Dall’ 11 febbraio sarà disponibile in libreria la seconda opera di Carmine Mari pubblicato da Marlin, la casa editrice di Tommaso e Sante Avagliano
Di Olga Chieffi
Siamo alla vigilia dell’ uscita del secondo romanzo di Carmine Mari “Hotel d’Angleterre”per la Marlin edizioni, l’11 febbraio la spy storia ambientata nella Salerno Belle èpoque, sarà sugli scaffali delle librerie. Abbiamo incontrato l’autore, uomo dal multiforme ingegno, capace di spaziare dalla sociologia agli studi di scienze motorie, dal modellismo alla scrittura, in cui ritroviamo il suo ampio background, per qualche anticipazione sul suo ultimo lavoro.
Dopo la Salerno medioevale del Regolo Imperfetto, ci troviamo nella Salerno dell’ Hotel Angleterre, nel 1911, in piena Belle èpoque. Forse è la migliore espressione della nostra città, fatta “a misura d’uomo” come soleva definirla Raffaele Cantarella. Da dove nasce lo spunto per l’ambientazione del romanzo, una vecchia stampa, uno scritto….?
“Un autore trova spunti dalle occasioni più disparate; un oggetto, una frase carpita da una conversazione, a volte basta una sola parola a evocare un mondo. A me è capitato osservando una cartolina d’epoca ingiallita dal tempo, coi margini consumati e la didascalia che recitava: Hotel d’Angleterre. Mi è sembrato subito adatto come titolo di una spy story: villeggianti, personaggi eccentrici, commessi viaggiatori, ognuno con il proprio passato. L’albergo compariva nelle guide turistiche internazionali di inizio 900’ e una città con un importante complesso industriale. La location mi è sembrata perfetta: Bella èpoque, tanta luce, e tanta ombra”.
Alberto Brenzoni, matematico, Peter Aselmeryr, svizzero e rappresentante di tessuti, Marie Christine Bonsignorì, “mademoiselle” in Grand Tour, Teofilo Scorza, tipografo romano sull’orlo del fallimento e David Stephenson, colonnello dell’esercito britannico in congedo, gli ospiti dell’ Hotel con Edoardo Scannapieco, aspirante giornalista, ma maître presso l’Angleterre per vivere. Questi i personaggi base del romanzo, cui si aggiungono la suffragetta Amelia Minervini e Pavone agente dell’Ufficio Informativo che dovrà portare in porto l’Operazione Angleterre. Ci delinei i caratteri dei personaggi.
“In Hotel d’Angleterre ne appaiono in tanti, ma le cinque storie alle quali si accenna, rappresentano i fili invisibili che unisce ognuno di loro. Edoardo Scannapieco è sicuramente quello al quale sono più affezionato, un uomo in conflitto con il proprio tempo, avendo già fatto una scelta politica minoritaria, ma è caparbio, dotato di molta autoironia; prendersi in giro è un modo intelligente per affrontare i propri limiti e lui ne è consapevole. E poi Amelia Minervini (la fiamma di Edoardo) anche lei ha fatto una scelta controcorrente. È una tenace e convinta femminista, ha le idee più chiare di Edoardo su certe cose, questo è sicuro, ma è un po’ confusa sull’amore. Il peso della distanza di classe e la figura paterna incombe paurosamente su di lei”.
Il suo scrivere non insegue solo la trama che in questo volume è molto complessa, poiché siamo in un’epoca particolare e articolata che ci porterà al I conflitto mondiale, ma ha una forte inclinazione verso il romanzo storico, con accadimenti precisi che ricordano il bulino dell’incisore, ce li descriva.
“Il periodo 1911-1914 sarà il periodo decisivo per definire il quadro politico diplomatico dell’Europa. L’impero Ottomano attraversa una profonda crisi, una vera polveriera, e la Germania cerca altri sbocchi sul mare, aprendo nel 1911 una crisi internazionale con l’occupazione del porto di Agadir, in Marocco. Allo stesso tempo, ogni paese è attraversato da fermenti nazionalistici e l’Italia non è da meno. Giolitti, accerchiato dalle rivendicazioni operaie e contadine, cerca la sponda in una politica espansionistica dopo la batosta di Adua. È questo il quadro e all’interno di questa cornice, ho costruito l’impalcatura sulla quale montare gli elementi del romanzo: la trama, i personaggi e il contesto. Il lavoro di ricerca è quello che mi da maggiori spunti su quali riflettere, e poi c’è la storia locale. L’obiettivo era quella di incernierare la grande Storia, con la piccola storia. Si lavora a tentativi, punti di vista, inquadrature e alla fine si sceglie quella che si ritiene la migliore”.
Ci racconti il suo modo di lavorare, il suo processo creativo e la genesi dei suoi personaggi.
“In genere imbastisco una trama di massima, concentrandomi attorno al problema principale. I personaggi e le atmosfere sono appena abbozzate. Nelle prima fase, potrebbe sembrare strano, lavoro soprattutto al finale: devo avere due punti per costruire la mia retta. E poi molta sinossi, parallelamente alla prima stesura. Di fianco c’è sempre lo sguardo alla Storia, ai dettagli, perché la cavolata è sempre dietro l’angolo che ti aspetta con il coltello tra i denti. Mi alzo alle 4.30 ogni mattina per scrivere, caffè, pipa fino alle 7. Poi si riprende dopo le 18, si rilegge e si lascia riposare nella mente, dicono che la notte porti consiglio, e alle 4.30 si riprende la penna”.
Ci dà un suo punto di vista sul settore giallo e noir in Italia? Legge le opere dei colleghi?
“Il noir ormai è un genere maturo, forse lo era pure prima (prendi Simenon). Il delitto è solo un pretesto per mostrare altro della società, delle. Assieme ai romanzi storici, è il genere che leggo di più, oltre alla saggistica, che rappresenta il 40 per cento.
Si continuerà ad approfondire la storia della nostra città nelle prossime opere che sappiamo attendono solo di essere pubblicate?
“Certamente, il registro locale offre sempresicurezza (anche se ora ho abbastanza coraggio di mettere il naso fuori di casa!) ma l’occhio deve sempre guardare alla grande storia. Altri romanzi? Forse.. 😉 per ora godiamoci Hotel d’Angleterre”.