di Luca Gaeta
Juan Jesús Rodríguez è uno dei principali baritoni verdiani del circuito internazionale. Il suo timbro, la sua linea di canto e la sua qualità interpretativa lo collocano come uno degli apprezzati cantanti della sua generazione. lo abbiamo incontrato alla vigilia del suo debutto sul palcoscenico del teatro Verdi di Salerno ove sarà il protagonista del buffone gobbo nell’ opera celebrativa dei 150 anni del massimo cittadino Con quale opera ha debuttato nel mondo della lirica? Il mio debutto nel mondo della lirica è legato all’opera Eugene Onegin, che ho cantato al Teatro di Madrid, nella quale interpretavo un ruolo di comprimariato. Mentre il mio vero debutto come protagonista è avvenuto nel 2000, con l’opera Lucia di Lammermoor. In tema di debutti, questo Rigoletto rappresenta per me una prima volta presso il Teatro di Salerno. Ho già cantato in Italia, a Napoli, Trovatore, poi al Maggio Fiorentino, al Massimo di Palermo, Roma, ma ero assente dalle scene italiane da quasi cinque anni. Nei quali mi sono esibito perlopiù nel centro Europa e America. Quando ha interpretato per la prima volta Rigoletto e che tipo di lavoro ha sostenuto, sia dal punto di vista vocale, che scenico? Ho debuttato questo ruolo diciotto anni fa. E lo ricordo in modo particolare quel momento perché, con mia moglie, eravamo in attesa della nostra seconda figlia. Rigoletto è il ruolo che indubbiamente ogni baritono (almeno ogni baritono adatto al repertorio verdiano) sogna. Se da un lato questo personaggio pone delle difficoltà enormi, sia vocali, che sceniche, dall’altro lato il suo compositore si è preoccupato di scrivere tutto in partitura. Quindi la chiave giusta, come quasi sempre in musica, è affidarsi alla grandezza del suo creatore. Verdi oltre ad essere un genio per la bellezza della sua musica, è anche un grande conoscitore della voce, ed in particolare quella del baritono, dove tramite la scelta di terminate tonalità e con effetti sonori da ritrovare nell’orchestrazione, è capace di conferire alla scena che si rappresenta quello slancio e quell’emotività tipica del suo repertorio. Dal punto di vista scenico quest’opera è molto complessa. Questa produzione, che ci apprestiamo a debuttare qui a Salerno, avrà i tratti tipici, direi classici di quest’opera. Cosa consiglierebbe ad un giovane che si appresta a studiare questo ruolo? Aldilà del debuttare questo ruolo, credo che studiare la musica di Verdi, in particolare per baritono e per il baritono verdiano, sia una grande scuola e palestra. Non esiste il cantare fine a se stesso, ossia senza interpretare; e la musica di Verdi offre un vasto “territorio” dove poter sperimentare ed “imparare” a cantare. Come dicevo prima, in quest’opera, ma in realtà in tutto il repertorio verdiano, il compositore è molto attento alle indicazioni agli interpreti. Quindi studiare nel rispetto della partitura è la base per un buon lavoro. Di recente ha interpretato Alzira di Verdi, ci parla di questa esperienza? È stata un’esperienza davvero particolare poter cantare il “primo Verdi”. Ritrovare, seppur in modo embrionale, tutti gli elementi drammatici e musicali che avrebbe sviluppato nel corso della sua lunga vita. Il tipo di scrittura risente molto dell’influsso donizettiano e il clima musicale che ne risulta è molto simile ad opere come Lucia di Lammermoor e altre di quel periodo. Molto bello il concertato e l’aria del baritono. Collabora da diverso tempo con il maestro Daniel Oren? La collaborazione con il maestro Oren è relativa a tre anni fa, dove abbiamo lavorato al Don Carlo di Verdi, a Tel Aviv. Poi Alzira, a Bilbao e questo Rigoletto che ci apprestiamo a debuttare. Quali saranno i suoi prossimi impegni? Nell’immediato, cioè subito dopo questo Rigoletto salernitano, sarò a Berlino per Andrea Chénier.