di Alberto Cuomo
Per gli auguri del nuovo anno, quale presagio, chi sa, per un prossimo repulisti giudiziario, su queste colonne è comparso un articolo rievocativo del 1992, anno della tangentopoli rivolta a colpire “la corruzione dell’intero sistema politico ed economico italiano”. La rievocazione ha avuto il non nascosto intendimento di delineare la “storia” di quella stagione cui partecipò la procura salernitana, onde offrire i suoi presunti insegnamenti di “tecnica creativa” alla formazione delle “nuove generazioni di MOT (i giovani magistrati in tirocinio)”. Un intento recondito dell’autore, Michelangelo Russo, neppure poi tanto nascosto, è stato altresì di magnificare la propria azione in quell’epoca, essendo stato protagonista di inchieste quale sostituto procuratore del nostro tribunale. Purtroppo per lui la “storia” non appare più allineata da un grund o da una meta, sì che la storiografia sia priva di veri criteri di giudizio, mostrando le ricostruzioni presunte storiche tutta la faziosità degli intenti delle letture non più sostenute da fondate ipotesi (sempre ideologiche) o fini ideali. Non c’è ormai che documentazione e, dal momento, secondo quanto sostengono filosofi (Edgar Morin tra essi) e scienziati (tra i quali il fisico Giorgio Parisi, recente premio Nobel) la realtà è “complessa”, persino propensa al caos, i fili delle sue possibili spiegazioni sono numerosi, tali quindi da smentire ogni interpretazione univoca qual è stata quella illustrata su queste pagine circa la nostra tangentopoli, tanto più quando non si espongono, così come è accaduto nell’articolo citato, documenti. Il testo ha indicato, quale buon auspicio, per la controversa stagione giudiziaria del 1992, il fatto che, secondo l’oroscopo cinese, tale anno sia nato sotto il segno della scimmia, cui fu dovuto il tenore “creativo” delle indagini essendo “la scimmia, nell’oroscopo cinese… il segno zodiacale del genio creativo e inventore, insomma, dell’intelligenza”. Oltre l’inesattezza nel definire i temperamenti legati a tale segno, il quale sovraintende più che al creativo, all’attivismo, se ne leggiamo il possibile simbolismo attraverso la nostra cultura occidentale non potremo non annotare che la scimmia è, dal darwinismo, un primate analogo all’uomo, con i medesimi antenati, ma di livello inferiore a lui proprio nell’intelligenza. L’insistenza poi su termini quali “rivoluzione” e “creatività” sono rivelativi, più che della realtà degli avvenimenti narrati, forse delle singolari affezioni dell’articolista. Nella sua nota il fenomeno “tangentopoli”, anche nella versione salernitana, viene collegato ai fermenti “rivoluzionari” sessantottini. Invero il cosiddetto “sessantotto” ebbe una natura molteplice e solo in Europa, nei paesi con la presenza dei partiti comunisti, fu il crogiolo di fermenti rivoltosi che invogliarono, in Italia, e anche a Salerno, non la rivoluzione quanto il terrorismo. Se si guardasse al movimento del “sessantotto” con occhi distaccati e meglio documentati, si vedrebbero, oltre i trionfalismi per le innovazioni sociali che indusse, anche le ombre, ovvero, il suo favorire indirettamente, nel nostro paese, onde opporsi alla recrudescenza terroristica, il colloquio tra maggioranza e opposizione in governi di unità nazionale i quali, rappresentandosi in vertici democristiani con l’avallo del comunisti (il primo governo di unità nazionale, nel 1978, fu presieduto da Andreotti, un uomo di destra, con la fiducia anche del Pci) determinarono ulteriormente lo stallo di una democrazia priva di alternanza, del resto teorizzata dal cosiddetto “compromesso storico”. Quanto alla “creatività”, se a Milano non furono affatto creative, quanto lugubri, i tintinnii delle manette di Di Pietro, a Salerno, in forza forse dello spirito creativo, fu inventata la “falsa esecutività” dei progetti degli appalti pubblici, essendo invece essi, nella gran parte dei casi (Trincerone, Tangenziale, Arredo Urbano, Cittadella Giudiziaria, Fondovalle Sele, etc.) e per la stessa fondovalle Calore su cui si intrattiene Russo, del tutto “esecutivi”, come si potrebbe facilmente dimostrare in un pubblico confronto con documenti in vista. Oltretutto se in genere, come si è detto, le estese documentazioni del presente non valgono a sostenere univoche interpretazioni storiografiche, quelle cui Russo rinvia riguardano unicamente il processo per l’appalto della fondovalle Calore, che vide alcune condanne, del tutto esigue rispetto alle tante assoluzioni in altri analoghi procedimenti, sì da non poter far certo parlare di “rivoluzione”. Nel considerare che il nostro ha lasciato la magistratura da pochi anni, invece di provarsi quale storico, sarebbe stato opportuno avesse offerto documentazioni, testimonianze, sugli eventuali intrecci che forse vi furono, se vi furono, tra il palazzo di giustizia, o i palazzi di giustizia che cita, Milano, Foggia, Salerno, in parte Roma, e il disegno politico “rivoluzionario” complessivo che, nella nostra città ha avuto, ahimè, quale esito, l’allestimento di quel groviglio di potere definito, anche dalla stampa nazionale, “sistema De Luca”. Ciò perché, fuori da ricostruzioni fantasiose, autoelogiative, quegli eventuali intrecci, si sono probabilmente rivelati, invece che “rivoluzionari,”, prodromici a nuovi patti tra magistratura e politica, così come si può intuire da quanto è stato reso noto dal giudice Palamara, la cui azione ha verosimilmente investito anche Salerno. Per concludere: è probabile che i cittadini salernitani non si augurino nel 2022 una tangentopoli “creativa” alla maniera di quella di trenta anni fa, anche se, dalle indagini che vertono sugli uomini del sistema De Luca, non ci si può non attendere risposte. Ma per tali risposte non necessitano organi inquirenti “creativi” o “rivoluzionari”, quanto solo magistrati seri ed onesti.