di Oreste Mottola
Una comunità simil hamish vive nel Cilento più interno. Nessun fondamentalismo religioso, come i simili americani, ma la condivisione di un neoruralesimo a forte impronta pastorale che rifiuta il modernismo più esasperato. E’ancora oggi composta da una dozzina di nuclei familiari dediti, principalmente per l’autosussistenza, alla coltivazione della terra e alla pastorizia seminomade. Si trova nella valle, tra i comuni di Valle dell’Angelo e Rofrano. Recentemente vi è stato recuperato un antico seme di grano locale, la carusedda (carosella) di Pruno, ed è stato avviato un progetto partecipato per la valorizzazione del cereale e di tutta la cultura connessa alla sua coltivazione. E’ prevista l’installazione di un mulino a pietra di tipo tradizionale ma di fattura contemporanea, in modo da poter chiudere la filiera sul posto; sono in via di recupero altri cinque semi di antichi grani locali. Con materiali tradizionali del luogo (legno, pietra, balle di paglia, pavimentazione in cocciopesto) sarà costruito un ricovero per cinque asini da utilizzare per escursionismo someggiato, onoterapia e produzione di latte. Il progetto è quello della “ciucciopolitania” con itinerari che toccano le località più interne del Cilento.
Sono pastori e contadini, anziani, e sembano non soffrire l’isolamento vero e proprio. D’inverno la zona dove abitano è raggiungibile solo con l’elicottero. Eppure basterebbero sette chilometri di strada vera al posto dello sterrato che, e solo d’estate, è percorribile col mulo o con un robusto fuoristrada. In inverno, vivere a Pruno, è ancora un’avventura.
Nel piccolo villaggio c’è, anche per questo una civiltà rurale che altrove è sparita da almeno mezzo secolo. Sono dediti alla pastorizia, qualcuno è operaio forestale presso la comunità montana. Si sposano tra di loro, ma anche con allevatori delle vicine Laurino e Rofrano, sono donne dei tempi che furono, ed uomini duri ,disponibili ad una vita di fatiche e privazioni: condizione necessaria per continuare ad abitare nelle loro vecchie case di pietra. La vita economica della comunità è scandita dalle forme di un semplice solidarismo: tutti aiutano tutti nei vari lavori dei campi e dell’allevamento. E senza che si stia a calcolare l’apporto di uno o dell’altro. Quasi tutte le sere si riuniscono in una casa {d’inverno) o in un’ aia (d’estate), si suona l’organetto e si cantano le vecchie canzoni popolari cilentane. Si discute molto: i fatti dei paesi vicini, i danni dei cinghiali, l’avvistamento di qualche lupo, i lavori in montagna o di questo Parco Nazionale che ancora non s’è capito cosa sia e a chi serve. A Pruno c’è un Museo vivo della civiltà contadina. Chi li conosce bene li accosta agli amish americani o ad un kibbutz israeliano in salsa cilentana. Qui non c’è niente di artificiale di ricostruito o d’imposto dall’alto da qualche santone. “Parlu cu li ccrape, io allucco cu lo lupo, i’ saccio addò è ‘no sdirrupo … “, come i dicono i versi di Enzo D’Orsi, il poeta cilentano che più si è avvicinato, con il brano “Scarrafone”, all’ humus particolare di questo mondo così particolare. Si vive così in questa località di montagna al centro del Parco Nazionale del Cilento, da qualche anno dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. La maggior parte di Pruno, dipende dal comune di Valle dell’Angelo, 275 abitanti, uno dei più piccoli della Campania e racchiuso nell’enclave dell’ Alta Valle del Calore; la zona più emarginata del salernitano e confinante con il Cilento storico o antico ed il Vallo di Diano.
IL PANE DI ISABELLA. Non c’è niente di meglio del pane che esce dal forno a pietra di Isabella Donnantuoni che con suo marito Donato D’Andrea non vuole sapere di andare a vivere in paese. Più in là abitano Carmelo e Barbato D’ Andrea e le mogli Angelina e Graziella. Poco lontano c’è la casa di Carlo Antonio De Vita, il primo Prunese ad aver rotto una consuetudine di una volontaria emarginazione : oggi siede nel consiglio comunale. Vive con la moglie Antonietta ed il figlio Stefano. Angelo Coccaro, 85 anni, e sua moglie Peppina lottano contro i figli che li vorrebbero portare a Valle dell’Angelo. “A Pruno stiamo da una vita, e prima di noi ci sono stati i nostri padri. Al paese no, non ci stiamo bene. Là si perdono dietro le chiacchiere ed alle apparenze. Sono troppo civettuoli. Non sono come noi.” La verità è che se abitassero in paese senza far nulla si sentirebbero a breve pronti per il funerale.
(continua…)