Ventotene: mal gestito... L’Aringa della Meloni - Le Cronache Attualità
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Ventotene: mal gestito… L’Aringa della Meloni

Ventotene: mal gestito… L’Aringa della Meloni

Aldo Primicerio

Lo spunto dell’aringa ce l’ha dato una curiosa, divertente ma azzeccata riflessione del blogger Granato. La nostra presidente del Consiglio, impropriamente chiamata premier ormai da tutti, in un suo intervento alla Camera del 19 marzo scorso, ha estrapolato alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene, un documento che molti conoscono appena o per nulla. Fu scritto nel 1941 (84 anni fa!) da tre degli 800 antifascisti che la dittatura fascista di Mussolini aveva spedito al confino a Ventotene . Berlusconi la definì “villeggiatura”, alludendo al concetto di vacanza quando si parla di un’isola. Ma Silvio non deve esserci mai andato, perché Ventotene, pur con le sue mille risorse e bellezze, è un’isola abbandonata, sporca e senz’acqua, tant’è che ogni giorno l’acqua arriva da Napoli con una nave-cisterna. Perché l’”aringa”? Perché lei ha estrapolato chirurgicamente frasi come “…La rivoluzione europea dovrà essere socialista”; “…la proprietà privata dovrà essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso” “…attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo Stato”. E poi le ha lanciate all’opposizione che le aspettava per reagire.

 

Red herring, l’aringa affumicata lanciata alle opposizioni. Per distrarle. E per farsi insultare

La Giorgia avrebbe utilizzato una tecnica che in comunicazione politica prende il nome di “red herrings”, letteralmente “aringhe affumicate”. Una tecnica usata per distrarre i cani da caccia nel corso degli addestramenti, disseminando il percorso per l’appunto di aringhe affumicate. Insomma una aringa affumicata lanciata nell’area parlamentare per suscitare una reazione nelle opposizioni che vi si sarebbero lanciate sopra. Domanda: ma perché? Per distogliere l’attenzione dai temi scottanti di cui si stava discutendo alla Camera, e cioè il ReArm della von der Leyen e, forse soprattutto, la riunione del Consiglio d’Europa che poi si sarebbe tenuta il 20-21 marzo proprio sulla delicata questione del riarmo europeo e delle ingenti risorse da impiegarvi. Risultato finale? Che la acuta e intelligente opposizione progressista si sarebbe lanciata a capofitto sul Manifesto distrattivo, con le reazioni eclatanti, le inevitabili interruzioni dell’assise, gli strilli, gli immancabili insulti, ed i prevedibili commenti, alcuni prevedibilmente sciocchi ed inutili, dei media di destra (Giornale, Libero, Verità “La sinistra si è fatta troppi spinelli”,. Ma anche i blog di Mediaset, dove si afferma che che il “manifesto di Ventotene disegna un’Europa molto, molto simile all’Urss”. E poi Libero: ““Il Manifesto di Ventotene? Altro che modello: voleva in Europa il socialismo in stile sovietico”. Proprio in questo articolo si ritrovano tutte le citazioni che Meloni ha successivamente letto in Parlamento. Senza riflettere che di Ventotene bisogna rispettare lo spirito, quello di 84 anni fa, che la Meloni non ha saputo decontestualizzare. Ma per farlo occorre quella profondità di pensiero che solo chi ha studiato a lungo e duramente può consolidare nella sua coscienza. E, come per il coraggio di don Abbondio, la profondità se non ce l’hai non te la puoi dare.

