di Jacopo Tafuri
L’Università degli Studi di Salerno e l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” consapevoli della necessità e dell’importanza di un approccio pluri ed interdisciplinare, nel decidere di ampliare l’offerta formativa hanno trasformato la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Univesità di Salerno nella Scuola Interateneo di Specializzazione in Beni Archeologici “tra Oriente ed Occidente”. Direttore dell’importante novità accademica è il Prof. Fausto Longo, salernitano, docente di Archeologia e Storia dell’Arte Greca e Romana al corso di laurea triennale in Scienze del Patrimonio Culturale, Archeologia Greca al corso di laurea Magistrale in Archeologia e Culture Antiche e Archeologia Greca al Corso di Specializzazione Interateneo in Beni Archeologici (Or.Sa), a cui chiediamo di illustrare, nel dettaglio, questo nuovo percorso di ampliamento dell’offerta formativa universitaria post lauream: Prof. Longo come è nata l’idea di Or.Sa., la Scuola Interateneo di Specializzazione in Beni Archeologici “Tra Oriente e Occidente”? “Il progetto Or.Sa parte da molto lontano, da più 25 anni quando fu istituita la Scuola di Specializzazione in Archeologia (così si chiamava all’epoca) dell’Università degli Studi di Salerno. Il nome corretto era Scuola di Specializzazione di Archeologia Classica, Medievale e Orientale perché in quel progetto era prevista già una collaborazione tra le università di Salerno e Napoli L’Orientale che non solo condividevano molti progetti ma anche una stessa idea di ricerca e di formazione. Il progetto non andò in porto per una serie di ragioni politiche ma i tempi sono cambiati e così ho rilanciato la vecchia idea che si è concretizzata solo per la grande disponibilità dei docenti di Archeologia dei due atenei e anche delle relative governance”. Quando e perché, all’Università di Salerno, è maturata la decisione di affiancare la bioarcheologia alle classiche materie del corso di studi di archeologia? “C’è da chiedersi quali sono le materie classiche del corso di studio in archeologia. La disciplina, nel corso degli anni, è molto cambiata e la bioarcheologia non è una recente acquisizione anche se non se ne sente parlare molto. Lo studio dei materiali organici vegetali e animali ha lo stesso valore dello studio della ceramica o di altri manufatti; tutto concorre a costruire le società antiche, il paesaggio, i riti, i costumi, insomma a ricostruire la storia, non quella dei grandi eventi ma quella che scorre in ogni luogo e in ogni momento anche senza documenti scritti”. Perché come partner proprio l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”? “Perché la collaborazione tra le due università ha una storia molto lunga e felice, fatta di rapporti di amicizia e di condivisione della ricerca. Non sempre questa collaborazione è andata bene, ma il confronto corretto, anche se a volte aspro e apparentemente divisivo, è sempre salutare per il progresso della ricerca”. La bioarcheologia si distingue in due branche: zooarcheologia e paleobotanica; può illustrarci i campi di studio di queste due materie al fine di permettere, a chi legge, di capire meglio di cosa trattano? “Vedo che lei è rimasto particolarmente colpito dall’introduzione di questa disciplina tra quelle che insegniamo alla Scuola. Io mi sono diplomato nel 1995 presso la Scuola di Specializzazione di Archeologia di Lecce e lì questa disciplina era già insegnata da un bravissimo docente che ora insegna in Inghilterra, il prof. Umberto Albarella. Ora è una sua allieva, Veronica Aniceti, che tiene il corso di zooarcheologia a Or.Sa. Lei insegna ai nostri allievi le modalità di recupero e conservazione del materiale osteologico animale, le tracce di scarnificazione, macellazione e di post deposizione nonché tutti quei dati utili che servono per ricostruire una parte delle società antiche attraverso gli animali che venivano cacciati, allevati o quegli animali che erano sacrificati in riti specifici. Lo stesso ragionamento vale per i reperti vegetali e quindi per la paleobotanica che è insegnata a Or.Sa da un’altra giovane docente, la dottoressa Chiara Comegna”. Mi sembra che anche gli scavi paleontologici ricadano sotto la responsabilità di un archeologo, anche se affiancato da un paleontologo volontario; affinchè un futuro professionista possa seguire con contezza anche tale tipologia di scavi, è possibile ipotizzare un percorso che preveda l’introduzione della paleontologia tra le materie di studio? “La paleontologia è la scienza che studia gli organismi fossili al fine di ricostruire i processi evolutivi, quindi parliamo di epoche anteriori alla comparsa dell’uomo sulla Terra, tutti abbiamo in mente i dinosauri ma quelli non sono oggetto di studio degli archeologi. L’archeologia studia le società più recenti dove è presente l’uomo. Si tratta di qualcosa di diverso che non riguarda le scuole di specializzazione in archeologia”. Come gli approfondimenti di bioarcheologia influenzano gli studi di uno scavo archeologico? “La bioarcheologia offre un contributo alla conoscenza delle società antiche come altre discipline si occupano di tutti gli altri manufatti. Senza dubbio la bioarcheologia offre nuovi dati, un tempo ignorati, per la ricostruzione delle società antiche anche se non sempre è possibile su un scavo raccogliere e poi studiare i reperti palinologici e zooarcheolici. Ma importanti sono anche tante altre discipline come l’archeometria per fare un esempio differente. Ed ancora non dimentichiamo le nuove tecnologie di rilievo o di restauro e conservazione; anche queste sono fondamentali per un archeologo, devono essere parte del bagaglio di conoscenza di un archeologo all’inizio di questo terzo millennio. Or.Sa in fondo è nata per questo, per formare nuove generazioni di archeologi e per dare loro tutti gli strumenti necessari per la loro professione, per poter al meglio curare il Patrimonio Culturale del nostro Paese, e non solo.