Fine perlage musicale per il Capodanno salernitano - Le Cronache
Extra Spettacolo e Cultura Musica

Fine perlage musicale per il Capodanno salernitano

Fine perlage musicale per il Capodanno salernitano

Saranno Concetta Pepere e Raffaele Abete i protagonisti del doppio concerto del primo dell’anno offerto dai Filarmonici del Teatro Verdi diretti da Andrea Albertin

Di Olga Chieffi

Dopo il matinée ravellese l’Orchestra Filarmonica Salernitana Giuseppe Verdi, si concederà al proprio pubblico, nel proprio teatro per il doppio appuntamento di prammatica, alle ore 18,30 e alle ore 21,30, che vede suonare i Filarmonici il primo dell’anno. L’orchestra avrà due voci ospiti, il soprano Concetta Pepere, che ben conosciamo anche in veste di violinista e il tenore Raffaele Abete, di scuola partenopea i quali saranno sostenuti dai filarmonici salernitani diretti da Andrea Albertin. Il programma dei due concerti verrà inaugurato dal canto degli Italiani, solenne e marziale quanto l’incipit del primo brano l’ouverture della Gazza ladra con il primo tema dell’Allegro con brio d’una simpatia capricciosa che fa pensare a un’improvvisa capriola, il secondo tema non meno nitido e sorridente ma è anche più marcato e continuo. A seguire la Danza dalle Soirées musicales, la celeberrima tarantella napoletana che invita solo a ballare, nella sua vanità risulta ancora più seducente , tutta impostata com’è sul brio infinito del ritmo. Il tenore Raffele Abete, il quale ha inteso dichiarare: “ll concerto di Capodanno rappresenta un importante appuntamento per il pubblico salernitano. Sono felice, da campano, di poter cantare nella mia regione e onorato, da professionista,  di esibirmi in un teatro che mette in scena spettacoli di alta qualità grazie alla sapiente guida del direttore artistico Daniel Oren e del segretario artistico M° Antonio Marzullo, che ringrazio per la fiducia”, esordirà sulle note della “Mattinata” di Ruggero Leoncavallo che il compositore affidava, all’epoca alle nuove “macchine parlanti”, come venivano ancora chiamati i giradischi, un’aurora che sembra far cadere ogni barriera, ogni blocco marmoreo, sotto cui non più aggobbire, che ascolteremo ben spiegata e impreziosita dall’ ottavino “candido” di Vincenzo Scannapieco. Quindi, “Il bacio”: valzer brillante che, di generazione, in generazione continua a farsi applaudire, senza che nessuno si chieda chi l’abbia composto. Sarà proprio la violinista è soprano Concetta Pepere ad eseguire la celebre pagina del violinista Luigi Arditi. «Il bacio», parte da lontano. Siamo nel 1859. Si parla di Vittorio Emanuele II e del suo «grido di dolore». Del mitico John Brown, impiccato a Charleston, del canale di Suez, dell’Aida di Verdi, di Darwin e della sua «Origine della specie per selezione naturale»… e di tante altre situazioni storiche, allorché all’hotel Queen di Manchester, Arditi si siede al pianoforte e lascia scorrere le dita sulla tastiera del pianoforte ascoltando la sua ispirazione. Presente in quel momento c’è la cantante che per prima interpreterà la romanza: Marietta Piccolomini, che restò così entusiasta della romanza che volle memorizzare parole e musica, eseguendola a Brighton dove suscitò clamorosi entusiasmi fra il pubblico. Anche Concetta ritorna con piacere nel suo teatro per una delle serate più attese e con il pubblico che vive un’emozione particolare e beneaugurale. Si passa alla Vienna degli Strauss con Frühlingsstimmen (Voci di Primavera), op. 410 di Johann Strauss, un idillio schizzato da una danza di forte spessore con il contrasto aereo di flauti, clarinetti e violini, prima di