Legambiente, Greenpeace, WWF Italia chiedono il rispetto della Convenzione di Basilea e l’intervento urgente del governo italiano per il ritiro dei container in attesa dell’esito del procedimento giudiziario. Sul traffico dei rifiuti italiani, partiti da Polla e arrivati in Tunisia è arrivata la risposta della Commissione europea: è a conoscenza del caso e continuerà a seguirne gli sviluppi con le autorità italiane. Attendono ancora risposte, invece, le associazioni ambientaliste che da mesi chiedono al governo italiano di “intervenire urgentemente per riportare in Italia i rifiuti campani trasferiti in Tunisia, in attesa di rivalersi nei confronti dei responsabili del traffico all’esito del procedimento giudiziario”. Sono sempre nel porto di Sousse i 212 container carichi di rifiuti provenienti dalla Campania, sotto sequestro preventivo da più di dieci mesi (con un costo di 26 mila euro al giorno). Alla forte preoccupazione e alle richieste delle associazioni tunisine, si sono da tempo aggiunti gli appelli di Legambiente, Greenpeace e WWF Italia che tornano a chiedere con forza al governo italiano “il ritiro dei container dal porto tunisino senza ulteriori indugi, in attesa degli sviluppi del procedimento giudiziario. Le associazioni chiedono, inoltre, il rispetto della Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti oltre frontiera di rifiuti pericolosi e sulla loro eliminazione”. La vicenda è iniziata nell’autunno del 2019 con la firma di un contratto tra un’azienda con sede a Polla in provincia di Salerno e un’azienda tunisina per l’invio di 120mila tonnellate di rifiuti “non pericolosi” in Tunisia. Ma i container, ispezionati dalla Dogana di Sousse, non contengono rifiuti plastici, come denunciato, ma altri scarti di ogni tipo, che proverebbero, senza nessun trattamento preventivo, dalla raccolta differenziata domestica prodotta da sedici comuni del Cilento. Sono in corso indagini volte ad accertare eventuali responsabilità per il traffico di rifiuti dalla Campania verso la Tunisia; Legambiente Campania ha inviato istanza alle procure interessate per costituirsi parte civile ma è ancora in attesa di risposta. Nella sua richiesta ha evidenziato che, secondo le indagini in corso in Tunisia, i rifiuti in questione sarebbero destinati allo smaltimento in discarica o all’incenerimento, dunque, tipologia non idonea all’esportazione tra paesi UE ed extra UE, secondo la convenzione di Basilea e di Bamako, le cui norme dispongono che i movimenti transfrontalieri sono possibili solo ove il rifiuto sia effettivamente destinato al riciclo. Che a ricevere i rifiuti in Tunisia, inoltre, sarebbe stata un’azienda fantasma che, in ogni caso, non avrebbe potuto procedere al trattamento finalizzato al riciclaggio dei materiali.
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