Le Epistulae morales ad Lucilium di Lucio Anneo Seneca, per divenire uomini saggi e padroni di se stessi per guardare con fiducia al futuro
Di Aniello Ragone
“Comportati così, Lucilio mio, rivendica il tuo diritto su te stesso e il tempo che fino ad oggi ti veniva portato via o carpito o andava perduto raccoglilo e fanne tesoro. Persuaditi che è così come ti scrivo: alcuni momenti ci vengono tolti, altri ci vengono sottratti, altri scivolano via. La più vergognosa tuttavia è la perdita che avviene per la trascuratezza”. Con queste parole inizia la prima lettera delle “Epistole morali a Lucilio” (Epistulae morales ad Lucilium) di Lucio Anneo Seneca. Un libro sicuramente unico, da salvare che rimane il capostipite di una sorta di nuovo genere filosofico. Una serie di missive in chiave confidenziale che il filosofo romano inviò al procurator Augusti della Sicilia al tempo di Nerone, ossia a Lucilio Iuniore. Un corpus letterario di ben 124 lettere, giunteci incomplete che si potrebbero vedere come 124 insegnamenti relativi: al tempo, all’ozio, alla politica, al giusto modo di vivere. Un percorso morale, una sorta di lezioni filosofiche a distanza che hanno come unico obiettivo il raggiungimento della sapientia ovvero la saggezza. Seneca si veste con i panni di un premuroso e affettuoso maestro; una sorta di guida. Una guida che possa portare, il suo compagno di penna, a diventare “padrone di se stesso”; a divenire un uomo saggio e coscienzioso ossia un uomo che non debba temere la morte. L’opera, più semplice nella prima parte e più complessa nella seconda, è un inestimabile zibaldone di ragionamenti, di massime estratte dai filosofi precedenti pro o contrari all’insegnamento dello stoicismo. Con la lettera si riesce meglio ad educare; la lettera, con questo forte approccio confidenziale, permette di esprimere problemi filosofici e a dispensare insegnamenti in una chiave semplice ma nello stesso tempo completa. Ed ecco che quel Lucilio si trasforma, si veste con nuove vesti anno per anno, secolo per secolo, millennio per millennio. Quel primordiale Lucilio diveniamo noi e quegli insegnamenti vincono i tempi e i costumi di generazioni diverse. Ci spingono ad essere più sapienti, più coscienti di noi stessi. Chissà, forse ci educano a poter scambiare la nostra conoscenza e ad aiutare gli altri, proprio come il grande Anneo dice: non dà gioia il possesso di nessun bene, se non puoi dividerlo con altri.