«Quei palazzi sono vincolati». Il Consiglio di Stato sostiene la tesi del Ministero e boccia il Comune di Salerno. Ribaltata anche la sentenza di primo grado con la quale erano stati annullati i vincoli archeologici imposti su due locali di proprietà del Comune di Salerno. In secondo grado, invece, è stato accolto l’appello del Mibact. Si tratta di due locali ubicati nel centro storico: l’uno in via Mercanti 59 e vicolo Grimoaldo 7, sui quali nel 2013 la direzione regionale dei beni culturali per la Campania aveva apposto il vincolo archeologico. In primo grado il Tar di Salerno aveva accolto le richieste del Comune sostenendo che «l’apposizione di tal vincolo è stata certo frutto d’una valutazione tecnicodiscrezionale, anche se impinge sulle facoltà dominicali del titolare del bene vincolato. Tuttavia, non v’è stata nella specie un’adeguata istruttoria, ché i pareri presupposti a tali decreti si son limitati ad affermare la mera collocazione degli edifici stessi all’interno della colonia marittima diSalernum ed a render nota la evoluzione delle loro vicende storiche, ma senza fornire pure una spiegazione sulla loro concreta rilevanza archeologica». In Consiglio di Stato, invece, i giudici amministrativi sostengono: «le relazioni scientifiche allegate ai decreti di vincolo descrivono certo anche il contesto storico-urbanistico delle aree in cui i tre immobili si situano. Ma tal descrizione non è fine a se stessa, ma evidenzia, quanto ai due locali di via Mercanti n. 59, come essi siano la risultante dell’inizio del processo di frazionamento, nel corso del sec. III d.C., delle grandi domus di età imperiale in piccole unità residenziali. Analogamente, per l’edificio sito al p.t. di via Grimoaldo n. 7, la relazione si sofferma sull’occupazione degli immobili del luogo, ad uso artigianale nell’alto Medioevo (sec. VIII), qual effetto, dapprima, di destrutturazione degli antichi edifici pubblici e con riuso, poi e nel medesimo periodo, a sepoltura, probabilmente nelle vicinanza di luoghi di culto o lungo la viabilità cittadina. Nell’un caso, come nell’altro, le relazioni partono dai rispettivi contesti storici citati per meglio definire l’uso nel tempo dei locali vincolati per usi fondamentali nei periodi della città antica ed altomedievale, onde esprimono non mere descrizioni, ma giudizi di valore ai fini storico-archeologici». Ed ancora, scrivono nella sentenza: «Né può esser condivisa l’affermazione del Comune secondo cui, per salvaguardare i suoi pur giusti interessi alla dismissione di detti beni, il Mibact avrebbe dovuto apporvi il vincolo di tipo storico -architettonico, sia perché si tratta d’una deduzione sul merito tecnico, sia perché nella specie i beni stessi son vincolati non per il loro pregio architettonico, bensì per il loro valore archeologico come descritto nelle rispettive relazioni».
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