Il drummer casertano insieme a Pierpaolo Bisogno, Cristian Capasso e Lello Petrarca inaugurerà la XVII edizione dell’ Ispani Jazz Festival
Di OLGA CHIEFFI
L’astratto, l’assurdo positivo, il surreale, in una delle frasi preferite di Thelonious Monk: “Suona a modo tuo, e lascia che siano gli altri a capire quello che stai facendo” è il principio estetico del Domenico De Marco Quartet, che questa sera, alle ore 22, nella raccolta piazzetta di San Cristoforo, quasi un anfiteatro naturale a getto sul Golfo di Policastro, inaugurerà la XVII edizione dell’Ispani Jazz Festival, il cui cartellone è stato allestito, da Giovanni Rago. Un festival questo, sostenuto dalle diverse amministrazioni comunali, che va ad animare le tre frazioni del comune di Ispani: stasera prenderà il via l’evento, nella frazioncina montana, per poi passare domani nel capoluogo, con la performance dei finlandesi del Joonas Haavisto trio, con il leader al piano, Juuso Rinta al basso e Tuomas Timonen alla batteria, i quali presenteranno il disco Gradation, e chiudere nella contrada marina, Capitello, il 3 agosto con The Harrison Young Quartet, che schiererà Harrison Young al trombone e tastiere, Nicholas Indalencio alla chitarra, Boris Oud al basso e John Czolacz alla batteria. Stasera San Cristoforo diventerà il “centro della musica”, proponendo il quartetto del batterista Domenico De Marco, con Pierpaolo Bisogno, al vibrafono due giovani virtuosi maestri che ci introdurranno nel mondo degli strumenti a percussione quali vibrafono, congas, batteria e timbales, con Cristian Capasso al basso e Lello Petrarca al pianoforte, per un live set in cui procederanno creando un gioco di attese e agnizioni, di tensioni e distensioni, esaltante e modernissimo, in cui l’armonia assumerà spesso connotazioni coloristiche e raramente si presenterà in sequenze regolari, in una non-ciclicità formale che spingerà la creazione in avanti, in una spirale rischiosa ma affascinante, scevra da ogni routine, fresca ed attualissima. Il loro linguaggio rispecchia una frammentazione razionale che tiene sempre desta l’attenzione, che scarta e sorprende. Modernità e attaccamento alle tradizioni più radicate, riferendosi senza soluzione di continuità a momenti diversi della storia musicale, agganciando atteggiamenti ritmici aperti e liberi a un pianismo lirico e presente. La musica viene perciò interpretata con un atteggiamento che si affranca dai canoni usuali e libera le potenzialità musicali e melodiche della sezione ritmica. E anche se, in alcuni frangenti, si tornerà alla maniera più tipica del quartetto con pianoforte, con gli strumenti a seguire il proprio percorso tradizionale, sono molti i passaggi che gli strumentisti affronteranno in modo decisamente personale: correranno rischi, si muoveranno con libertà sulla scrittura originale. Il quartetto ci porterà sulle strade del più raffinato latin jazz, muovendosi liberamente sull’onda delle sonorità dell’America Latina, accompagnati dal turbinio delle bacchette di Domenico De Marco, che offriranno al solista di “giro”, una fonte di schegge, attraverso la creazione di figure ritmiche speziate di esotismo, su brani originali, quali One Breath, Playing on four quarters, o Blues Rahpsody, composti dallo stesso drummer, passando per Funkallero di Bill Evans, sino a Un Sogno d’estate e Jump sincopated di Lello Petrarca, Short Story di Kenny Dorham, Body and soul di Edward Heyman e Miami Blues di Pierpaolo Bisogno.