Salerno invasa dal cemento non è attrattiva per il turismo - Le Cronache
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Salerno invasa dal cemento non è attrattiva per il turismo

Salerno invasa dal cemento non è attrattiva per il turismo

di Alberto Cuomo
Dopo l’uscita dell’assessore al turismo che ha riconosciuto in Salerno una città turistica, citando i dati Istat secondo cui la nostra città possiede una vocazione al turismo nel campo marittimo e culturale, pur non essendo inserita tra le prime 50 in Italia per numero di visitatori, viene da chiedere a cosa serva un assessorato dedicato se il responsabile non si prodiga in attività che intercettino gli indici delle valutazioni operate dagli enti preposti dal ministero al fine di eventuali finanziamenti. L’assessore ha lamentato l’assenza di strutture ricettive secondo ipotesi in linea con le attese della politica deluchiana, che informa quella del comune, rivolte all’arricchimento dei pochi ed alla cementificazione della città. Non viene in mente all’assessore che altre colate di cemento, sia pure per alberghi, non colgono le aspettative del turismo che vede la disposizione di Salerno verso quello marittimo e culturale ovvero, dal punto di vista della sua struttura urbana, verso la riconversione del porto commerciale in porto turistico e la valorizzazione della storia della città, vale a dire del centro storico, entrambe azioni non contemplate dall’amministrazione comunale. C’è inoltre da dire che i modi enfatici con cui l’assessore scopre la vocazione di Salerno, già nota ai primi viaggiatori del Settecento che l’attraversavano per recarsi da Napoli alla costa d’Amalfi ed a Paestum, fanno pensare che intenda il turismo in una autonomia, quasi questo sia del tutto sganciato da ogni altra attività. E invece le città non sono mai monofunzionali, né il turismo è ostacolato da altre attività, basterebbe pensare, senza ricorrere agli esempi di Parigi, Londra etc., a città analoghe alla nostra, a Pesaro, che non ha mai sognato di definirsi “città europea”, per essere riconosciuta, con la sua bella spiaggia, le sue architetture storiche, il suo centro antico, ma anche con una ancora vasta zona industriale, capitale della cultura 2024. O, per rimanere al Sud, a Catania, bellissima nella sua struttura storica, con una significativa area industriale tra l’aeroporto e il mare che non ha scoraggiato i molti turisti, i quali nel 2023 l’hanno affollata ben otre i numeri delle nostre ridicole luci d’artista. Naturalmente per equilibrare in modo armonico le diverse funzioni di una città è necessaria una visione di ampia scala che illumini le scelte dei Piani urbanistici, così come non è accaduto a Salerno con la scriteriata politica deluchiana rivolta a fini immediati cui ha corrisposto il Piano per Salerno redatto da Oriol Bohigas che vede oltretutto, oggi, interpretazioni malefiche. Un tempo, anche senza andare all’anteguerra, i Piani urbanistici disegnavano concretamente le città. Così fu per il Piano di ricostruzione di Salerno elaborato dall’Ufficio Tecnico Comunale e per il Piano Marconi del 1958, essendo sindaco Alfonso Menna. Sebbene contemplassero un alto consumo di suolo agricolo, tali Piani avevano il pregio di mostrare il reale disegno della città, con la definizione di strade, piazze, servizi di scala urbana e gli ingombri degli edifici residenziali di cui si descriveva la tipologia, più ricca in prossimità del mare e via via verso le aree in alto meno significativa, con ville e villini nella zona verde della collina di Sala Abbagnano. Il forte sviluppo delle città determinò in Italia, nel1969, la necessità di una legge urbanistica in cui si riteneva fosse possibile definire più armoniche configurazioni urbane attraverso un opportuno rapporto quantitativo tra le funzioni, in particolare tra i servizi di quartiere (standards) e le residenze. A Salerno, Gaspare Russo, subentrato a Menna, non attuò la nuova norma facendo redigere un ulteriore Piano con gli standards, e ciò per dare modo ai costruttori di attenersi al Piano obsoleto e, quindi, ben prima di De Luca, di “arricchirsi” costruendo palazzi senza servizi in sprezzo dell’obbligo di legge. Qualcosa di analogo accade oggi con continue revisioni del Piano più favorevoli ai privati, con la destinazione di nuove aree all’edificazione e con la cosiddetta “monetizzazione degli standards” che consente ai costruttori invece che realizzare i servizi offrire al Comune il loro valore economico. Oltre a considerare come la nostra città, invasa in tal modo dal cemento, non sia attrattiva per il turismo – e del resto chi si avventura a visitare Salerno privilegia la visita al Centro Storico, sia pure malandato e non certo ai quartieri-ghetto del deluchismo – sì che non valga tenere un assessorato al ramo, appare altresì inutile anche l’assessorato all’urbanistica se questa si avvale di calcoli economici senza occuparsi dell’immagine e della configurazione della città. Oltretutto, dal momento in ogni cosa che riguarda Salerno è sempre De Luca a decidere, tanto varrebbe eliminare tutti gli assessorati, chi sa che il risparmio degli alti emolumenti agli assessori consentirebbe ai salernitani almeno di risparmiare sulle tasse locali.