Di Olga Chieffi
E’ tornata ad esibirsi sul palcoscenico del Teatro Verdi di Salerno la Banda Nazionale dei Carabinieri, diretta dal Colonnello Massimo Martinelli, ospite dei Club salernitani del Rotary, nell’annuale concerto di solidarietà. Sono noti i versi dedicati alla benemerita “l’Arma della fedeltà immobile e dell’abnegazione silenziosa … “così come la definì D’Annunzio, tra cui “…Schiavi sol del dover, usi obbedir tacendo/E tacendo morir, terror de’ rei,” che hanno incrociato perfettamente i motti del Rotary “Servire al di sopra di ogni interesse personale” e “Chi serve gli altri ottiene i migliori profitti”, nell’ormai abituale concerto il cui ricavato ricavato sarà destinato alla realizzazione di quattro progetti di solidarietà: “Polio Plus” per la sconfitta della Polio nel mondo annunciato da Giancarlo Calise, il “Kandìa, del Rotaract per la realizzazione di un impianto fotovoltaico in un villaggio del Burkina Faso,“Cuori Ribelli”, dell’Associazione Nazionale “Una voce per Padre Pio” per bambini africani con cardiopatie congenite e “Lotta alla povertà” per aiutare la Mensa dei Poveri. Tutti i presidenti organizzatori in palcoscenico, coordinati da Antonino Sessa, del “Rotary Club Salerno Nord dei Due Principati”, il quale ha ricevuto la Paul Harris, il più ambito riconoscimento del Rotary dal Governatore Ugo Oliviero, Umberto Maria Cioffi Camillo De Felice, Vincenzo Capuano, Sabatino Cuozzo Ugo Sorrentino e Maria Luisa De Leo. Alla ribalta anche il Governatore Incoming Antonio Brando, annunciando il motto del prossimo anno sociale del Rotary International, “La Magia del Rotary”, usando una splendida immagine: “La musica, con solo sette note, è capace di essere uno strumento di gioia, di benessere e di grande amicizia: il Rotary attraverso le sette aree d’intervento è capace di suonare un’armonia di pace e di collaborazione e cooperazione con tutto il mondo”. Diversi gli interventi delle istituzioni, a cominciare da Paky Memoli nel ruolo di vicesindaco, Francesco Morra per la Provincia, Andrea Prete per la Camera di Commercio, il direttore della Banca Monte Pruno, Michele Albanese e, ancora, l’Arcidiocesi di Salerno, con il nuovo Vescovo Ausiliare don Alfonso Raimo, il Prefetto di Salerno Francesco Esposito. Ma al di là dei saluti, degli scambi di doni tra numerosissime gaffes, anche reiterate, in una serata presentata dalla statuaria Vira Carbone, la formazione, l’unica che schiera tutti gli strumenti richiesti in partitura, anche se poco usati nelle nuove trascrizioni, è salita in palcoscenico marciando, ovvero nella sua più popolare e vera funzione, sulle note, della Marcia n. 1 in fa maggiore WoO 18, nota come Yorckscher Marsch, composta da Ludwig van Beethoven nel 1809 für die böhmische Landwehr, la milizia boema, i Prussiani, prima di inaugurare un programma, che ha salutato sul podio, come di prammatica, il vicemaestro Massimiliano Ciafrei, per dirigere l’antica “Marcia d’Ordinanza dei Carabinieri Reali” di Luigi Cajoli. Passaggio di bacchetta con Massimo Martinelli per l’esecuzione dell’ Ouverture Coriolano, in Do minore op. 62, composta da Ludwig Van Beethoven, una pagina con cui la banda ha stregato il pubblico in sala. Il maestro, dopo il fortissimo d’apertura, è riuscito ad “ascoltare” i silenzi, utilizzati in chiave espressiva, cesellando ogni nota, in particolare del secondo tema, e “cavando” frasi in pianissimo, in cui i fiati si sono trasformati in archi. Ancora una marcia, Fame and Glory op.21 composta dall’ inglese Albert Edward Matt, nel 1924, dedicata ai caduti della