Lo straordinario busto di Costanza Piccolomini Bonarelli, scolpito nel marmo da Gian Lorenzo Bernini per omaggiare l’amata, poi deturpata al volto in un accesso di gelosia; gli scatti contemporanei di Ilaria Sagaria dedicati alle donne sfigurate con l’acido, dal volto invisibile, bendato, protagoniste del ciclo “Il dolore non è un privilegio. L’arte antica si riflette nell’attualità” – ricordando quanto la violenza di genere sia un dramma senza tempo – in “Lo sfregio”, esposizione al secondo piano della Galleria Uffizi (negli spazi tra le sale di Leonardo e Michelangelo), aperta da oggi fino al 19 dicembre 2021. Organizzata simbolicamente nel mese in cui ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la mostra pone in dialogo le fotografie di Ilaria Sagaria con il capolavoro di Gian Lorenzo Bernini, in prestito dal Museo Nazionale del Bargello e restaurato da Maura Masini con un finanziamento delle Gallerie degli Uffizi. Nel busto in marmo (databile al 1637-1638) lo scultore ritrae la donna con naturalezza e intimità: la camicia aperta, la pettinatura mossa, lo scatto del collo, la bocca socchiusa quasi a suggerire un dialogo. Nella tarda estate del 1638 Bernini, scoperto il legame di Costanza con il fratello Luigi, pazzo di gelosia, fa sfregiare il volto della donna. Bernini fu graziato e proseguì la sua brillante carriera senza conseguenze, mentre Costanza venne reclusa in un monastero per quattro mesi. Fece poi ritorno dal marito, Matteo Bonarelli, con il quale dette vita a un fiorente commercio di sculture: in lei oggi è riconosciuto un emblema della capacità di riscatto che si ritrova oggi in tante vittime di violenza, alle quali le fotografie di Ilaria Sagaria, dedicate alle donne che hanno subito attacchi con acido, danno liricamente voce. Il ciclo di scatti Il dolore non è un privilegio ricorda infatti come il crimine subito da Costanza si riattualizzi oggi nei casi ancora più efferati degli attacchi con l’acido. Ad essere preso di mira, esattamente come allora, è il volto delle vittime, investito da sostanze corrosive che bruciano la pelle ed erodono ossa e cartilagini, condannando ad un calvario fisico e psicologico. Proprio per parlare di questo tema di stringente attualità, alla presentazione della mostra hanno portato la loro testimonianza Filomena Lamberti, vittima di violenza con l’acido e testimonial dell’associazione Spaziodonna di Salerno, Petra Filistrucchi, vicepresidente del centro antiviolenza Artemisia di Firenze, Jaf Shah, direttore esecutivo di Acid Survivors Trust International. All’iniziativa hanno preso parte anche la direttrice dei Musei del Bargello Paola d’Agostino, il consigliere d’amministrazione degli Uffizi Valdo Spini, la curatrice della mostra Chiara Toti e la stessa fotografa Ilaria Sagaria. L’artista Ilaria Sagaria spiega: “La violenza tramite acido è un fenomeno globale che non è legato all’etnia, alla religione e tantomeno alla posizione sociale e geografica Nonostante siano stati registrati casi di aggressione anche ai danni di uomini, rimane una forma di violenza con un impatto maggiore sulle donne. Oltre alla brutalità fisica causata da un gesto inumano, c’è il trauma psicologico da affrontare: la perdita dell’identità, la depressione e l’isolamento. Dopo la fase di ospedalizzazione, sono costrette a passare lunghi periodi chiuse dentro casa e, anche quando potrebbero uscire all’aperto, rifiutano di mostrarsi in pubblico e di affrontare lo sguardo degli altri. Mettono via gli specchi e le loro fotografie, eliminando qualsiasi cosa che possa mostrare quello che erano prima e quello che sono diventate in seguito, diventando così prigioniere di una casa privata di memoria e identità. Attraverso le loro testimonianze, ho ricostruito un racconto, una mise-en-scène fotografica che potesse restituire questi momenti senza spettacolarizzarne il dolore, concentrandomi sull’aspetto psicologico e sul concetto di identità”. Il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, commenta: “In occasione della mostra, il busto di Costanza Piccolomini Bonarelli è stato sottoposto a un restauro finanziato dalle Gallerie degli Uffizi: l’opera così si può di nuovo apprezzare appieno, grazie a questo simbolico atto di risarcimento, però contro i danni del tempo. In mostra la guardiamo non solo come un capolavoro di uno dei massimi scultori barocchi, ma siamo invitati a riflettere sull’efferata violenza dei forti contro i deboli. E a meditare sul dolore inenarrabile della sopravvivenza”.
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