Ruggi, Mia mamma legata e lasciata senza cibo - Le Cronache Ultimora
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Ruggi, Mia mamma legata e lasciata senza cibo

Ruggi, Mia mamma legata e lasciata senza cibo

di Erika Noschese

«Nessuno mi ha detto che avrebbero legato mia madre al letto, nessuno ne ha mai parlato». La signora Margherita, cittadina salernitana, mette le cose in chiaro dopo aver denunciato nei giorni scorsi l’ennesimo scandalo che coinvolge l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Ruggi d’Aragona” di Salerno. Sui social, poche parole: la foto parla da sola, è fin troppo evidente. Sì, perché sua madre è stata legata al letto. La legge, e questo va chiarito fin da subito, consente la contenzione fisica, a tutela del paziente, ma il paziente stesso o il suo rappresentante legale (e i familiari, se possibile) devono essere informati della decisione di applicare la contenzione, salvo casi di emergenza in cui l’intervento immediato risulti necessario. Ed è proprio questo il punto che la signora Margherita intende chiarire, amareggiata per quanto accaduto all’interno del reparto di medicina d’urgenza dell’ospedale Ruggi d’Aragona. «Sì, confermo quanto già detto: siamo stati trattati come bestie», ha dichiarato la donna raccontando i fatti. «Allora, inizio col dire che mia madre è una persona anziana, fragile. Purtroppo soffre di demenza senile e sicuramente può capitare che usi parole non consone all’ambiente e, magari, non rispettose, ma non è lei. È la malattia. Mia madre è rimasta in pronto soccorso per quattro giorni. Quando siamo arrivati, ci hanno presentato un quadro clinico complesso: non era in fin di vita, ma le sue condizioni di salute erano gravi, tutt’altro che stabili – racconta la donna – È stata ricoverata in reparto per tre giorni: ed è lì che iniziano le prime cose che non mi tornano. Il giorno prima era attaccata all’ossigeno, il giorno dopo è stata dimessa. Stava bene? Sicuramente no. Forse proprio perché lo stato di salute di mia madre era piuttosto delicato, e mi riferisco in particolare alla demenza senile». E qui si entra nella fase più delicata e drammatica del racconto: la signora aveva bisogno di riposare e il medico contatta la famiglia. «Mi chiamano dal Ruggi per chiedermi l’autorizzazione a sedarla, così da permettere a lei e agli altri pazienti in stanza di trascorrere la notte in modo sereno. Mi rendo conto delle problematiche di mamma, chiedo al dottore di aspettare: alle 18.30, orario di visita, sarei stata in ospedale e avremmo valutato insieme il da farsi. Alle 18.30, puntuale, arrivo in reparto ma mamma era legata. Io non ho mai autorizzato nessuno a legare mia madre, nessun medico mi ha mai parlato di questa possibilità. Non avrei mai dato il consenso a un trattamento simile. Mi sono indignata, ci hanno trattati come bestie», racconta ancora la donna. Il giorno dopo, per l’anziana paziente arrivano le dimissioni. «Non avevo l’auto quel giorno, ero in difficoltà, e i medici decidono di trattenere mia madre altre 24 ore. Quando arrivo in reparto chiedo di parlare con il medico di turno: nessuno sapeva nulla. Poi, spunta timidamente la dottoressa che verosimilmente mi aveva contattato telefonicamente. Mi parla di un’autorizzazione verbale, ma io nego. Mai parlato di contenzione fisica e, come ho già detto, non avrei mai autorizzato nulla». La signora Margherita ricorda anche un altro aspetto drammatico: l’anziana madre era rimasta a digiuno per tre giorni. «Mamma non mangiava, i medici si sono giustificati così, ma vorrei che capissero lo stato di salute. Ci vuole pazienza. Così chiedo loro di procurarmi qualcosa e, con pazienza, riesco a far cenare mamma». Dal reparto di Medicina d’urgenza sarebbe stata consegnata alla famiglia della paziente anche una busta contenente farmaci: «Sì, mi hanno consegnato la terapia che mamma deve seguire a casa. Per tre giorni di eparina mi hanno dato uno scatolo da dieci, a me sembra davvero assurdo». E non sono mancati i problemi nemmeno al momento delle dimissioni: alla donna non era stato comunicato che fosse possibile prendere una sedia a rotelle dal pronto soccorso, così ha deciso di chiederla direttamente in reparto. Il personale presente le ha richiesto una carta d’identità, che sarebbe stata trattenuta fino alla restituzione della sedia. «Sicuramente non avevo alcuna intenzione di tenere la sedia per me, ho semplicemente detto che l’avrei lasciata in pronto soccorso, visto che l’auto era parcheggiata lontano. Mi rispondono che non si può fare, iniziano a fare storie e alla fine lascio perdere. Io e mio marito accompagniamo mia madre sotto braccio, ma abbiamo dovuto aspettare a lungo: gli ascensori avevano problemi, erano fuori servizio. Scene assurde, che hanno dell’incredibile. Voglio però chiarire un aspetto per me fondamentale: quando mamma è arrivata in reparto, le prime due sere è stata assistita da infermieri e operatori socio-sanitari eccezionali. È stata trattata con dolcezza, dedizione, pazienza soprattutto, e io voglio ringraziarli. Non so cosa sia successo il terzo e il quarto giorno, con tutta questa situazione assurda», ha poi dichiarato la donna, riferendosi a quanto accaduto in reparto.