di Erika Noschese
Non più un tabù da nascondere con scuse e imbarazzo, ma uno strumento di cura e valorizzazione di sé. La medicina estetica ha vissuto una vera e propria rivoluzione culturale, diventando un fenomeno sempre più accettato e diffuso. Complice il ruolo dei social media e delle celebrità, i trattamenti come botox e filler sono oggi visti come interventi normali, quasi come una visita dal parrucchiere. Ma questa normalizzazione porta con sé anche nuove sfide e rischi.
Per capire come sta cambiando il mondo della medicina estetica e quali sono le implicazioni di questa crescente popolarità, abbiamo incontrato il dottor Romualdo Crescenzo, coordinatore regionale Sime per la Campania, professore a contratto all’Università Federico II di Napoli e consulente tecnico scientifico per l’Ordine dei Medici di Napoli. Con lui affronteremo temi cruciali, dalle nuove tendenze del settore ai pericoli legati a una banalizzazione degli interventi, fino alla necessità di riconoscere e affrontare disturbi psicologici come la dismorfia.
La medicina estetica è diventata più “normalizzata” a livello culturale. La Sime ha riscontrato questo fenomeno anche in Campania e quali sono, secondo voi, i fattori principali che hanno contribuito a questo cambiamento nella regione?
«La Sime, fin dalla sua nascita nel 1975, ha proposto una “medicina estetica che realizzasse un programma di medicina sociale, curativa e riabilitativa al servizio della collettività. Il suo scopo ultimo è la costruzione e la ricostruzione dell’equilibrio psicofisico”. Questa filosofia e queste indicazioni da 50 anni vengono divulgate attraverso i soci Sime, a livello nazionale e, nello specifico, a livello regionale».
Si parla di un aumento della richiesta di trattamenti estetici da parte degli uomini. Avete dati o percezioni specifiche su questo trend in Campania? Ci sono trattamenti particolari che gli uomini della regione tendono a preferire?
«In passato, le persone che si sottoponevano ad una visita di medicina estetica (e ad eventuali terapie) erano costituite da una grandissima percentuale di donne. Col passare del tempo anche gli uomini si sono avvicinati a questa branca medica in maniera gradualmente più significativa, fino ad arrivare all’attuale 20-30% di persone di sesso maschile che si sottopongono ad una visita medico-estetica. Il risultato della visita fa propendere per una “terapia” specifica piuttosto che per un’altra. In linea di massima si possono indicare terapie che prevedono apparecchiature elettromedicali come i laser, la radiofrequenza ma anche le biostimolazioni, le bioristrutturazioni cutanee o la neuromodulazione con tossina botulinica».
Sono state sollevate preoccupazioni riguardo alla standardizzazione dei trattamenti estetici offerti in alcuni centri. Qual è la posizione della Sime su questo tema e quali iniziative vengono promosse in Campania per garantire che i trattamenti siano personalizzati e adeguati alle esigenze del singolo paziente?
«Il problema, a mio avviso, è l’uso fuorviante del termine “trattamento estetico”. Se si considera la medicina estetica una branca medica (come lo sono la cardiologia, l’ortopedia, la ginecologia ecc.) questa prevede una visita, una diagnosi ed un programma terapeutico che “ovviamente” prevede una personalizzazione terapeutica. Allo stesso modo la mia condizione cardiologica prevederà una terapia che sarà diversa da quella di una persona con una condizione diversa o, addirittura, potrebbe non prevedere alcun intervento terapeutico. La Società Italiana di Medicina Estetica sia a livello nazionale che a livello regionale, e quindi anche in Campania, attraverso i suoi soci, consiglia di non fidarsi di un medico che non sottoponga il paziente a una visita accurata, coadiuvata da indagini diagnostiche anche strumentali, prima di proporre un programma terapeutico».
Da più parti viene sottolineato il rischio di “banalizzazione” dei trattamenti estetici e la necessità di un approccio psicologico. Come affronta la Sime in Campania il problema della dismorfia corporea e quali protocolli sono in atto per i medici associati che si trovano a gestire pazienti con questo disturbo?
«Il problema della dismorfofobia è frequentemente affrontato in tutti i congressi di medicina estetica, poiché l’alterata percezione dell’io corporeo è molto diffusa nella popolazione, soprattutto tra i giovani. Qualche anno fa questo tema è stato affrontato da alcuni soci Sime con i coordinatori della Regione Calabria in convegni rivolti al pubblico, oltre a parlare dell’argomento in incontri cadenzati presso le scuole medie e superiori. Grazie al successo calabrese, la Sime sta pensando di replicare questi eventi anche nelle altre Regioni Italiane. È già in cantiere un progetto a riguardo che coinvolgerà tutte le regioni, compresa la Campania».
Si parla della ialuronidasi come di un trattamento da usare con cautela. Quali sono le linee guida e le raccomandazioni della Sime in Campania per i medici che utilizzano questo enzima e quali rischi educativi e clinici si riscontrano più frequentemente?
«La ialuronidasi è un enzima che “scioglie” l’acido ialuronico. Deve essere somministrata in uno studio medico attrezzato, quando un medico, adeguatamente formato, in seguito a un’iniezione di acido ialuronico, per un rinofiller o un aumento volumetrico delle labbra, deve intervenire rapidamente secondo scienza e coscienza per evitare complicanze che potrebbero determinare eventi avversi come, ad esempio, una necrosi tissutale cutanea, fino a provocare anche problemi vascolari più importanti.
Quindi non è un trattamento che si utilizza come una “gomma cancellante” che deve servire a risolvere un eccesso di prodotto, o un disegno asimmetrico di un labbro, ma piuttosto deve essere a disposizione del medico come presidio di “pronto soccorso”, allo stesso modo di come ricorre, in emergenza, al cortisone, all’adrenalina o all’ossigeno.
Può produrre reazione allergica, reazioni locali come gonfiore, arrossamenti, dolore e bruciore nei siti di iniezioni e in alcuni casi un’eccessiva o asimmetrica rimozione del filler. Presso l’Ospedale Gemelli Isola, all’Isola Tiberina (Roma) è presente un ambulatorio dedicato alle complicanze in medicina estetica, diretto dal direttivo Sime (presidente e vicepresidente) dove lavorano soci Sime».





