Rigoletto e la censura - Le Cronache
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Rigoletto e la censura

Rigoletto e  la censura

Questa mattina alle ore 11 stasera alle ore 21, il regista discernerà sul capolavoro verdiano insieme al pianista Maurizio Iaccarino, con le voci di Francesca Siani e Daniele Falcone

 

Di OLGA CHIEFFI

 

Giornata interamente dedicata all’Opera Talk Show, un format creato da Riccardo Canessa al massimo cittadino, in cui il regista, a partire dalle ore 11, per le scuole, ( con replica per l’uditorio adulto alle ore 21) supportato dal pianista Maurizio Iaccarino e dal soprano Francesca Siani, unitamente al tenore Daniele Falcone, voci promettenti, si calerà nella maledizione di Rigoletto, opera che lui stesso allestirà dal 20 al 30 dicembre e che chiuderà la stagione del teatro Verdi. Riccardo Canessa ha rivelato che si soffermerà sulla censura che ha fatto “tribolare” Giuseppe Verdi per l’intera composizione dell’ opera. D’altronde mettere in scena un re libertino e avventore di bordelli, era inconcepibile all’epoca, così mettere in bocca ad un servitore la parola “vendetta” contro lo stesso sovrano. Per stemperare l’attualità del soggetto, Francesco I de’ “Le Roi s’amuse di Victor Hugo, dovette cedere il passo ad un più generico e lontano nel tempo “Duca di Mantova” e l’azione scenica, anch’essa, fu retrodatata al XVI secolo, e che dire del personaggio di Maddalena? Troppo ardita la presenza in scena di una prostituta, meglio una non meglio precisata “ballerina”, sorella di Sparafucile. Quello dei personaggi, dei loro nomi e delle loro caratteristiche, rappresentò il problema forse più arduo che Verdi e Piave dovettero affrontare anche dopo il debutto veneziano: a Palermo, per esempio, l’opera venne rappresentata per la prima volta nel 1853, al Real Teatro Carolino (l’odierno Teatro Bellini). In questo primo allestimento palermitano, il Duca non fu di Mantova, bensì di Nancy e nel terzo atto, per evitare al timorato pubblico la vista di un omicidio, quello di Gilda, la stessa strappò il pugnale dalle mani di Sparafucile, per trafiggersi da sola, così come non pochi problemi incontrò la presenza di un sacco contenente un quasi cadavere. Anche la gobba del buffone di corte, per i censori veneziani, era da eliminare, insieme alle altre sconcezze: Verdi si trovò costretto ad ingaggiare un vero e proprio duello con impresari e censori, minacciando addirittura il ritiro dell’opera, così come i personaggi del Conte e della Contessa di Ceprano insidiata dal Duca. Si passerà, quindi alla vocalità di tradizione degli acuti non scritti e che pur tutti si attendono, contro la volontà di Giuseppe Verdi, che era asservito unicamente alla musica e non ammetteva tradimenti al suo segno, con un occhio particolare alla coloratura dell’aria di Gilda “Caro nome”, punta di una miracolosa incertezza del personaggio stesso, con quegli acuti limpidi e malleabili, simbolo di una purezza adolescenziale, di cui il Duca farà scempio.