Pubblico stregato dall’interpretazione di Giuseppe Gibboni, che è ritornato nel suo teatro Verdi, ospite della formazione musicale del corpo della Polizia diretta dal Maestro Maurizio Billi, che ha risposto col suo quartetto di clarinetti
Di Olga Chieffi
E’ stata una serata particolare, quella offerta dalla Banda musicale della Polizia e dal violinista Giuseppe Gibboni, che è tornato a Salerno, sul palcoscenico del massimo cittadino, che ha offerto il fatidico colpo d’occhio da sold out. “Esserci sempre” è il motto della Polizia e non si poteva non “esserci” ad un concerto particolare che ha salutato i virtuosismi e i funambolismi del nostro premio Paganini, in dialogo con la banda musicale, con i clarinetti che hanno da evocare gli archi. Tante le autorità militari e civili presenti in sala, a cominciare dal Questore Giancarlo Conticchio, che ha fatto gli onori di casa. Niente marcia d’ordinanza, “Giocondità” di Giulio Andrea Marchesini, quanto meno una marcia sinfonica, ma la Cuban Ouverture di George Gershwin, una pagina di grande e indicibile piacevolezza, ove però è mancato quella celebrazione del ritmo del corpo, quel raccogliere energia, per comunicarla, “dividerla” e restituirla collettiva attraverso la danza, quel senso interpretativo che non separa mai il divertimento e l’ “impegno”, caratteristica del modo latino cercato da Gershwin in partitura, ma non restituito al pubblico. Ribalta, quindi per i quattro Muskeeters della banda della Polizia, con al clarinetto piccolo il musicista di scuola salernitana Calogero Gambardella, il quale insieme ai colleghi di corpo ha interpretato il quartetto di Oscar Navarro dedicato agli eroi francesi. Pezzo altamente virtuosistico, ispirato dal celebre romanzo di Dumas, eseguito da tutti con grandi qualità tecniche e buona musicalità, in grado di gestire con naturalezza le dinamiche e i timbri, di un pezzo di non facile tessitura. Ospite d’onore il violinista Giuseppe Gibboni che ha interpretato uno Stradivari del 1734. Tre i brani la Méditation dalla Thais di Jules Massenet, il leitmotive, con cui John Williams pone in primo piano l’afflato lirico del film Schindler’ list, chiudendo il suo intervento col terzo movimento, Rondò “La Campanella” , Andantino dal Secondo Concerto in Si Minore op.7 di Niccolò Paganini. Giuseppe, con il suo suono che raggiunge quell’equilibrio sottilissimo tra la fluidità orizzontale delle pagine in cui sparisce il vecchio concetto del tempo metronomico, trasformandosi in catalizzatore di fenomeni grazie a quella densità timbrica di un suono iridescente e omogeneo, curato spasmodicamente nel dettaglio, nella nuance sottratto per sempre alle lusinghe di un mero edonismo musicale, ha stregato la platea del teatro Verdi. Un suono, il suo, al di là della tecnica, che speriamo abbia acceso una scintilla negli allievi, ovvero la volontà di andare oltre il suono, il ritmo, oltre se stessi, inseguendo quel profumo del rischio e dell’azzardo che rende memorabile un’esecuzione e la vita stessa. La banda ha risposto con la danza e il Waltz di Dmitrij Shostakovich, dalla Jazz Suite n.2, dando alle pagine un’interpretazione ideale, nel segno dell’equilibrio, nel rispetto delle più intime ragioni della scrittura e dello stile dell’autore, in cui si è compreso come il momento sintetico della performance sia stato preceduto e preparato da un meticoloso lavoro e su ogni aspetto, struttura, timbro, articolazione e su tutti piani delle dinamiche, necessario presupposto di un esito interpretativo speciale di trasparente profondità e pregnante nitore. Finale con la marcia trionfale dell’Aida di Giuseppe Verdi. Trombe egizie e ottoni in grande spolvero, per schizzare il soggetto o il colore coloniale di un’opera d’arte dei due ultimi secoli che non appartiene alla storia esterna, ma deve essere considerato interattivo rispetto ai valori estetici che non ne vengono necessariamente sminuiti, ma co-determinati. Applausi scroscianti e bis con quella squillante fanfara che ha introdotto la parte finale della Sinfonia del Guillame Tell di Gioachino Rossini, con l’attacco dell’irruento Allegro vivace, che ci ha travolto con il suo Galop irrefrenabile, impetuoso e liberatorio, prima degli scambi di crest e doni tra istituzioni e protagonisti del concerto.