Di LUISA LANGELLA
La domanda è: “gli Italiani credono ancora negli ideali repubblicani, si sentono parte di una Repubblica?” “Ricordare quel 2 Giugno ha ancora un senso?”. E ancora: “gli Italiani hanno capito cosa si festeggia il 2 Giugno?” La migliore delle ipotesi che mi sento di avanzare è che la scuola educhi i ragazzi al ricordo del 2 Giugno 1946, come a un momento in cui un popolo, al di là dell’ideologia partitica, si sia unito per il bene comune. Non si tratta della difesa di un particolarismo, ma della difesa dell’identità di un popolo, calpestato a lungo, nella sua storia, nei suoi diritti fondamentali. Il più delle volte, però, è vissuto come l’inizio ufficiale delle vacanze estive. E non mi va neanche di criticare i ragazzi per questo. Fino a qualche anno fa anch’io ero minorenne e, per quanto ugualmente sbagliato e ingiustificabile, anch’io m’interessavo poco di politica. Parlo dei ragazzi che appartengono a quella fascia di età che “non crede più negli ideali, ha perso quei i valori di un tempo” e per questo è molto criticata dagli adulti. Ma cosa fanno gli adulti per educarli a essere cittadini? Paradossalmente buona parte di essi è latitante. Spesso la scuola è sola a educarli e lo fa come può. Piero Calamandrei nel Salone degli Affreschi della Società Umanitaria di Milano il 26 Gennaio 1955 commenta la Costituzione Italiana simbolo della Repubblica. “ La costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: la lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno metterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza politica, l’indifferentismo politico”. Così Calamandrei si rivolgeva allora agli adulti di oggi, a coloro che credono di avere ideali e valori più forti e forse anche più giusti di noi giovincelli. Ma siamo certi che abbiano recepito il messaggio? “L’affluenza degli elettori al voto di domenica 4 Marzo 2018 per rinnovare il Parlamento è stata del 72,9% per la Camera e del 72,99% per il Senato. È stata l’affluenza più bassa per le elezioni politiche nella storia repubblicana del nostro Paese” “ Nel 1948 si superava il 92% “ (La Stampa). Con dati alla mano e dalla parte di chi, ugualmente sbagliando, probabilmente per una questione di età, si interessa poco alla politica, avanzo un’idea. Forse non si può giudicare prima di essere un esempio valido. E sì, “la politica non è una cosa piacevole. Il mondo è così bello e ci sono tante cose belle da vedere e da godere ma la libertà è come l’aria, ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”. Mi capita spesso di sentire ” non cambierà mai niente” “ non vado a votare tanto non serve a niente” e ogni volta immagino un Milite ignoto rivoltarsi nella tomba. Se anche solo un partigiano avesse ragionato così, adesso non avremmo neanche l’opportunità di scegliere di non votare. Non è stato così. Ci hanno creduto, hanno lottato insieme e al di là del particolarismo. Ma non basta, ugualmente. Festeggiare la nascita della Repubblica ma non viverla con l’impegno e la volontà di mantenerne vivo il senso, ha poco valore. D’altronde la storia insegna che anche quella sotto il dominio di Mussolini, almeno in teoria era una Repubblica. Formalmente si definisce Repubblica anche quella popolare ( o Stato socialista), mossa dal marxismo-leninismo e in generale socialismo. Il socialismo nasce come movimento favorevole all’autodeterminazione dei popoli contro il nazionalismo occidentale, ma ben presto abbandona il pacifismo e l’internazionalismo. Un esempio è il nazionalismo dell’Unione Sovietica che scaturì dalla politica di Stalin. Mai esempio più eloquente quello proposto da Orwell: gli animali si ribellano al padrone, mettono su una società in cui tutti sono uguali e nessuno prevale sull’altro. I leader della rivoluzione, i maiali, guidati da Napoleone, alla fine, prendono il controllo in maniera dispotica. “Dall’esterno le creature volgevano lo sguardo dal maiale all’uomo e dall’uomo al maiale e ancora dal maiale all’uomo; ma era già impossibile distinguere l’uno dall’altro” (George Orwell- Animal Farm. A fairy story). Gli animali non si accorsero nel cambiamento. Non si accorsero di quanto si stessero irrimediabilmente avvicinando a tutto quello che avevano sempre criticato e proprio a quello a cui si erano ribellati. Si arriva al controllo dispotico da parte dei maiali passando per l’indifferentismo politico progressivo degli animali secondari. Io non lo so se l’Italia adesso possa essere definita una Repubblica. Formalmente “la legge è uguale per tutti” (benché i giudici le diano le spalle sedendosi in tribunale). Formalmente l’articolo 3 della Costituzione Italiana mira all’eguaglianza sostanziale e gli interventi della Repubblica hanno proprio il compito di rimuovere le disparità esistenti, affinché tutti i cittadini siano posti nelle condizioni di realizzare pienamente loro stessi e le proprie aspirazioni. Formalmente l’Italia è una Repubblica, ma mi spaventano gli Italiani e la passività con cui potrebbero essere capaci di lasciar cadere un foglio di carta a terra e non raccoglierlo.