di Alfonso Malangone*
In attesa di un futuro di certezze, nel Centro Storico è tornata la ‘finzione’. Grazie alle riprese di un film ambientato anche a Napoli e in Emilia Romagna, in questi giorni le scalinatelle si sono rianimate per raccontare la storia dei tanti bimbi che, dopo la seconda guerra mondiale, furono affidati a famiglie del Nord per strapparli alla fame e alla miseria. E’ uno dei tanti episodi di emigrazione, o di deportazione, che da sempre hanno segnato, e ancora segnano, il nostro territorio nel quale l’esodo ha rappresentato l’unica soluzione idonea a garantire vita, lavoro e dignità. Oggi, purtroppo, questo fenomeno ha raggiunto livelli elevatissimi, causando uno spopolamento irrisolvibile e inarrestabile.
In verità, negli anni ’70, e per oltre un decennio, anche la nostra Città divenne una ‘terra promessa’ attirando flussi migratori interni grazie ad una effervescente fase di sviluppo e di crescita. Nel 1981, Salerno raggiunse la punta massima di 157.385 abitanti, assicurando casa e lavoro a famiglie provenienti fin dalla Basilicata e dalla Calabria. Da diversi anni, le cose sono cambiate. In peggio. Perché adesso sono gli stessi cittadini ad ingrossare il gruppo di chi va alla ricerca di migliori condizioni di vita e, tra essi, sono soprattutto i giovani ad intraprendere la strada del dolore e della speranza. Così, la complessiva decrescita demografica è arrivata ad assegnare all’intera Provincia il terzo posto tra le ‘migliori’ prestazioni in ambito nazionale. Possiamo almeno vantarci di qualcosa, visto che per qualità della vita siamo al 97° (fonte: 24Ore). In sostanza, sembra ci siano validi motivi perché ognuno possa decidere di costruire altrove il proprio futuro.
Secondo la CGIA di Mestre, fonte accreditata e credibile, nella classe di età dai 15 ai 34 anni, la Provincia di Salerno ha perso nel periodo 2013-2023 ben 39.775 residenti, dopo Palermo, con -50.094, e Napoli, al primo posto, con -91.246. La fonte chiarisce che si tratta di un fenomeno difficilmente contrastabile, viste le prospettive poco favorevoli di queste aree in termini di recupero economico, di insediamenti produttivi, di assistenza, di servizi, di legalità. Se, poi, si restringono i dati alla nostra Città, si rileva che nello stesso decennio sono andati via 3.595 giovani tra i 15 e i 34 anni (fonte: Istat). Non solo. Nell’arco degli ultimi cinque anni, dal 2017 al 2022, i residenti si sono ridotti di 7.125 unità e, di essi, ben 6.491 sono nella classe dell’età ‘produttiva’ dai 15 ai 64 anni. Sono numeri che addolorano e deprimono pensando che nel 2005 si stimava un aumento della popolazione a ben 178.700 abitanti entro il 2009 (fonte: PUC). Rispetto a quell’obiettivo, ne mancano oggi circa 60.000. C’è di più. Solo nei primi sei mesi di quest’anno, i cittadini sono diminuiti di 1.569 unità, dai 128.136 di fine 2022 ai 126.567 del 30/06 ultimo (fonte: Istat). Parlare di uno sconquasso, è poco. E’ necessario riconoscere che abbiamo la responsabilità morale di non aver saputo assicurare le condizioni per la ‘restanza’ e di aver impoverito la Comunità sostenendo le spese per creare professionisti ed esperti che, poi, sono andati ad accrescere la ricchezza e le Entrate tributarie di altri territori. Peggio di così, difficilmente avremmo potuto fare. Basta consultare qualche pagina web, per capire le conseguenze di un disastro sociale.
Secondo i dati del MEF dell’anno 2021, ultimo disponibile, in Città sono state presentate le dichiarazioni fiscali da 84.679 residenti rispetto ai 129.206 presenti al 31/12/21 che, al netto dei 27.856 giovani dediti allo studio, fino a 25 anni, erano 101.350 ‘potenzialmente produttivi’ (fonte: Istat). Con questi numeri, mancherebbe il contributo di 16.671 cittadini (101.350-84.679), forse privi di reddito. E, questo, è già grave. Se, poi, si guardano le attività svolte, si legge che i pensionati erano 31.076, i dipendenti 42.492, gli autonomi 2.095, gli imprenditori in contabilità ordinaria 169 (!) e 1.691 in semplificata, i soci di partecipazione 2.384, i proprietari solo di immobili 4.772. Salvo ogni errore. In sostanza, ben 73.568 cittadini godevano di reddito fisso, da lavoro e pensione, il 72% degli attivi, contro i 6.339 titolari di reddito autonomo e di impresa, il 6%. Quanto al valore medio degli incassi, le cifre appaiono incredibilmente molto simili. Quello dei dipendenti è stato di € 22.242, dei pensionati di € 22.174, degli imprenditori di € 21.854. Solo gli autonomi hanno dichiarato cifre medie più alte: € 50.373. Ora, combinando i risultati, è possibile comprendere perché manchino crisi profonde, avendo poche imprese, e perché siano affollati pub e ristoranti o proliferino le Agenzie di viaggio. Ma, quei dati spiegano anche altro. La minima presenza di imprenditori, soprattutto del regime non agevolato, è la causa di una carente vivacità produttiva e mercantile, così come della bassa offerta di occupazioni professionali. In sostanza, la Comunità sopravvive con il ‘certo’, esprime attività artigianali ‘vecchie’ e non aiuta i tanti giovani a manifestare la propria voglia di fare, il talento, la fantasia, la creatività. Ad essi dovrebbe assicurare il vento per volare in alto, come gli aquiloni. Ad essi, invece, offre la strada dell’esodo. E, per qualcuno, avere un/a figlio/a a Milano, Siena o Torino è anche motivo di orgoglio, perché ‘lo ha sistemato’, senza pensare che, così, si distrugge il futuro di tutti. Eppure, non mancherebbero le condizioni per cambiare le cose puntando sull’identità e sulla vocazione di una Città mediterranea che dovrebbe esaltare le sue ricchezze, dal sole al mare, dal calore alle tradizioni, dal talento all’umanità della gente. All’opposto, l’ambiente è degradato a causa di improprie scelte logistiche e di veleni prodotti da una mobilità selvaggia, il mare ancora quest’estate ha fatto concorrenza alle fogne (fonti varie), i beni storici e culturali sono stati messi in vendita per tentare di recuperare risorse da destinare al riequilibrio finanziario (fonte: Comune), il Centro Storico ‘finge’ di rinascere grazie al set di un film.
Fino a quando la Città continuerà a vivere di racconti e narrazioni, nulla potrà cambiare. Neppure con le luci di Natale e con qualche cantante estivo. La ‘finzione’ cinematografica dell’esodo, o deportazione, dovrebbe attivare il ricordo e far aprire gli occhi. Magari, succederà pure, ma stando comodamente seduti a vedere il film da qualche parte.
*Ali per la Città
P.S.: i dati sono stati estratti da pagine web. Si fa salvo ogni errore.