Di Alessia Potecchi*
Al centro dell’agenda politica, oltre al caro bollette e ai provvedimenti per sbloccare i crediti, c’è la questione della transizione ecologica e delle relative ricadute occupazionali e organizzative nel settore dell’automotive. Ancora oggi, pur a fronte di una caduta della produzione nazionale di autoveicoli, il settore automotive ha, nel suo complesso, un peso molto importante nell’economia italiana.
L’industria dell’auto vale in Italia un fatturato di 93 miliardi di euro, pari al 5,6% del Pil e nel solo comparto della fabbricazione di autoveicoli, operano oltre 2mila imprese e 180mila lavoratori e si realizza il 7% delle esportazioni metalmeccaniche nazionali, per un valore di 31 miliardi di euro. In quest’ambito, dove gli effetti della crisi pandemica e delle misure di contenimento messe in atto hanno particolarmente pesato sulla domanda e sulla produzione di autoveicoli, si sommano anche i pesi dei ritardi negli approvvigionamenti di componentistica elettronica e la rivoluzione elettrica. L’Unione europea ha previsto entro il 2035 lo stop alla vendita di nuove auto che producono emissioni di carbonio, confermata anche dal governo italiano con la posizione del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica dello scorso dicembre. Questi cambiamenti devono essere accompagnati da provvedimenti concreti per evitare ricadute occupazionali pericolose, si stima, infatti, la perdita di 73.000 posti di lavoro e l’aggravarsi della crisi sociale. Occorrono degli interventi strutturali per rendere competitivo l’intero settore dell’auto e per incentivare l’acquisto dei veicoli elettrici. Certamente la transizione ecologica è un processo non più eludibile né rinviabile ma vanno messe in campo prospettive di lavoro ed iniziative politiche condivise per affrontare un momento storico nel quale le opportunità di sviluppo si affiancano a gravi rischi. Bisogna scongiurare il pericolo della deindustrializzazione di un settore chiave dell’economia italiana, puntando su interventi che regolino il settore automotive nell’ambito della transizione green, studiare gli impatti e le conseguenze specifiche sul nostro territorio, gestire tutte le crisi industriali già aperte, puntare ad investimenti per sostenere la domanda verso le tecnologie che sono compatibili con il Green Deal, promuovere investimenti a sostegno dell’occupazione e della ricerca per valorizzare le eccellenze e le competenze italiane, puntare ad ammortizzatori sociali per gestire la transizione e incrementare il programma di formazione e di accompagnamento in questa nuova fase. Per affrontare nel modo migliore questo complesso passaggio storico occorre sinergia, a questo proposito le organizzazioni sindacali metalmeccaniche insieme a Federmeccanica hanno presentato un documento unitario per sollecitare la politica a prendere provvedimenti strutturali e concreti per supportare efficacemente il settore dell’automotive in questa fase di cambiamento epocale. Il Governo si sta impegnando e attivando in questa direzione, è stato stanziato 1 mld all’anno per 8 anni per accompagnare nel processo di transizione un settore importante come quello dell’automotive, sia per la produzione diretta che per l’indotto quindi, non una misura una tantum ma un piano strutturato indirizzato agli incentivi ma anche all’aiuto alla riconversione della nostra catena produttiva, tenendo presente che si sta lavorando per trovare un’intesa sul limite di emissione dei modelli da incentivare. Oltre a questo, si prevede di intervenire per consolidare e rafforzare la produzione nazionale per rimanere competitivi sul mercato e finanziare una nuova fase di formazione a supporto del personale che deve affrontare un nuovo e diverso ciclo produttivo. E’ un lungo e complesso lavoro ma dobbiamo essere pronti e non arrivare impreparati, la transizione ecologica e digitale sarà una grande opportunità per il nostro paese per riportare al centro dell’agenda politica le politiche industriali e una sfida per l’Italia e per l’Europa per mettere in campo strumenti innovativi per gestire nel modo migliore la ricollocazione dei lavoratori e contenere le perdite occupazionali.
*Responsabile Dipartimento Banche, Fisco e Finanza
del Pd Metropolitano di Milano