Di Adriano Falanga
“Non esiste alcun dossier fatto da Geset. Le posizioni patrimoniali così come i debiti di un amministratore nei confronti del Comune sono atti pubblici”. Niente dossier secondo Pasquale Aliberti, ma una semplice lista il cui contenuto dovrebbe essere pubblico. Ma così non è, almeno nei fatti, e soprattutto perché si potrebbe incorrere nei limiti della legge sulla privacy, che non è mai chiaro se vale o meno anche per i politici. Secondo il primo cittadino dovrebbe essere una questione morale e personale, e ogni consigliere dovrebbe sentirsi chiamato a fornire spiegazione, autodenunciandosi. Parliamo degli amministratori scafatesi, di maggioranza e opposizione (ma anche assessori) che hanno pendenze economiche con l’Ente, o meglio, non pagano o pagano parzialmente i tributi locali. Una condizione non di poco conto, perché l’art. 63 del Tuel, comma 6, sancisce: “colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso è incompatibile”. E quindi, scatta il procedimento per la sua decadenza. La vicenda è stata sollevata proprio da Aliberti, durante la discussione al Bilancio nell’ultimo consiglio comunale. Il sindaco ha pesantemente attaccato un consigliere di minoranza che avrebbe debiti con il Comune per circa 19 mila euro, omettendo il nome. “L’amministratore deve dare l’esempio. Da queste persone non accetto lezioni di moralità o di responsabilità sul bilancio. Questo perché le maggiori criticità dei bilanci dipendono proprio dalla mancata riscossione dei residui attivi. Chi contribuisce a determinarli con arretrati di oltre 19 mila euro deve solo vergognarsi perché trattasi di un delinquente politico”. La questione però non riguarda soltanto esponenti di minoranza, perché la lista è molto nutrita e interessa anche chi siede tra le file alibertiane, o nell’esecutivo. Secondo Aliberti però c’è differenza, perché questi ultimi avrebbero aperto un contenzioso. “Una cosa è avere un contenzioso o l’arretrato di una rata del ruolo sui rifiuti, altra cosa è essere un evasore totale, uno che non ha mai pagato la tarsu in vita sua”. Aprire una discussione simile, prima dell’importante voto al bilancio, solleva senza dubbio illazioni, dubbi, perplessità ma anche eventuali “timori” in chi magari non vorrebbe trapelassero certe informazioni. Soggezione insomma, che forse, secondo gli attivisti di Scafati in Movimento, potrebbe sfociare nel “ricatto” politico. Del resto, i morosi erano coloro che in quel momento dovevano votare il bilancio. “Ricatti? Si tratta di fatti di grave illegalità di cui preferisco non occuparmi affinché non si possa dire che il sindaco vessa qualcuno. La cosa inaudita è che pignoriamo la pensione dei vecchietti e lasciamo che un amministratore che non ha mai pagato imposta sulla spazzatura venga in consiglio comunale a fare il moralizzatore” ribatte il primo cittadino. Ad ogni modo, in quella lista tra le fila della minoranza (quella emersa dal voto popolare del 2013) compare il noto debito di circa 19 mila euro, ma non è il solo, perché vi sono altri debiti (fino alla Tari 2014) di 2.400, 210, 278 euro. In maggioranza la somma maggiore vede l’iscrizione a ruolo del padre del consigliere: 9.500 euro. Seguono altri colleghi con 1.295, 5.100, 250, 500. Poi c’è l’assessore citato da Mario Santocchio: 7.540 euro. Tra i morosi dell’Ici compaiono tutti componenti di maggioranza, lo stesso assessore per 407 euro, e consiglieri comunali per euro 526, 1.129, 3.765. Assolta la Geset, l’elenco è stato preparato dall’ufficio finanziario di Palazzo Mayer.
IL PRECEDENTE. RISCHIO DECADENZA
Secondo Pasquale Aliberti il contenzioso tributario non farebbe scattare il procedimento di decadenza, o meglio, almeno non fino a quando il tutto non sia stato definitivamente accertato, e ancor prima notificato. In realtà la legislatura è molto chiara nel merito, e i precedenti pure. “Il richiamo nel Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 63, n. 6 al Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 46 deve intendersi come necessariamente riferito alla cartella di pagamento che, qualora notificata e non impugnata dal contribuente, svolge una funzione assimilabile all’avviso di mora, in quanto idonea a cristallizzare definitivamente l’esistenza del debito tributario consentendo l’espropriazione forzata e, quindi, ad integrare la causa di incompatibilità prevista. Questa conclusione è confermata indirettamente dal Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 63, comma 1, n. 4, che, prevedendo che “la pendenza di una lite in materia tributaria… non determina incompatibilità”, lascia intendere che la causa di incompatibilità non operi fino a quando la pretesa tributaria non sia stata accertata definitivamente (Corte di Cassazione, sentenza 10947 del 27 maggio 2015)”. Nel caso del consiglio comunale di Scafati, non è chiaro verso chi potrebbe scattare il procedimento di decadenza, ma tutto sommato, la questione è prioritariamente morale. E al lettore serve semplicemente per capire che “ogni mondo è paese” e a rendere un esempio, ancor più concreto, di quanto accade nelle sedi istituzionali cittadine. Infine, doveroso ricordare che in caso di procedimento di decadenza avviato, l’interessato ha dieci giorni di tempo per rimuovere la causa dell’incompatibilità. Ergo, pagare. Ovviamente, laddove dovuto e accertato.