistero: il rifiuto del relativismo etico e il concetto di valori non negoziabili”. Di qui una nuova alleanza tra credenti e non credenti” che coltivava Mario Tronti nell’eremo camaldolese in compagnia anche di Pietro Ingrao.
Ma Mario Tronti fu anche protagonista di una lunga intervista con il filosofo salernitano Massimo Adinolfi sul “capitale senza capitali e gli operai senza capitale2”, Spiegò compiutamente la crisi soggettiva della sinistra. Piuttosto critico con il Pd: e le primarie non sono mica un partito? Più fai primarie e meno c’è partito. Fu una delle ultime premonizioni di Mario Tronti affidata al filosofo salernitano Massimo Adinolfi. Andrebbe integralmente ristampata quella densa intervista nei giorni cupi dell’afonia politica pd, almeno restano le idee di Tronti ultimo profeta del popolo perduto che ritrovi umanità ben oltre la sinistra. E Tronti volle concludere citando il Vangelo di Giovanni: “Questa parola è dura, Chi può ascoltarla?
“La lettura corrente secondo la quale questo sarebbe un pontificato ‘conservatore’ costituisce un completo travisamento del papa teologo. Centrale, in Joseph Ratzinger, è la necessità della dimensione pubblica dell’esperienza di fede. Anziché accontentarsi dei luoghi comuni, la culture della sinistra dovrebbero semmai sollevarsi a questo livello e accettare il confronto sul terreno dei ‘principi irrinunciabili’. Qualsiasi esperimento di trasformazione della realtà non può prescindere dall’elemento spirituale presente in ogni essere umano. C’è un legame strettissimo fra trascendenza e rivoluzione”.
Tronti ha detto queste parole in un’intervista del 31 ottobre al quotidiano della conferenza episcopale italiana “Avvenire”, che in queste settimane sta dedicando man mano una pagina a ciascuno degli autori del manifesto, messo a confronto con un intellettuale cattolico.
Ma va detto che i quattro hanno scelto “Avvenire” anche per rendere pubblico il loro manifesto, poco più di un anno fa, il 16 ottobre 2011.
Il manifesto – che quest’anno è stato ripubblicato in un libro con quattordici note di commento di altrettanti autori – ha la forma di una lettera aperta rivolta alla sinistra.
Si intitola: “Emergenza antropologica. Per una “culture falsamente libertarie, per le quali non esiste altro diritto che non sia il diritto dell’individuo”.
Per ricostruire i fondamenti della comunità umana, quindi, i quattro indicano l’interlocutore decisivo, con cui la sinistra dovrebbe confrontarsi, non in qualche teologo “borderline”, ma in Benedetto XVI, cioè nell’espressione più alta e autorevole della visione cattolica, in particolare su “due temi fondamentali del suo magistero: il rifiuto del relativismo etico e il concetto di valori non negoziabili”.