 

Eppure, su Ventotene, qualche ragione ce l’ha anche lei

E sì. Perché Ventotene appartiene alla storia. Mentre – come scrive anche Enrico Grazzini – a Bruxelles e Strasburgo oggi c’è Maastricht, un trattato iperliberista basato sulla piena libertà dei mercati e della finanza. Il documento proclamava (talvolta in maniera contraddittoria) una rivoluzione socialista violenta, e persino la dittatura di un solo partito per instaurare una federazione democratica europea, e poi che il mito della federazione europea non era realizzabile. Infatti, anche oggi si discute su un dilemma: costruire gli Stati Uniti d’Europa, copiando il modello americano, o invece realizzare una Confederazione tra Stati sovrani e democratici, come voleva per esempio il presidente francese De Gaulle. L’Unione Europea nata a Maastricht costituisce tuttora un ibrido contraddittorio e fallimentare tra questi due sistemi molto differenti. Lo Stato federale è uno Stato sovrano, che ha un unico governo centrale, un unico esercito, delle sue autonome entrate fiscali, una moneta unica, una sola politica estera, una società civile organizzata, forte e omogenea, e una forte coesione sociale e culturale. Come in Usa o Canada. In una Confederazione invece gli Stati mantengono la loro sovranità e indipendenza, ma possono, volendo, mettere in comune la moneta, dei fondi fiscali, la difesa e la politica estera. Si vota all’unanimità, almeno sulle questioni strategiche, come su difesa, imposte e la politica estera. In tale modo ogni paese mantiene la sua sovranità. Le Confederazioni si costituiscono quanto gli Stati vogliono collaborare ma hanno anche interessi e sistemi differenti. Nella Unione Europea di oggi i due sistemi sono mischiati e confusi.

 

Lo ha detto anche Benigni nel suosublime monologo de Il Sogno. Di qui la sfiducia ed il populismo di bassa lega. E la speranza nei giovani

I sistemi federali democratici hanno in generale un Parlamento eletto dai cittadini degli Stati federati, un Senato che rappresenta i singoli Stati e un esecutivo nominato dalle due Camere, oppure, nel sistema presidenziale, eletto direttamente dal popolo. Alla base c’è un sistema rappresentativo. Nella Ue invece non c’è popolo e non c’è democrazia. Paradossalmente però la Ue non democratica detta leggi valide automaticamente per tutti i paesi membri e i 450 cittadini europei. E quindi ecco l’errore della sinistra italiana ed europea: aver confuso Ventotene con Maastricht. L’altro errore micidiale è di avere creduto che si possano realizzare gli Stati Uniti d’Europa come negli Usa. E’ impossibile. La situazione europea del XXI secolo è completamente diversa da quella dei coloni americani del 1700. 27 paesi europei con storie, lingue, economie, istituzioni politiche, interessi e strategie diverse non possono formare una federazione unitaria e democratica, come invece accadde negli Usa due secoli fa. Tutto questo nei cittadini italiani ha generato confusione ed una percezione di mancata rappresentatività e quindi sfiducia nelle istituzioni. Alle Camera non c’è più un confronto democratico, ma risse, bolge, insulti, diffamazioni reciproche. Una situazione preoccupante. Aggravata poi dall’invecchiamento della popolazione, dal lento ricambio generazionale e dai lenti cambiamenti politici. Per contrastare questo fenomeno involutivo dell’Italia occorrerebbero iniziative di sostegno alla famiglia per far nascere più figli, di conciliazione tra lavoro e vita familiare, di accesso a servizi di assistenza, di programmi di sostegno all’occupazione, all’istruzione, all’educazione civica, alla formazione ad una cultura politica, per una maggiore partecipazione ed interesse dei giovani verso le istituzioni e gli appuntamenti elettorali. Voi vedete tutto questo nell’attuale governo di centrodestra? Noi per niente. Ed invero neanche in molti governi precedenti. Occorre studiare un sistema che da noi garantisca una rappresentanza più equa e responsabile di tutte le voci presenti nella società. Da noi, e non solo da noi, tutto questo non c’è. Imperano malessere, reazionarismi, destrismi populistici e, quel che è peggio, forti rigurgiti bellici. A noi, che viviamo più di presente che di futuro, non resta che la speranza dei giovani e di una buona scuola che li faccia crescere con una buona testa.

 

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