Prima Guerra Mondiale. Ed ecco l’Intermezzo della Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, che fu maestro proprio Luigi Cirenei, autore della splendida marcia d’ordinanza con il suo coinvolgente trio “La Fedelissima”. Un intermezzo un po’ troppo “ragionato”, quello fuoriuscito dalla bacchetta del maestro, siamo qui “oreniani”, che avrebbe dovuto e potuto maggiormente tenere alta la tensione, per poi abbandonarsi a quell’oasi di lirismo, che ha da essere mai compiaciuto, ma ben sottolineato, poiché la banda può certamente permetterselo. Ha giocato in casa Ilaria Sicignano, gemma del magistero salernitano di canto, che torna da solista, con l’aria di Lauretta del Gianni Schicchi, “O mio babbino caro”, non certo adatta ad una voce verdiana, potente e dai riflessi ambrati, come la sua, che si pone sulle tracce del colore di Anna Pirozzi, della quale le auguriamo di diventarne erede. Massimo Martinelli, ha poi eseguito una sua composizione,“Una sera di settembre”, dedicata al Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e ispirato dal libro della figlia Rita “Il mio valzer con papà”. Una pagina, in cui s’intuiscono echi rotiani, l’elemento siciliano simboleggiato dagli strumenti popolari, il marranzano, il friscaletto e i tamburelli con Flavio di Giacomo e Ferdinando Vitelli, il valzerino, lucido, provocatorio e affettuoso, la spaccatura di certi passaggi con le circostanze della vicenda, gli echi della marcia reale dell’arma, la fuga e gli scoppi tra percussioni e ottoni, sino al silenzio finale. Ritorna Ilaria Sicignano sul palco per il solo di “C’era una volta il West”, il tema di Bill, momento centrale del “Moment for Ennio Morricone”, ricercatezze preziose e, naturalmente, con il godimento puro di ascoltare temi che conosciamo benissimo come “Il buono il brutto e il cattivo”, che si rivela come un duello con quel breve spunto di note che all’origine fu ispirato dal verso del coyote, il “triello”, “Giù la testa”, con Ennio che ben interpretato dalla formazione, ritrova il suo particolare “esprit de vie” afflato di un artista, di un poeta che ha trovato un metalinguaggio che travalica ogni confine e limite sentimentale, linguistico, culturale riuscendo ad aprire a tutti squarci di cielo. Ancora musica applicata con Nicola Piovani con il medley de’ “La vita è (sempre!) bella”, che ha salutato sul palco il dialogo tra la fisarmonica di Enzo Santelli e l’oboe di Francesco Loppi, due strumenti paradossalmente ad ancia, libera la prima e doppia il secondo, ai quali è assegnato il suono del ricordo e della nostalgia. Finale pirotecnico con l’Aaron Copland di “Fanfare for the Common Man”, ma eseguita nella rivisitazione rock sulle tracce di Keith Emerson, Greg Lake e Carl Palmer, con gli scatenati soli di Paolo Lucini al digital Wind Synthesizer, del I flauto Marco Loppi e del I clarinetto, Gennaro Amato. Applausi scroscianti e il bis con Matteo Coltellacci, che ha trasformato il suo flicorno tenore nel principe Calaf, per continuare a guardare le stelle senza mai abbassare gli occhi. Abbraccio caloroso del pubblico, teatro illuminato, feluca e pennacchio in testa per la marcia d’ordinanza e il Canto degli italiani con una Ilaria Sicignano, finalmente apprezzata nella sua avvolgente tessitura vocale, con la banda che ha rappresentato la vera anima popolare del Risorgimento, sostenuta con passione dal nostro popolo, che si è ritrovato unito, al di là di ogni regionalismo, di ogni schieramento, proprio in musica composta da grandissimi: la musica aveva finalmente svegliato il popolo!