ascoltare la Polka Schnell  Unter Donner und Blitz (Sotto tuoni e fulmini), op. 324 il più rumoroso dei brani di Strauss: piatti e grancasse a volontà, fulmini e saette, per quanto nella notte del 31 si sarà potuto sparare a Salerno, ma in un’ atmosfera  assolutamente gioiosa. All’inizio un forte rullo di timpani si presenta ogni quattro misure, mentre ogni battito della melodia discendente della seconda metà è sottolineato dallo scontro dei piatti. Il tamburo risponde in sintonia con la melodia dei legni che dà inizio alla seconda, spostando l’accento sulla seconda nota della battuta, fino alla chiassosa coda conclusiva. Ancora una Polka veloce, stavolta del talentuoso Eduard Strauss Bahn frei! op. 45, per svegliare al nuovo tempo che da qualche ora è iniziato, prima di dar nuovamente spazio ai cantanti. Portrait di Giacomo Puccini, da parte del soprano con il valzer di Musetta da La Bohéme tutta spigoli e vivacità, elevare il suo sprezzante valzer sulla sua ammirata avvenenza e “O mio babbino caro” l’aria di Lauretta dal Gianni Schicchi. Ritorna Raffaele Abete con Granada di Agustin Lara scritta nel 1932 pagina di grande effetto e “numero” di tutti i più importanti tenori. Ancora uno stacco orchestrale con lo Johannes Brahms delle danze ungheresi. In un’epoca nella quale l’idea di musica nazionale si era da poco concretizzata, e in cui le indagini etnomusicologiche erano ancora in uno stato embrionale, Brahms scrisse “all’Ungherese” senza avere pretese filologiche o documentarie. La Danza Ungherese n.1, che ascolteremo per prima, si ispira, così, alla Isteni Czárdás o “Czárdás sacra” dell’ungherese Sárközy; lo stile è quello appassionato e trascinante delle melodie zigane, caratterizzato da una netta contrapposizione tra episodi ritmicamente impetuosi e malinconicamente lenti. Si passerà, quindi alla Danza ungherese n°5 in Sol minore di Johannes Brahms, una delle pagine più note del genio tedesco ispirato al brano Bartflai Emlék di Keler Bela. Le due particolarità più evidenti sono l’alternanza di due temi di carattere opposto, di cui il primo ripetuto alla fine (schema ABA), ed una struttura ritmica molto marcata, come solitamente accade per tutti i brani di origine popolare. La musica di Strauss, che riveste in modo aderente ogni verso del libretto, ogni situazione del dramma, sfavilla in superficie a ritrarre l’Austria felix, la Belle – epoque, ovvero l’immagine che la società vuole lasciare di sé, ma screzia di amaro e di nostalgico ogni azione, facendo riaffiorare dei personaggi il lato segreto, zittito, tradito. Proprio in questo connubio si attua la classicità dell’ouverture del Die Fledermaus, il quale diverte ancora perché resta attuale, entra nell’ascoltatore per scuotergli nel profondo le due metà che compongono l’uomo, ragione e sentimento, regole e trasgressioni, anche col suo celebre valzer Du und Du. Finale in Spagna con l’Intermedio della zarzuela “La Boda de Luis Alonso” di Gerònimo Gimenèz, che vedrà protagonista nella coinvolgente pagina, che schizza un quadretto pittoresco del mondo iberico, il percussionista alle castanuelas sulla danza dei violini. Certamente non mancherà il brindisi de’ La Traviata, col suo fine perlage nel salotto di Violetta Valery e non ci si potrà esimere dalla Radetzky March, scritta in onore del Feldmaresciallo Johann Wentzel conte di Radetzky di Radez, repressore implacabile dei moti rivoluzionari del ’48 e vincitore di Custoza, salutata dal tripudio sin dalla sua apparizione perfino delle folle italiane al passaggio della tournée di Johann II a pochi anni dalla terza guerra d’Indipendenza.