di Erika Noschese
Ancora una volta, l’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno finisce al centro di uno scandalo. Al centro delle polemiche, la pratica – sempre più contestata – da parte di medici e infermieri di legare i pazienti al letto. L’ultimo episodio, in ordine cronologico, è stato denunciato pubblicamente da una donna, Margherita, attraverso i social. La donna ha infatti pubblicato la foto della madre, ricoverata nel reparto di medicina d’urgenza del Ruggi, legata al letto. Una vicenda inquietante, ma purtroppo non nuova per l’azienda ospedaliera universitaria. Già nel novembre 2023, la trasmissione televisiva “Piazzapulita”, in onda su La7, aveva documentato il drammatico trattamento riservato ai pazienti del pronto soccorso, spesso legati alle barelle per “motivi di sicurezza”. Il servizio, che suscitò profonda indignazione nell’opinione pubblica, portò all’intervento dei NAS, che si recarono negli studi televisivi per acquisire i filmati e avviare le indagini. A raccontare ciò che accadeva all’interno del pronto soccorso fu un operatore sanitario del Ruggi, che parlò apertamente di pazienti immobilizzati, lasciati per ore senza cibo né acqua. A distanza di tempo, la situazione sembra essere rimasta invariata. I pazienti continuano a essere legati, e le testimonianze si moltiplicano. Secondo quanto riportato da alcuni familiari sui social, la madre di Margherita sarebbe rimasta nel pronto soccorso per ben cinque giorni, in attesa di un posto letto. Nonostante il quadro clinico delicato e l’età avanzata, l’attesa si è consumata interamente su una barella, in condizioni che sollevano interrogativi inquietanti sulla gestione dell’emergenza e sul rispetto della dignità dei pazienti. Anche in questo caso, il racconto della signora Margherita ha suscitato profonda indignazione nell’opinione pubblica. Tuttavia, qualcuno ha provato timidamente a difendere l’operato dell’ospedale, parlando di una scelta clinica da parte dei medici nei casi in cui i pazienti rappresentano un pericolo per sé stessi, arrivando persino a giustificare la presenza di lividi con la formula “fragilità capillare”. Ma ci si chiede: è davvero questo il modo corretto di tutelare un paziente fragile, costretto a ricorrere alle cure ospedaliere? Davvero immobilizzare un anziano legandolo al letto rappresenta la soluzione più efficace ed efficiente per garantirne la sicurezza? La risposta, ovviamente, è no. Eppure, nonostante la denuncia pubblica trasmessa da La7 nel 2023, nonostante i numerosi casi raccontati nel corso degli anni, la situazione sembra essere rimasta immutata. Nulla è cambiato. L’auspicio, oggi, è che il nuovo direttore generale dell’azienda ospedaliera possa intervenire con fermezza, adottando provvedimenti severi nei confronti di chi continua a praticare la contenzione fisica, impedendo anche il più semplice movimento ai pazienti. Una pratica che, oltre a ledere la dignità della persona, può comportare conseguenze gravi e durature sul piano fisico e psicologico, soprattutto nei soggetti più vulnerabili. La famiglia contesta anche l’atteggiamento a loro riservato: “stata legata al letto perché dava fastidio. Grazie a tutte le persone del reparto che ci hanno trattato da bestie”, fa sapere la signora Margherita.





