di Olga Chieffi
“Un grande vino e una grande immagine – afferma Oliviero Toscani fotografo e produttore di vino – sono due risultati creativi, con un elemento in comune, fondamentale: la luce. Per la vigna la luce è il fattore determinante e anche per la fotografia. Senza luce non fai niente”. La grande fiera del vino “In vino civitas”, ospite della stazione marittima di Zara Hadid, ha inteso esporre dieci immagini dal tema “Paesaggi diVini”, firmate dai fotografi del CnA di Salerno, un binomio perfetto tra tradizione vitivinicola della nostra terra e sperimentazione che ha trovato la sua realizzazione nel segno dell’arte fotografica. Quando guardiamo una fotografia, oltre al gusto estetico che ci permette di dare dei “giudizi” personali, entrano in gioco altri fattori: le emozioni. Le immagini ci fanno riaffiorare ricordi, ci permettono di entrare in un particolare stato d’animo, lo stesso accade dinanzi ad un calice di vino, trasportandoci in un immaginario “oltre”. La mostra ha salutato nella giornata inaugurale la presenza il Presidente Nazionale dei fotografi di CNA, Antonio Barrella per la consegna di un riconoscimento speciale a Silvia Imparato, di Montevetrano, per la sua doppia vita di fotografa professionista e di produttrice di vino. Silvia Imparato, infatti, negli anni Ottanta incontra per lavoro un americano che le parla di vino, del rapporto tra la terra e l’uomo con un tale amore e una tale passione che la colpiscono nel profondo fino a stravolgerle la vita e riportarla a casa nella tenuta dei nonni dove è nato il prezioso Montevetrano. È un vino dall’innata eleganza e finezza, da interpretare come un’opera d’arte, racchiudente il segno di Silvia, iridescente, indelebile, energico, volto ad una infinita recherche, per migliorare sempre il suo prodotto. Dinanzi alle immagini, che meritavano un allestimento più curato e immersivo, il presidente Antonio Barrella ha commentato l’intensità delle immagini, le variazioni sul tema, che hanno rivelato le immagini di dieci fotografi del CnA salernitano, affermando che questa mostra è un punto di ri-partenza non solo quale evento, ma anche come contatto con le varie aziende presenti. L’invito del presidente è stato quello di alzare di molto l’asticella della qualità, della creatività, della scelta, poiché la fotografia è divenuto un linguaggio alla portata di tutti, e oggi ci si scontra a livello internazionale. La differenza, allora, tra il professionista e l’amatore, la deve fare il carico di conoscenza accumulata negli anni, anche nel costruire un set nell’immediato o nel collegare dei cavi elettrici, e la prontezza a metterle sul tavolo nell’istante dello scatto. Il presidente ha anche accennato all’oro conquistato nel contest mondiale dalla nazionale italiana di fotografi professionisti, quindi alla grande scuola italiana, e ad un calendario del CnA nazionale sul tema, appunto, ripartenze. Scorrendo le immagini ci siamo trovati innanzi dinanzi ai paesaggi puri di Marco Alfieri, con Picentia, Roberto Cascone, con Vineam, Francesco Iannotti con Zona templare, in cui l’umano ha da intuirsi, secondo l’assunto di mostrare solo quello che serve nella misura minore possibile, alla ricerca di una fotografia semplice, talmente semplice da poter essere appesa per lungo tempo senza infastidire. Il sorriso in vigna di Luigi De Lucia, rimanda ad una gita di fine Ottocento, mentre Paola Esposito ha pensato al rapporto tra il vino e l’opera, basta pensare al Don Giovanni, alla Traviata o al Falstaff, mentre il concetto antico fecondità-fertilità-vita-desiderio del luogo, che sia vigna o paesaggio è stato espresso in un ritratto chiaroscurale da Fernando Cerrone con Messis Ventus e Armando Cerzosimo in Tota Floreo, la cui idea rivela contenuti vitali che esprimono desideri e speranze, maturati nell’eterno spazio femminino, mediterraneo, che non perde mai l’intimo mistero. L’elezione del bianco e nero per Emanuele Anastasio con Bacco e Venere e Felice Sellitti con Bacco, tabacco e Venere, stesso tema, ma solo chi regalerà loro attenzione noterà le scelte del fotografo, immagini che raccontano ordine e quiete, ma sono i momenti fermati dall’obiettivo di una ricerca tutt’altro che statica di un equilibrio e di un concerto nel caos di emozioni e pensieri di chi scatta. Il finale lo riserviamo a Gerry Capaccio, il quale ha immortalato l’energia del fiordo di Furore ed il suo vino, in uno scatto su più piani, con specchio. Quello stesso specchio attraverso cui Dioniso guardò e vide il mondo, prendendo coscienza di sé, conoscendosi e facendosi conoscere. Non sono queste, immagini dei soggetti, ma sono ritratti del fotografo stesso che li ha realizzati, riassuntivi di un ordine costruito, a sottolineare che tema, soggetto e sfondo rappresentano una irripetibile, unica, partitura.rra di una magica sala.