Sull’onda del successo del salone del vino biologico, abbiamo raggiunto Bob Griffin, che abbiamo raggiunto telefonicamente. Italo-irlandese-americano, con la testa nel New England e il cuore in Lucania
Di Alfonso Mauro
L’enoica onda lunga del salone salernitano del bere ecosostenibile e la sua nuova guida firmata da Antonio Stanzione, si è estesa a lambire sponde neomondane e solleticare l’interesse di una delle autorità bostoniane del vino d’Italia meridionale — Bob Griffin, che abbiamo raggiunto telefonicamente. Italo-irlandese-americano, con la testa nel New England e il cuore in Lucania (la Corleto Perticara natia di nonni), avvocato civilista in pensione, specializzato nell’assistenza sanitaria e una pregressa esperienza nella macchina statale per diverse agenzie sanitarie, Bob brandisce un’acuminata vis politica votata ai diritti civili e ambientali sulla quale si è presto innestata la passione per il volontariato e i prodotti d’eccellenza e green, massime quelli dell’amata Italia meridionale. Egli e la moglie Roseann, assidui del Sud, nonché intimi d’una sterminata lista di viticoltori, enologi, ed operatori turistici, appartengono al novero di conoscenze che presto sanno ascriversi alle amicizie care.
Da dove proviene il suo interesse per i vini del Sud, molti dei quali salernitani?
“La mia attenzione era originariamente per Barolo, Barbaresco e Brunello — “la banda B”. Successivamente mio cugino Michael Bonadies, noto ristoratore newyorkese, eno-esperto, e consulente alberghiero internazionale, m’incoraggiò a esplorare i vini del Sud: una qualità frattanto notevolmente incrementata, costi competitivi, e “patrimonio di radici” dei nostri nonni potentini Rocco e Felicia. Iniziai a esplorare le regioni vinicole del Mezzogiorno — e cercare le mie radici… genealogiche e viticole”.
Come selezioni nuove cantine cui far visita?
“Prima raccomandazioni, poi ricerca internauta. Visitammo una prima cantina su consiglio di un importatore, e fummo lietamente “sommersi” dall’ospitalità del Sud — nuovi amici che ci consigliarono amici e colleghi cui far visita, tra cui una cantina a Salerno. E così via… Fondamentale frequentare le enoteche. In Rete, mi concentro sui blog circa cantine meridionali e promozione di prodotti locali ecocompatibili — certificazione bio o adesione ai principi, vinificazione “naturale”, a basso intervento e/o biodinamica. Niente interventi che modifichino, sofistichino le caratteristiche dei vini. Prediligo cantine a conduzione familiare con produzione annua inferiore a 50.000 bottiglie”.
Una passione che è diventata un lavoro di volontariato: quanto e come si espleta?
“110 produttori di vino! Molti nel salernitano. L’idea è di promuovere negli States, connettendo produttori e importatori, organizzando degustazioni con ricavato a beneficio di no-profit umanitarie, donando bottiglie ad aste di beneficenza, accogliendo amici produttori italiani a Boston affinché presentino essi stessi il proprio vino ad eventi… incoraggiando parenti e amici in vacanza a visitare le cantine di Salerno: mio figlio si è sposato in vigna in Costiera Amalfitana! Educare e far conoscere.
Quale l’attuale mercato statunitense, e bostoniano, per i vini salernitani?
Un mercato ancora non facile per tutto il Sud. Gli americani preferiscono il gran nome di vitigno: Cabernet, Merlot, Malbec, Chardonnay, senza interessarsi al luogo di produzione. E mi urta vedere ristoranti statunitensi specializzarsi in cucina del Sud Italia ma avere poco o nulla del Sud disponibile al bicchiere. Va detto che a Salerno è fenomeno recente: 17 le “mie” cantine salernitane, quasi tutte giovanissime — e molte altre sono nate, green. Ma, paradossalmente, l’offerta eco-enoica salernitana supera per ora la domanda d’importatori, distributori e bevitori US. Occorre che educatori del vino, sommelier, e consumatori si rendano consapevoli dell’eccellente qualità dei vostri vini bio.
Qualche consiglio per l’enoturismo?
“Salerno ha un grande asset: la Costa d’Amalfi: una clientela consolidata per i vigneti in zona. Ma vanno spinti Cilento ed Irpinia! Si può pensare ad una rete di collaborazione con gli assi Pompei-Napoli e Costiera, donde attingere turismo che preferisca luoghi meno frequentati o i gruppi in viaggi “educativi”, accogliendo sulla scia delle fattorie didattiche. Fondamentale anche collegarsi a produttori d’olio evo, per il quale il mercato US cresce di più. Il Salernitano, con la sua enogastronomia, è una destinazione attraente per i gourmand e centro di smistamento turistico — ma bisogna lavorare insieme e non ognuno per sé, per la crescita corale e non solo per il profitto personale”. Bob ha un suo sito: http://southernitalywine.com