di Peppe Rinaldi
Esistono due questioni aperte su due tavoli che riguardano due città importanti della provincia di Salerno e che incrociano due procure della repubblica, quella di Nocera Inferiore e quella di Salerno. Una specie di regola del “2”. Vediamo: c’è la faccenda del Cfi (Consorzio farmaceutico intercomunale) che tocca ambedue le città, non escludendo che qualche altro consorziato venga risucchiato dal mulinello del cambiamento in corso; e c’è quella della lottizzazione abusiva, presunta, commessa in località Prato di Eboli (articolo in basso) a valle di piccoli ma significativi incastri politico-burocratico-finanziari creatisi nel tempo, sebbene con effetti e responsabilità attuali. In entrambi i casi c’è il lavoro della magistratura a latere.
S’è appreso, da qualche settimana, che dalle casse del Comune di Cava qualcuno (qualcuno!) avrebbe fatto sparire circa due milioni di euro, non proprio bruscolini. In favore – pare – del Cfi, salvo scoprire in corso d’opera che c’è anche qualcos’altro. O qualcun altro. I fatti sono noti, gli stessi che hanno fatto saltare la postazione del celeberrimo Francesco Sorrentino, dirigente comunale specializzato in tributi finanze e concorsi nonché apprezzato uomo-macchina dei Servalli e degli Alfieri fino a quando il destino (il destino!) ha cambiato direzione al proprio vento. Il nostro ha dominato il Cfi per anni, insieme al diletto Nesi, su specifico mandato politico dell’armata di centrosinistra che quasi da sempre comanda sul territorio. Inciso: se fosse stata di centrodestra sarebbe forse cambiato poco, come altre vicende gravi almeno quanto quella del Cfi hanno dimostrato nel corso degli anni passati (vedasi, su tutte, lo scandalo della cooperativa Ises di Eboli e dei tentativi di Fdi di insinuarsi all’epoca prima del tracollo). Fine dell’inciso.
Gatte da pelare tra Cava e la Romania
Ora Sorrentino ha gatte da pelare a volontà. Infatti s’è beccato prima una sospensione da dirigente comunale della durata di 30 giorni, a Cava e a Capaccio, dove, come sappiamo, pure guidava il delicato settore finanziario per conto di Alfieri, fino al trauma di ottobre scorso; e poi una denuncia alla magistratura, da parte dello stesso sindaco Servalli una volta emerso il pesante ammanco di cassa. Se sia stato Sorrentino il responsabile, questo, naturalmente, lo si vedrà col tempo, allo stato nessuno può dirlo, in ogni caso si tratta di un guaio serio, due milioni, o anche uno e mezzo e pure uno soltanto, sono soldi importanti per un centro pur grande come Cava. Per ora Sorrentino non è formalmente indagato, almeno per questo fatto specifico, in quanto la burocrazia giudiziaria, in concorso con struffoli e capitoni natalizi, è di lenta digestione e tiene ancora il tutto «a modello 44» (il fascicolo è il n. 8990/2024), cioè la magistratura sta indagando «contro ignoti». Non dovrebbe tardare la metamorfosi del fascicolo per trasformarsi in «modello 21», in pratica con soggetti indagati identificati.
Ma non è questa la novità clamorosa, come si dice. Lo è invece il fatto che sono state trovate, tra le carte «sospette» del Comune di Cava (il Cfi non c’entra) partite di giro «interno su estero» (nessuno rida), in pratica movimenti di soldi verso la Romania. La Romania? Sembrerebbe proprio di sì, chi ha visto le carte ancora stenta a crederci. Cronache non è riuscito, almeno non ancora, a verificare di che importo si tratti, si sa soltanto di una somma di danaro pubblico che, senza apparente giustificazione, qualcuno ha spedito nella lontana patria dei vampiri. Ovvio che solo gli inquirenti potranno far luce. Vedremo.
Nuova corsa nuovo giro
L’altra novità relativa al Cfi è che anche al braccio destro – o sinistro o entrambi gli arti – di Sorrentino, il direttore generale nonché dirigente comunale cavese, il dottor Romeo Nesi, è stato dato il benservito. Dall’1 gennaio scorso non è più lui a capo del consorzio, probabilmente perché anche nel suo caso le carte hanno parlato con la lingua di Babele: i nostri temerari cinque lettori ricorderanno, infatti, la vicenda, qui pubblicata, che riguardava l’attribuzione da parte del cda di Cfi di spettanze economiche arretrate pari a 7 (sette) annualità pregresse “in virtù dei risultati aziendali conseguiti e degli obiettivi raggiunti”. Una roba che detta così lascia di stucco se si considera che le casse piangono per circa 20 milioni di euro, milione più milione meno. Un’emorragia di danaro che, incredibilmente, nessuno nel corso degli anni ha mai ritenuto di frenare, anzi, più debiti significava più clienti, più voti, più magheggi con i fornitori, più accordi sbilenchi con banche e società di factoring, più «medicine» per tutti insomma, in un’orgia collettiva di danaro pubblico degna di un banchetto di Trimalcione. Solo che tutti i bei sogni si infrangono sugli scogli della realtà prima o poi, si tratta di capire ora come andrà a finire quest’ultimo spezzone onirico, contrassegnato da diversi zeri sul conto corrente, per un sodalizio braccato dalla magistratura da Nord e da Sud, che, nel volgere di un tempo verosimilmente non molto lungo, potrebbe dichiarare chiusa un’epoca. Una tragicomica epoca, nella quale è andato a infilarsi anche il Comune di Eboli, che pochi giorni fa ha visto scricchiolare la maggioranza per le bizze di uno dei tanti gruppi oligocellulari che la sorreggono, guidato da un consigliere comunale, lo scoppiettante Adolfo Lavorgna, che ha posto come pregiudiziale per il «voto di fiducia» in aula la “questione preoccupante del Cfi”. Lo ha dichiarato pubblicamente, forse immemore del fatto che è egli stesso emanazione e propaggine di quel sistema che ha caratterizzato la vita del Cfi. Non v’è chi non ricordi, infatti, il percorso amministrativo che ha interessato il recalcitrante consigliere, assunto – diciamo – dal Cfi per magia politica come quasi tutti quelli che vi lavorano, per poi passare prima al Comune di Cava e poi a quello di Battipaglia attraverso l’armonioso gioco da tavolo delle mobilità e dei concorsi «made in Cfi», autentico brand del territorio in favore del quale c’è già chi pensa di chiedere la Doc.
Il nuovo presidente, l’ebolitano Fausto Vecchio, estraneo alla gestione passata, appare fiducioso in una ripresa dell’azienda e sembra stia spingendo per una sorta di procedura tecnico-legale assistita per la gestione del gigantesco debito e la fuoriuscita dallo stesso.