di Michelangelo Russo
La Casa d’Aste Pandolfini di Firenze è una delle più antiche e prestigiose d’Italia. Nell’asta del 9 novembre dedicata al design moderno c’era, in fondo alla lista, al numero 308, una scultura alta 33 cm, e larga 26, rappresentante una dolcissima Madonna che con il suo manto avvolgeva un gruppo di bambini. La Casa d’Aste non aveva compreso appieno il valore dell’oggetto, tanto da presentarlo all’ultimo posto con una stima dai 400 ai 600 euro. Senza neppure una descrizione documentata dell’oggetto, qualificato genericamente come una scultura degli anni ’40 del secolo scorso con la generica indicazione del marchio di fabbrica, una certa I.C.S di ignota origine. Chi scrive ebbe un sobbalzo quando, curiosando tra le aste sul sito della Pandolfini, vide la scultura. Per gli appassionati di arte salernitana, dimenticata dalle istituzioni, l’oggetto era immediatamente riconoscibile. Quella era una Madonna di Elsie Schwarz, moglie di Richard Dolker, genio della ceramica di Vietri sul Mare tra la fine degli anni ’20 e i primi anni ’30 del secolo scorso. Spieghiamo subito ai salernitani che ignorano (e non per loro colpa) il grandioso passato artistico delle nostre terre. E soprattutto spieghiamo agli amministratori locali, che ignorano non solo questo passato, ma parecchie altre cose.
Tra gli anni ’20 e gli anni ’40 Vietri sul Mare diede vita alla più bella ceramica del mondo. Se ne accorse il mondo, ma non ugualmente noi che l’avevamo in casa. Tanto che quell’arte declinò negli anni del dopoguerra, fino ad esprimere solo una frazione delle sue potenzialità. La lungimiranza di pochi intellettuali consentì il recupero di una storia meravigliosa di artisti profughi ed erranti che trovarono rifugio tra le due guerre nella tolleranza delle genti di queste terre. Nacque il Museo di Villa Guariglia che raccolse parte delle opere sopravvissute di quegli artisti. Oggi appare appannato, e non vitalizzato, dalla povertà di mezzi e di iniziative della Provincia. Ma ciò che l’Ente Pubblico abbandona viene adocchiato dall’intelligenza dei collezionisti. Che sono i Monaci degli anni 2000; come i Monaci veri e propri dell’anno Mille, che salvarono la letteratura e la scienza dell’umanità antica copiando tutti i papiri e le pergamene prima che andassero distrutti dal tempo. collezionisti iniziarono già nei primi anni ottanta a ricercare tra i rigattieri quelle ceramiche di Vietri che splendevano di una luce opalescente particolare, fornita dagli smalti piombici, in disuso, e dalla cottura dei forni a legna, scomparsi nel dopoguerra. L’iniziale pattuglia di cercatori si estese ben presto ben oltre i confini di Salerno, dove già da tempo critici e storici dell’arte andavano riscoprendo il tesoro dimenticato dell’arte salernitana. La determinazione dell’allora direttrice dei Musei Provinciali, Matilde Romito, portò alla ribalta del mondo scientifico nazionale le opere vietresi. Storici salernitani come Massimo Bignardi, Vito Pinto, Claudio Caserta, e napoletani come Pino Viscusi, Giorgio Napolitano ed Eduardo Alamaro, ricostruirono la trama delle vicende umane e artistiche di quei protagonisti degli anni d’oro della ceramica vietrese. Negli anni Novanta, nel pieno dell’autentica caccia al tesoro che in tanti, me compreso, facevano nei mercati delle pulci di mezza Europa, i pezzi vietresi dell’epoca erano diventati come moneta corrente. Negli acquisti degli antiquari o negli scambi tra appassionati, spesso si pagava con una somma in denaro, e un tanto con lo scambio di pezzi di Vietri. Che erano graditi perché subito rivendibili. Al Mercante in Fiera di Parma, oltre mille antiquari ad ogni edizione, gli oggetti pregiati di Vietri divennero sempre più rari e costosi. Un piccolo vasetto firmato da Irene Kowaliska già anni fa costava oltre 5.000 euro. Poi, negli ultimi anni, entrarono in gioco le grandi case d’asta internazionali. La Piasa di Parigi fece balzare, qualche anno fa, i pezzi di Guido Gambon a decine di migliaia di euro. E adesso la Pandolfini di Firenze ha battuto la Madonna con bambini, di cui abbiamo parlato all’inizio, a ben 10.000 euro. Sono tanti per un’opera senz’altro bella, ma non firmata dall’autrice. Eppure riconoscibile da quel popolo sempre più folto attratto dalla magica luce degli oggetti creati dagli artisti stranieri, a Vietri, negli anni ’20 e ’30 del Novecento.Tutta questa meraviglia nata a Salerno è diventata famosa nelle case fastose o negli scaffali di semplici collezionisti, meno dotati di fondi per gli acquisti ma pazienti nell’attesa di un colpo fortunato. Quella che manca, dove è nata tutta questa arte, è una casa degna che, a Salerno, la accolga. Facendone una cassa di risonanza per tutti quegli altri tesori d’arte, in primis la pittura, che attendono di essere rivalorizzati. Il Ministro della Cultura ha già fatto sapere che acquisterà un antico palazzo a San Casciano dei Bagni per ospitare le 24 statue romane trovate di recente. Saranno l’attrattiva futura della zona. Quando vuole, il Ministro della Cultura fa quello che dovrebbero fare le Amministrazioni locali. Abbiamo capito!!! Per un museo a Salerno nel vecchio Tribunale abbandonato (che è già dello Stato, e quindi anche del Ministero della Cultura) dobbiamo rivolgerci alla Meloni. L’ennesima occasione sprecata dalla Sinistra per essere vicina al sentire comune della gente. E alla necessità di valorizzare la storia e i tesori d’arte che stanno ancora nelle case dei salernitani, ma che fuggono verso le case d’asta internazionali.