Say e Kopatchinskaja tra le note popolari - Le Cronache
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Say e Kopatchinskaja tra le note popolari

Say e Kopatchinskaja tra le note popolari

Questa sera, alle ore 20, musica da camera al teatro Verdi con il prestigioso duo violino e pianoforte per un programma che racchiude il sentire musicale di Leos Janacek, Johannes Brahms e Bela Bartòk

Di Olga Chieffi

Questa sera, alle ore 20, musica da camera al teatro Verdi con il prestigioso duo violino e pianoforte, composto da Patricia Kopatchinskaja e Fazil Say, per un programma che racchiude il sentire musicale di Leos Janacek, Johannes Brahms e Bela Bartòk. La serata verrà inaugurata dalla sonata di Leos Janáček ultimata, nella versione definitiva, nel 1921. Un’opera che risente inevitabilmente del clima della Grande Guerra e che si rispecchia in essa nell’estrema tensione tra espressione lirica e vocabolario violinistico, ricorrendo a volte a un tipo di scrittura scarna, quasi minimalista. Il modello, però, rimane quello della sonata classica ottocentesca, che viene tuttavia trasfigurato dal linguaggio drammatico e originale del compositore moravo. Il tempo iniziale, “Con moto”, presenta un dialogo nervoso e febbrile tra i due strumenti, in una tonalità scabrosa come quella del si bemolle minore. La “Ballada”, nata in origine come pezzo autonomo, esprime un lirismo più rivolto al passato, mentre l’“Allegretto” successivo sostituisce il tradizionale scherzo con un trio in maniera sfacciata e popolaresca. Le pulsioni contrastanti del mondo di Janáček esplodono nell’“Adagio” finale, nel quale il violino contraddice all’inizio con violenza (feroce, indica l’autore sulla prima frase) la scrittura cantabile del pianoforte, con un insolito rovesciamento delle parti. Si proseguirà, quindi, con l’esecuzione della Sonata op.108 n°3 in Re minore di Johannes Brahms, la cui composizione dedicata ad Hans von Bülow, impegnò l’autore per circa due anni e nonostante l’affermazione di Massimo Mila che «nobile compostezza formale ed affettuosa intimità espressiva si pareggiano nelle tre Sonate per violino e pianoforte» questa pagina ci offre una pienezza di suono diversa dall’intimismo delle precedenti. L’uso moderato del contrappunto e il grande virtuosismo del pianoforte apparvero alla critica un “cedimento” del compositore, che fu accusato di ricercare elementi più esteriori e d’effetto, ma non si può non osservare la felice creatività della linea melodica. Del resto, come spesso accade nella musica di Brahms, il fascino del lavoro sta nella variazione e nella permutazione del materiale tematico, apparentemente inesauribile. Gran finale con la Sonata n°1 op.21 di Béla Bartók, il quale ha studiato in dettaglio ogni possibilità tecnica ed espressiva del violino cercando di imprimere un discorso, per così dire, più libero e aperto e non strettamente legato ai canoni tradizionali. Naturalmente non manca il riferimento alla matrice folklorica della terra magiara,  ma la melodia, il ritmo, la metrica puntano su una visione più astratta ed essenzializzata del pensiero musicale, quasi a non voler dimenticare l’esperienza espressionista della pantomima in un atto Il mandarino miracoloso. La pagina punta il primo movimento su un tempo allegro sviluppato in forma libera, con alternanza di toni drammatici e toni distesi, con qualche asciutta parentesi armonica. L’Adagio si snoda in un clima di rigoroso classicismo, immerso in una dimensione psicologica di elevata purezza espressiva: non manca un episodio di carattere virtuosistico, omaggio alla specificità del violino. L’ Allegro molto conclusivo riflette lo stile della danza romena e persegue una linea di moto perpetuo nel quale si schiudono momenti di folgoranti tensioni caratterizzati da armonie costruite su tre tonalità simultanee. In un passaggio si avvertono arpeggi discendenti che si richiamano in un certo senso e forse ironicamente al Petruska stravinskiano.