Erika Noschese
L’Ospedale “San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno sta attraversando una fase di crisi senza precedenti, caratterizzata da una drammatica carenza di personale, una disorganizzazione dilagante e un conseguente peggioramento delle condizioni di assistenza ai pazienti. La situazione, che si protrae da mesi e ha già portato a proroghe di contratti precari per tentare di garantire i livelli essenziali di assistenza, ha raggiunto un punto critico, con episodi allarmanti che mettono in luce le falle strutturali del sistema. Il cuore pulsante dell’emergenza, il Pronto Soccorso, è il reparto più colpito. La sera di ieri e la scorsa notte, un solo operatore era disponibile per le vitali sezioni di Tac e Radiologia. Una condizione insostenibile che ha generato il fondato timore di un blocco totale delle attività, con ripercussioni disastrose sulla gestione dei casi urgenti. Già il 10 giugno, la gravità della situazione si era manifestata in modo drammatico: un paziente è stato colto da arresto cardiaco proprio dinanzi al reparto di Radiologia, costringendo a un intervento d’urgenza al Pronto Soccorso, ritardato tuttavia dalle interminabili liste d’attesa dovute all’esiguo numero di personale. Questo incidente, avvenuto in un contesto di attese prolungate, è un segnale preoccupante della crescente insicurezza per i pazienti. Le richieste di intervento rivolte ai vertici dell’ospedale, in particolare al dottor Longanella, si sono scontrate con una risposta deludente e l’impossibilità di prendere decisioni concrete. Inizialmente, era stata elaborata una strategia per alleggerire il carico del Pronto Soccorso, prevedendo l’assunzione di 30 Operatori Socio-Sanitari (Oss) con il compito di assistere nel trasporto dei pazienti tra i vari reparti diagnostici e le diverse unità operative, al di fuori del nucleo centrale dell’emergenza. Questa iniziativa, volta a creare una “squadra” dedicata, è però naufragata dopo un incontro tra il primario del Pronto Soccorso e il direttore sanitario. Il personale, anziché essere impiegato per alleggerire il flusso generale, è stato dirottato interamente al Pronto Soccorso, dove ora si contano 12 Oss e 14 infermieri per ogni turno. Nonostante questo rafforzamento numerico nel reparto di emergenza, la situazione dei pazienti non accenna a migliorare, evidenziando che il problema non è solo quantitativo, ma profondamente radicato nella disorganizzazione. La denuncia più grave riguarda la totale assenza di chiarezza nei ruoli e nelle mansioni all’interno del Pronto Soccorso. Si parla apertamente di “operatori di serie A e serie B”, dove “nessuno sa ciò che deve fare”, creando un ambiente di lavoro caotico e inefficiente. A questo si aggiungono le ombre sulle procedure di assunzione: si vocifera che alcuni degli Oss recentemente impiegati non possiedano i titoli e i requisiti richiesti dal bando di concorso. Vi sarebbero state anche delle pubblicazioni non attinenti alle reali qualifiche. Un’accusa gravissima, che mette in discussione la trasparenza e la legittimità delle selezioni del personale, e sulla quale l’azienda non avrebbe finora operato le dovute verifiche rispetto ai requisiti dichiarati dai candidati. La coordinatrice del Pronto Soccorso e i due infermieri che la affiancano, pur essendo figure di riferimento, sembrano impotenti di fronte a questa mancanza di organizzazione strutturale. In un momento di tale emergenza, l’assenza di figure dirigenziali chiave è particolarmente stridente. Il direttore amministrativo, il capo dipartimento di diagnostica per immagine e il primario di endocrinologia sono attualmente in Cina per una settimana, impegnati in uno “scambio culturale”. Una decisione che solleva interrogativi sulla gestione delle priorità e sulla sensibilità verso la crisi interna che attanaglia l’ospedale. La gravità della situazione è stata tale da richiedere, sabato scorso, l’intervento delle forze dell’ordine. La polizia è stata chiamata per constatare la riduzione del personale e la presenza di numerosi pazienti accalcati nei corridoi del Pronto Soccorso. Anche in questa circostanza, l’intervento del dottor Longanella, cui spetterebbero decisioni risolutive, non si è concretizzato. Questo episodio sottolinea l’incapacità dell’ospedale di gestire autonomamente l’emergenza e il ricorso a organi esterni per documentare una situazione ormai critica. Un’ulteriore problematica, che contribuisce al disagio del personale e al rallentamento dei servizi, riguarda la gestione delle Tac encefalo. Nonostante siano formalmente caricate sul reparto di Neuroradiologia, queste indagini diagnostiche vengono fisicamente eseguite presso la Tac del Pronto Soccorso. Si stima che vengano svolte circa 11.000-12.000 Tac encefalo all’anno con questa modalità. La neuroradiologia, dal canto suo, sembra disporre di personale in abbondanza, mentre la radiologia e la Tac del pronto soccorso sono cronicamente sotto organico. Questa disparità nel carico di lavoro è tale che il personale della radiologia e della Tac del pronto soccorso non riesce nemmeno a godere delle ferie maturate, evidenziando una distorsione preoccupante nella distribuzione delle risorse umane e un elevato livello di stress e burn-out tra gli operatori. La comunità salernitana attende risposte immediate e soluzioni concrete per affrontare questa crisi che mina la fiducia nel sistema sanitario locale e mette a repentaglio la salute dei cittadini. Le autorità competenti sono chiamate a intervenire con urgenza per ripristinare l’efficienza e la sicurezza all’interno di uno dei principali presidi ospedalieri della regione.





