Trojan, intercettazioni porcheria. L’urgenza della riforma ostacolata - Le Cronache
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Trojan, intercettazioni porcheria. L’urgenza della riforma ostacolata

Trojan, intercettazioni porcheria. L’urgenza della riforma ostacolata

di Antonio Manzo

#Nordioresisti. Se vi fosse stata ancora qualche incertezza sulla popolarità che sta assumendo il Ministro di Giustizia Carlo Nordio sulla scena politica in ordine alla riforma della giustizia la smentita arriva da un banale hashtag che comincia a girare sul web. Più il ministro utilizza, come in recenti interviste (L’Aria Che Tira) parole semplici per contenuti complessi più l’indice di gradimento sale. Non che lui sia il primo ministro a proporre negli ultimi decenni una riforma della giustizia anzi diversi esecutivi sono crollati anche a causa di diverse visioni e soprattutto di mancate approvazioni in Parlamento di provvedimenti correlati alla giustizia. Se non per incursioni “extragiudiziarie” che coinvolsero il ministro Mastella e la moglie in un processo poi finito con assoluzioni.

L’ultima uscita del Ministro Nordio è stata fin troppo chiara: “il meccanismo della intercettazione attraverso lo strumento trojan è di una gravissima pericolosità tranne che- sottolinea Nordio- nei casi di mafia e terrorismo”.

Su queste parole e prese di posizione ministeriali c’è già chi all’interno della maggioranza di governo tira il freno e tenta di placare la spinta garantista così come c’è chi tenta addirittura di indebolirle facendo richiamo ad una presunta frenata sul versante della lotta alla corruzione e criminalità, facendo balenare l’idea che tutto il sistema giudiziario debba essere compresso in una mono-tematicità penalistica che tanti danni ha arrecato alla stessa lotta al malaffare ed alla corruzione.

Poi nella maggioranza di governo che c’è chi come Fratelli d’Italia tenta di ammorbidire i toni di Nordio sostenendo che “si tratta di proposte di legge” che andrà discussa successivamente con l’esecutivo e che dovrà essere supportata ed approvata del Parlamento.

C’è anche chi come Forza Italia, pur avendo rappresentato più volte dal 1994 la prima forza di maggioranza, e potendo quindi riformare la giustizia continua ad utilizzare toni di aggiustamenti invece che aderire convintamente allo sforzo di un ministro che ha spiegato, tra le altre cose, con parole chiare e nette l’utilizzo improprio del trojan: “è una porcheria”. Si può discutere quanto si vuole una riforma in Parlamento ma non si può prescindere da giudizi netti che dovrebbero preludere a scelte significative serie fondate e comprensibili.

Ci sono molte varianti di giudizio su temi fondamentali come quello della carcerazione preventiva, della obbligatorietà dell’azione penale, del super potere discrezionale dei magistrati inquirenti con utilizzo di fattispecie di reato non tipizzate nel dettaglio che lasciano ampia discrezionalità sull’accusa.

Vi sono anche sempre più ripetute proteste sui “processi mediatici” dove viene elaborato un nuovo genere letterario sulle intercettazioni telefoniche che spesso coinvolgono ingiustamente anche persone del tutto estranee alle indagini ma non per questo estrapolate dall’interesse investigativo.

Non si creda affatto che una riforma delle intercettazioni mini il principio costituzionale della libertà di stampa. Chi lo afferma non può che essere fuori strada in quanto incapace di informare con fonti proprie investigative (come giusto che sia) anziché comporre i versi di un giornalismo paragiudiziario che spesso trova le sue ragioni di esistere nell’indebita collaborazione tra magistrati inquirenti e carta stampata.

Non si tratta di una questione di bavaglio. Basta pensare a frasi celebri riportati dai quotidiani come le intercettazioni emerse nel famoso processo Vallettopoli o quello dei Furbetti del quartierino. Frasi che più che determinare indirizzi investigativi hanno consacrato un modo di comunicare e di leggere la realtà dell’illegale manco fosse materiale da sceneggiature di cinepanettoni: “Stamo a fa’ i froci cor culo degli altri”, “la patonza deve girare”, “Abbiamo una banca ,“Senti, ti volevo dire: domani mattina, in mattinata, che ne so, undici e mezzo, undici… – Sì, chi ci trombiamo?”.

Il tema della riforma giudiziaria non riguarda un ministro o il legislatore che pure deve decidere. Ci sono mondi collaterali ad eccezione della Camera Penale che raggruppa tutti i penalisti italiani totalmente in imbarazzante silenzio come il mondo dell’avvocatura spesso confinato in querelle o bagatelle che sminuiscono la funzione della toga da un punto di vista etico senza riconoscerne il valore.

È doveroso precisare che la riforma non dovrà limitarsi ad aspetti meramente tecnico-procedurali come la porcheria del trojan o il frequente asse pm/media sulle intercettazioni ma va ben aldilà e coinvolge valori costituzionali come certezza della pena, la garanzia di processi che si svolgano in tempi certi per il riconoscimento o meno della presunzione di innocenza così come è diventato centrale anche per una democrazia difficile come la nostra assicurare l’umanità delle carceri.

Su quest’ultimo punto, il riscontro della cronaca: sette minorenni evasi dal carcere minorile dal “Beccaria” di Milano fanno alzare i toni del discorso securitario inducendo l’opinione pubblica a rafforzare l’insano principio del “gettare le chiavi”. Toni forti vengono utilizzati l’evasione di sette minorenni mentre si resta in silenzio assordante per la lunga sequenza di suicidi in carcere che mette in gioco il rispetto della dignità umana.

Nei prossimi giorni non ci sarà da aspettare ancora dichiarazioni di intenti dell’attuale ministro di Giustizia. Basta acquistare l’ultimo libro edito da LiberiLibri: 70 pagine di una pubblicazione tutt’altro che enciclopedica ma solo un viaggio storicopolitico che parte dall’ìdea di giustizia per finire ai punti cardini di una impresa riformatrice difficile, non dilazionabile e coraggiosa che assicura Nordio “sicuramente incontrerà mille ostacoli ed opposizioni da parte dei pronipoti dell’Ancien Regime”. Una considerazione veritiera che sicuramente accende il dibattito su una riforma che dal 1994 si trascina nella crisi del paese e fa parte della mai compiuta transizione dalla cosiddetta Prima Repubblica ai tempi moderni.

Entrando nell’ultima settimana dell’anno non resta che augurarsi che l’esecutivo Meloni abbracci i ragionamenti di Nordio riscattando i silenzi ed omissioni del passato.