Questa sera, sul palcoscenico del massimo cittadino, alle ore 20, il trombettista russo si esibirà in duo con la pianista Maria Meerovitch
di Marina Pellegrino
Due giorni di masterclass per la stella della tromba internazionale Sergej Nakarakiov, il quale, stasera, alle ore 20, si esibirà in duo con la pianista Maria Meerovitch. Programma particolare quello che proporrà Sergej, il quale si dividerà tra la tromba e il flicorno soprano, proponendo diverse trascrizioni da Mozart e Schumann, lasciando spazio anche al magistero tastieristico della sua pianista. La serata, che saluterà certo il teatro Verdi affollato come non mai di trombettisti e appassionati di questo strumento, che ha grande tradizione nella nostra provincia, memore della grande scuola di ottoni della Scuola di Musica dell’Orfanotrofio Umberto I. La serata principierà con una trascrizione per flicorno della Sonata KV 304 di Wolfgang Amadeus Mozart, datata 1778, una pagina che presenta una struttura quanto mai semplice e lineare nei suoi due movimenti, Allegro e Tempo di minuetto. Un sentimento di rassegnata malinconia caratterizza l’Allegro iniziale, dove non mancano screziature contrappuntistiche con alcune accentuazioni drammatiche. Risalta poi in tutta la sua purezza melodica una frase musicale piena di fantasticheria romantica. Il tono elegiaco del minuetto – il motivo fondamentale si ripete tre volte – anticipa l’affettuosa intimità del canto schubertiano. Maria Meerovitch, proporrà, quindi due miniature di Robert Schumann: l’Arabeske op.18, scritto nel 1839, che nasce nello spirito dell’improvvisazione toccatistica barocca, con armonie concatenate che sprigionano nella parte superiore una elementare melodia, in un miracoloso equilibrio, sia formale che drammaturgico, e la trascrizione lisztiana del Lied Widmung appartenente alla raccolta Myrten del 1840, l’anno del matrimonio con Clara, un tenero omaggio nuziale. La trascrizione di Liszt fu scritta nel 1848; l’effusione lirica dell’originale rimane inalterata, ma tutte le sonorità pianistiche vengono potenziate, non senza l’aggiunta di qualche passaggio di soddisfazione per il virtuoso, in vista della destinazione del brano alla sala di concerto piuttosto che al salotto. Si continuerà con la Sonatina per tromba di Janine Rueff, assistente di Marcel Mule, che offre con questa pagina un saggio della sua musica generosa, abilmente costruita, con innegabile senso delle architetture sonore. Ancora una gemma trascritta per il misterioso suono del flicorno, i Fantasiestücke op.73 composti da Robert Schumann nel 1849, pensati come un unico, ininterrotto discorso musicale, condotto sul filo di un Lied suggerito dalla voce del clarinetto e del pianoforte; i movimenti in realtà sono tre, concepiti come una progressiva accelerazione, a partire dal tono elegiaco delle battute del primo movimento, continuando nello Scherzo del secondo, fino al gioco di variazioni brillantemente innescate dall’ultimo movimento. La pianista, invece, dedicherà al pubblico salernitano, un piccolo portrait di Aleksandr Skrjabin. Fra i vari compositori che dopo Chopin ritentano l’impresa titanica di costruire un ciclo organico di ventiquattro preludi nelle dodici tonalità, si distingue, fra tutti il nostro genio russo. Maria Meerovitch, ha scelto il n°4 il n°13 e il n°14 dall’opera undici, combinazioni poliritmiche e fitta ornamentazione sono i suoi stilemi, applicati, però da una invenzione musicale costantemente alta, quanto il dominio del suono pianistico. Seguirà, il Prelude op.9 per sola mano sinistra, in do diesis minore dall’ ambientazione malinconica, con dinamiche prevalentemente contenute e una melodia sinuosa. La parentesi pianistica si chiuderà con l’Etude op.42, n°5 di Skrjabin, di pregnante invenzione e intenzione. Gran finale con Three pezzi dal book per violino e pianoforte, naturalmente trascritti per tromba, di Giya Kancheli, compositore, marcatamente influenzato da Shostakovich il quale ha con il tempo mutato il suo approccio musicale verso un minimalismo ascetico di natura tardo romantica, inglobando influenze che vanno, in parte, anche da Dvorak a Brahms e a Schumann, creando uno stile immediatamente riconoscibile e unico, e le funamboliche variazioni sulle spiegate melodie della Norma di Vincenzo Bellini, scritte da Jean-Baptiste Arban che faranno “cadere il teatro”.