Mentre diversi teatri proporranno in streaming il loro cartellone, come il Teatro San Carlo, si cerca il modo di mantenere il contatto tra musicisti e pubblico, nei luoghi sacri, con un repertorio tutto da scoprire
Di Olga Chieffi
Teatri chiusi, ma le fondazioni storiche come quelle del massimo partenopeo, non abbandoneranno i propri spettatori. La Fondazione Teatro di San Carlo, riprende dunque, in questo periodo di pausa delle performance dal vivo, la programmazione in streaming, nel mese di novembre, sulla web tv del Teatro. “Dobbiamo restare uniti davanti a questo momento – ha dichiarato il Sovrintendente Stéphane Lissner – e abbiamo il dovere di tutelare i più deboli e di rivolgere la nostra attenzione non solo ai grandi artisti, ma a tutti i lavoratori dello spettacolo, perché sono tante e diverse le professionalità di cui si parla troppo poco: tutte le figure tecniche e amministrative. Soprattutto dobbiamo tener fede al nostro ruolo di Teatro pubblico, elemento fondante della società. Proprio per questo molto presto ripartiremo con una programmazione in streaming pensata ad hoc. Nessuno sarà lasciato senza musica, né artisti né spettatori». Nel corso del mese di novembre infatti saranno eseguite riprese video di balletti e concerti realizzati a porte chiuse ma con gli artisti in presenza, che saranno trasmessi sulla web tv del Teatro e sulle Piattaforme condivise con gli altri Teatri e Fondazioni Lirico Sinfoniche. Il direttore musicale Juraj Valčuha dirigerà l’Orchestra del Teatro di San Carlo in due programmi: la Sinfonia n.1 in Do maggiore op.21 di Ludwig van Beethoven e la Sinfonia n.4 in Mi minore op.98 di Johannes Brahms; e il secondo appuntamento prevede il Notturno per orchestra op.70 di Giuseppe Martucci e la Sinfonia n-6 in Si minore op.74 ” Patetica” di Pëtr Il’ič Čajkovskij; il Coro, guidato da Gea Garatti Ansini eseguirà la Petite messe solennelle di Gioachino Rossini e il Balletto sarà impegnato nella coreografia di Giuseppe Picone Le Quattro Stagioni su musiche di Antonio Vivaldi. “Hanno richiuso i teatri – afferma il violinista Sergio Martinoli – che in realtà non avevano mai riaperto: spesso lavoro come primo dei secondi violini ospite al Carlo Felice di Genova, un teatro da duemila posti dove, secondo il decreto ne dovevano entrare duecento. E, come se non bastasse, la sovrintendenza ha assunto tecnici per fare una certificazione per cui, pagando fior di quattrini, il teatro è diventato il primo al mondo ad essere certificato “Covid free”. Sono stati mesi strani: suonare con la sala mezza vuota è come partecipare alla messa (quello si può) senza prendere la comunione. Ora questa nuova serrata che getta ombre sul futuro di quello che è il prodotto italiano più venduto nel mondo, l’Opera. Non vedo una logica: la seconda ondata era prevista da mesi e ancora una volta non sono andati ad intervenire sui settori dove c’è una forte diffusione del contagio quali i trasporti pubblici. Amarezza, resta solo quella per una categoria indegnamente rappresentata, nei confronti delle istituzioni, per ora sono dovuto tornare a casa. Le chiese sono rimaste l’unico luogo dove poter ancora cercare il contatto con il pubblico, ma non in uno spettacolo, bensì in una celebrazione liturgica particolare, che permetterebbe di far riscoprire un repertorio semisconosciuto e sconfinato, ma ci vogliono garanzie, da parte di tutti, per intraprendere questa nuova avventura”.