di Clemente Ultimo
Mettere al centro i bisogni dei minori nel momento in cui, a causa della separazione dei genitori, viene meno l’ambiente familiare in cui sono cresciuti. È intorno a questa esigenza che si svilupperà il convegno in programma per venerdì prossimo a Palazzo di Città – inizio dei lavori alle ore 16 presso il Salone dei Marmi – dedicato al tema “Dalla frattura coniugale alla continuità genitoriale: affido e tutela dei minori”, un’occasione di riflessione anche sui nuovi strumenti offerti dal legislatore per la tutela dell’interesse dei minori, ad iniziare dalla formula dell’affido paritetico. L’obiettivo è quello di individuare formule e strumenti per garantire ai figli, in particolare se bambini, di superare nel miglior modo possibile l’evento, naturalmente traumatico, della separazione dei genitori e della conseguente dissoluzione dell’ambiente familiare in cui sono nati e cresciuti. Di fatto il crollo di un sistema di riferimenti e certezze che ha caratterizzato la vita dei minori, anche nell’eventualità di una separazione non conflittuale. “Per i più piccoli – sottolinea lo psicologo e psicoterapeuta Paolo Landi, tra gli ospiti del convegno di venerdì prossimo – la separazione è equiparabile di fatto ad un lutto, viene vissuta come una rottura che spaventa perché proietta verso una realtà sconosciuta. Non è eccessivo paragonare questa rottura al crollo dei pilastri su cui si è basata finora la crescita e l’identità stessa dei minori. Questo in generale, tanto più poi se i coniugi che si stanno separando non riescono ad elaborare la rabbia e la delusione che accompagnano questo processo: allora i bisogni dei bambini non vengono percepiti né letti, anzi solitamente inizia una battaglia che ha nei figli uno degli oggetti del contendere”.
Quali sono le conseguenze negative che possono derivare per i bambini da una cattiva gestione della separazione?
“Quando si è piccoli non sempre si ha la capacità di tirar fuori le emozioni, quindi sofferenza e turbamento si manifestano principalmente attraverso il comportamento. In età adolescenziale gli effetti di una separazione conflittuale si riscontrano principalmente sulla stabilità emotiva, per arrivare poi alla scelta del partner e della gestione della relazione da adulti. Se è vero che in alcuni casi la separazione è l’unica soluzione – il conflitto costante in famiglia è certamente peggiore -, è pur vero che bisognerebbe imparare a separarsi. Troppo spesso nella fine di una famiglia si prendono in considerazione solo gli aspetti materiali, economici in primis, sarebbe ora di preoccuparsi anche di come fare attenzione a non far male a tutti”.
Negli ultimi anni si è iniziato a far ricorso alla formula dell’affido paritetico nel tentativo di tutelare meglio gli interessi dei figli minori. Si può fare una prima valutazione di questo strumento?
“Questa formula prevede che i bambini abbiano a che fare con entrambi i genitori in maniera paritaria, ci sono sentenze che hanno assegnato la casa di famiglia ai figli con l’obbligo per madre e padre di alternarsi: un modo per garantire ai minori stabilità nei propri riferimenti quotidiani. Evitare di trascorrere una vita facendo le valige, spostandosi tra due case diverse, bene questo è già un grande risultato per il benessere dei bambini, si potrebbe dire che la continuità rispetto al proprio vissuto, la stabilità, rappresentino il 50% almeno del benessere dei figli di una coppia che si separa”.
Cosa occorre perché questa formula funzioni?
“C’è bisogno di mettere a posto le proprie emozioni. Durante la separazione non sono solo le idee ad essere confuse, ma anche e soprattutto le emozioni che governano le nostre scelte. Solitamente i coniugi, o i conviventi, sono accecati da rabbia e rancore pertanto il problema non si pone tanto sul piano razionale, quanto su quello emotivo. Per questo è opportuno accompagnare la coppia in questo percorso, aiutarla ad affrontare lo sconvolgimento che l’evento separazione rappresenta per entrambi. Rimettendo a posto le proprie emozioni si compiono scelte migliori. Fortunatamente oggi tanti dei tabù legati a percorsi psicologici o psicoterapeutici sono caduti, rendendo più agevole questo processo”.