di Andrea Pellegrino
Conto alla rovescia per l’udienza fissata per il 20 ottobre alla Corte Costituzionale sulla Legge Severino. De Magistris e De Luca attendono la pronuncia. Entrambi, compagni di “condanna in primo grado per abuso d’ufficio” ed aggrappati ai loro rispettivi incarichi per effetto di una sospensiva dapprima pronunciata dal tribunale amministrativo e poi dal giudice civile in attesa della decisione della Consulta. In pratica si dovrà definire la costituzionalità o meno dell’articolo che stabilisce la sospensione per gli eletti condannati in primo grado. Il Governo, quindi il premier Renzi, sarà schierato, anche in questo caso, dalla parte della legge Severino. L’Avvocatura dello Stato, infatti, attraverso un proprio parere ha espresso le proprie ragioni rispetto alla necessità di sospendere amministratori pubblici condannati. Nello specifico nell’atto del 29 settembre, gli avvocati dello Stato Gabriella Palmieri e Agnese Soldani, chiedono che la questione di legittimità costituzionale sia rigettata perché «inammissibile» o, in subordine, «perché infondata». «Renzi e Governo contro sindaco e governatore su Legge Severino. Per Napoli e la Campania grave danno di immagine su legalità», dice Stefano Caldoro in merito alle memorie difensive presentate alla Consulta dall’Avvocatura dello Stato. Ma ecco i possibili scenari. I giudici potrebbero uscire dall’impasse – e non è detto che non lo facciano – con una pronuncia di inammissibilità, come chiede l’Avvocatura dello Stato. Perché il magistrato che ha rimesso gli atti alla Corte chiedendole di valutare la tenuta di fronte alla Costituzione della legge Severino non è competente. A dirimere questo aspetto, infatti, ha già pensato la Cassazione stabilendo a maggio che debba essere il giudice ordinario, e non quello amministrativo, a giudicare sull’applicazione della Severino. Invece è stato il Tar Campania a sollevare, nell’ambito del ricorso de Magistris, la questione di fronte alla Consulta. I giudici costituzionali, quindi, potrebbero limitarsi a dire: “non possiamo entrare nel merito, il giudice che si è rivolto a noi non è quello giusto, c’è un difetto di giurisdizione”. Ma l’orientamento della Corte non sarebbe questo. Il 20 a illustrare la causa come relatrice sarà il giudice costituzionale Daria De Pretis; Gabriella Palmieri e Agnese Soldani, avvocati dello Stato, difenderanno la legge Severino. I legali di de Magistris rappresenteranno il sindaco. Da qui all’udienza c’è una settimana, durante la quale non mancheranno momenti di confronto e ogni scenario è possibile. Ma, ad oggi, l’opzione che sembra prevalere è affrontare il caso sotto un profilo sostanziale, e non solo formale. L’appiglio giuridico c’è. Perché è vero che gli atti arrivano dal Tar, ma nel frattempo, dopo la pronuncia della Cassazione, de Magistris ha fatto ricorso anche al giudice ordinario che ha ripetuto lo schema già messo in atto dal Tar, condividendo il percorso seguito; e, come il Tar, ha sospeso tutto e lasciato de Magistris al suo posto, in attesa della Corte Costituzionale. Proprio su quest’ultimo nodo, tra l’altro, è intervenuta un’altra novità: le sezioni unite della Cassazione devono esaminare un ricorso che chiede di accertare se il tribunale ordinario abbia potere cautelare in materia elettorale: cioè, se in un giudizio che riguardi l’applicazione della Severino, il giudice ordinario possa sospenderne l’applicazione, come è successo a de Magistris e anche a Vincenzo De Luca, governatore della Campania, condannato in primo grado, anch’egli per abuso d’ufficio. L’udienza, ironia del calendario, è a ruolo sempre il 20 ottobre, ma potrebbe slittare. Tornando alla Consulta, il “gancio” per entrare nel merito, superando l’ostacolo dell’inammissibilità, tecnicamente c’è. Più complesso capire cosa deciderà. Secondo vari osservatori, una strada possibile potrebbe essere quella di una parziale incostituzionalità della norma nella parte in cui non prevede il caso di un soggetto candidato ed eletto prima dell’entrata in vigore della legge, e solo dopo incappato nella legge Severino per una condanna non definitiva. Questo è in effetti il caso di de Magistris, sindaco dal primo giugno 2011, mentre la legge Severino è del dicembre 2012: qui non è in gioco il principio della non retroattività delle legge penale, per cui non si può essere perseguiti per un fatto che non era reato quando lo si commesso, ma il momento in cui si è assunta la carica. Un quadro di questo tipo non “coprirebbe” De Luca, eletto governatore nel giugno scorso. E probabilmente non avrebbe riflessi neppure su Berlusconi, perché a far scattare la Severino e quindi l’incandidabilità è stata una condanna definitiva, e non in primo grado o in appello, per frode fiscale.