The L(o)ast jew: la danza riflette sul Male - Le Cronache
Spettacolo e Cultura Danza

The L(o)ast jew: la danza riflette sul Male

The L(o)ast jew: la danza riflette sul Male

Questa sera, alle ore 21, la XXVI edizione dei Concerti d’estate di Villa Guariglia ospita la grande danza. L’arte a servizio della memoria per le nuove generazioni con uno spettacolo ispirato al volume di Chil Rajchman

Di Olga Chieffi

Chil Rajchman è uno dei pochi ebrei usciti vivi da Treblinka. Il suo inferno è durato un anno intero. Poi la clamorosa fuga: Rajchman è riuscito a scappare dal campo di sterminio. Nel 1945, prima che la Guerra avesse fine, ha scritto un libro che è stato pubblicato solo nel 2009, quattro anni dopo la morte del suo autore. “Treblinka 1942-1943. Io sono l’ultimo ebreo” è un libro di una portata storica e testimoniale eccezionale perché, talmente prossimo alle vicende che l’autore ha vissuto da riuscire a trasmetterne tutta l’immediatezza, la ferocia e la brutale limpidezza. I ricordi di Chil Rajchman sono dettagliati e precisi. La sua è una testimonianza accurata, scritta con una purezza che lascia senza parole. Non c’è alcuna grazia in questo libro perché non è possibile rintracciare nulla di edificante in un’esperienza come quella di Rajchman. Nell’aberrazione che ha vissuto non c’è spazio per il lirismo né per la delicatezza, è la pura descrizione del Male. Alle ore 21, l’Associazione Campania Danza presenta The L(o)ast jew, uno spettacolo di teatrodanza, firmato da Eirene Campagna per la drammaturgia, Simone Liguori per la coreografia e Antonella Iannone, per la direzione artistica, ispirato al libro di Chil Rajchman e nato da un lavoro di ricerca tradotto in una modalità diversa e inedita per riflettere sulla storia dei Sonderkommando, le squadra speciale di detenuti, per lo più ebrei, destinati a compiere il loro lavoro nei crematori e nelle camere a gas nei campi di sterminio nazisti. Si tratta di un racconto corporeo immateriale, in cui la parola “io” scompare nell’incessante flusso di movimenti, è un resoconto di testimonianze difficili, in cui l’acume e la crudezza delle parole scritte da alcuni membri dei Sonderkommando prendono le sembianze delle descrizioni fornite dagli ebrei scomparsi, annientati, annullati, tanto da considerarsi ultimi, persi, dimenticati. Chil Rajchman viene deportato a Treblinka nel 1942. Viaggia nei vagoni piombati che tutti conosciamo nelle condizioni disumane che tutti conosciamo. E’ assieme a sua sorella minore che saluta e perde appena sceso dal convoglio. “Uomini a destra, donne a sinistra“. Come tutti non sa cosa lo aspetta. Come tutti viene colpito dalle frustate degli ucraini che controllano il lager assieme alle SS. Per lui sono solo “assassini” Viene immediatamente messo al lavoro. Dovrà ispezionare i vestiti degli ebrei gasati e uccisi e trovare soldi o altri beni nascosti tra le pieghe o negli orli. Tutto deve essere imparato all’istante, tutto deve svolgersi senza errori e in fretta, il più in fretta possibile. Molti degli ebrei arrivati insieme a Chil sono già morti. “Noi invece siamo vivi, e pur vedendo questa terribile sciagura siamo così pietrificati che riusciamo ancora a mangiare e a sopportare l’immenso dolore. Come si può essere così duri, come è possibile possedere una forza così innaturale da tollerarlo?“. Una domanda che tanti si rivolgono e per la quale non esiste risposta. Treblinka è una macchina perfetta, appositamente creata per lo sterminio sistematico. “Ci hanno privato della ragione, non siamo che strumenti nelle mani di quei criminali”.Ma l’orrore non ha limiti. Rajchman viene trasferito dal campo n. 1 al campo n. 2, quello di cui nessuno doveva sapere nulla, quello da cui nessuno era mai tornato indietro. Il suo nuovo compito è peggiore del precedente: deve trasportare i cadaveri degli ebrei gasati fin nelle fosse comuni. Un lavoro macabro e durissimo. La violenza degli assassini continua a non avere tregua mentre ogni mattina, nella baracca, ci sono dei suicidi, uomini che decidono di impiccarsi per non dover più sopportare l’abominio di Treblinka. I compagni li tirano giù e li portano fuori, nel piazzale, per rispettare i tempi dell’appello e far pareggiare i conti senza incorrere in punizioni. Dopo qualche tempo Chil Rajchman viene assegnato al commando dei dentisti. Questo vuol dire che deve frugare nella bocca dei morti appena tirati fuori dalle camere a gas alla ricerca di denti d’oro da strappare e consegnare ai tedeschi. “Guai al dentista che avesse dimenticato un dente d’oro nella bocca di un cadavere“. I ricordi di Chil Rajchman sono taglienti ed angoscianti. Racconta tanti piccoli, inquietanti episodi che danno l’esatta misura di quanto fosse meticolosa e raccapricciante la macchina mortale messa a punto dai nazisti. Un meccanismo esatto ed impeccabile. Eppure, nonostante tutto, qualcosa sfugge al controllo dei tedeschi. I prigionieri riescono ad organizzare una rivolta. Ed effettivamente, il 2 agosto 1943, a Treblinka c’è una fuga di massa. Tra questi c’è Chil Rajchman. Come dire il Male alle generazioni future? Noi crediamo attraverso la danza e tutte le arti. Adorno ha scritto che non si sarebbe potuto più fare arte dopo lo sterminio, che nessuna poesia sarebbe stata possibile dopo la barbarie. Eppure, l’arte è una forza che continua a dare vigore e che incita a combattere contro l’apatia, contro la cancellazione di ogni memoria, sublimandone il ricordo e invitando, a “pathire” a vivere l’emozione, l’istante che brucia, poiché la chiave per comprendere le ragioni del male è l’indifferenza: quando si crede che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c’è limite all’orrore: la memoria rende liberi.