Nell’ambito delle celebrazioni per la Giornata della Memoria, sabato scorso si è tenuto a Salerno, nell’ex chiesa di Santa Apollonia, un incontro organizzato dall’Associazione Studio Apollonia, in collaborazione con Aned IT, Associazione Daltrocanto, Bottega San Lazzaro, Museo dello Sbarco e Salerno Capitale, Fornace Falcone, Senza Periferie e Arcigay Salerno. La manifestazione era articolata in tre momenti: “Oltre il Silenzio”, un contenitore di riflessioni, intervallate con musica e canti della Compagnia Daltrocanto. Ha suscitato viva emozione l’intervento di Ernesto Scelza, il quale, accompagnato alla chitarra da Antonio Giordano della Compagnia Daltrocanto, ha letto una sua composizione intitolata “Il secolo guasto/Un canto sommesso”, scritta per l’occasione. La presentazione del volume di Grazia Di Veroli “La scala della Morte. Mario Limetani da Venezia a Roma, via Mauthausen” è stato l’evento centrale della serata; alcuni brani dell’opera sono stati letti da Pasquale De Cristofaro. Il programma si è concluso con un’azione performativa che ha coinvolto tutti i presenti, i quali sono stati invitati a abbattere, un mattone dopo l’altro, un simbolico “muro della vergogna”, al quale si contrapponeva un candido “muro d’amore”, sul quale una allieva della Scuola Elementare “Arbostella” ha scritto parole di speranza. Pubblicato dalla Marlin Editore in concomitanza col 70° anniversario della deportazione romana del 4 gennaio, il volume di Grazia Di Veroli narra la storia di Mario Limentani, nato nel 1923 a Venezia e trasferitosi con la famiglia a Roma, deportato a Mauthausen nel dicembre del 1943, in seguito a un rastrellamento, essendo stato riconosciuto come ebreo. Il protagonista di quest’opera si trova di colpo dalla parte delle vittime, prima perché colpito dalle leggi razziali e poi a causa della deportazione, fino aapprodare nella dimensione disumana e spersonalizzante del lager, che per moltissimi fu l’anticamera della morte. Secondo l’autrice, l’oltraggio delle tre teste di maiale, che ha colpito la comunità ebraica di Roma rende molto più pesante il clima di queste celebrazioni per la Giornata della memoria. Il libro su Mario Limentani si deve all’impegno del protagonista a trasmettere la propria esperienza alle nuove generazioni, proprio allo scopo di evitare certe pericolose ricadute. Nel suo racconto sono esposte le dolorose vicende che caratterizzarono circa un anno e mezzo di prigionia, senza tuttavia ricorrere mai a espressioni di rancore né indugiare in dettagli particolarmente crudi. Scorre così, mediato da un romanesco semplice e diretto, il racconto di fatti che, riconsiderati nella loro intera portata, rasentano l’indicibile: le percosse, l’espropriazione di tutti i beni, la moltitudine delle lingue parlate nel campo, la fame e, soprattutto, il ricordo indelebile del lavoro forzato nella cava, con la famigerata “scala della morte”: 186 gradini ripidi e scivolosi da salire e scendere continuamente per almeno dodici ore al giorno, con un masso di granito sulle spalle; una pena da poema dantesco, resa concreta dalla ferocia sadica delle SS. Molti internati perdevano la vita in quel luogo, per sfinimento o precipitando nel burrone sottostante. A tali orrori fa da contraltare l’invito alla speranza che traspare dall’epilogo di questa storia, col ritorno alla normalità e la formazione di una nuova famiglia. Secondo Alfonso Conte, la validità delle testimonianze di quegli avvenimenti è talmente incontrovertibile che, in realtà, non è necessario perdere tempo a contestare le tesi negazioniste, ormai palesemente infondate. Va piuttosto coltivata, attraverso la valorizzazione di questo patrimonio, l’attenzione per gli ultimi, la capacità di soffermarsi anche sugli aspetti più semplici della quotidianità. In poche parole, bisogna evitare che le necessità e le angosce ignorate, come è già successo, determinino nella società la predisposizione a cercare pericolose scappatoie nell’individuazione di capri espiatori e nell’instaurazione di regimi liberticidi.
Aristide Fiore