“L’Esa non aveva nessuna autorizzazione per frantumare i rifiuti e riutilizzarli. Lo stesso discorso vale per la ditta subappaltante”. Così il maresciallo Salvatore Riotta del Nucleo Operativo dei carabinieri di Salerno che ricostruito l’attività investigativa in merito all’inchiesta sui rifiuti in piazza della Libertà. “Un’attività che ha avuto origine nel settembre del 2010 quando, nell’ambito di un’operazione di controllo dei lavori di demolizione del pastificio Amato in via Picenza, notai la presenza di enormi cumuli di rifiuti. Successivamente seguimmo il camion che trasportava questo materiale in un cantiere edile dove si stavanno effettuando dei lavori per una strada interpoderale. della lunghezza di 600 metri. Da accertamenti rilevammo che gli autocarri erano di proprietà dei fratelli Celentano e che il materiale utilizzato era costituito da rifiuti di demolizione con presenza di corpi estranei e frammenti di plastica e legno. Il controllo fu effettuato alla presenza dell’Arpac”. Successivamente da controlli effettuati sul cantiere di Piazza della Libertà emerse che anche lì venivano riutilizzati i rifiuti del pastificio Amato. “Tale materiale poteva essere utilizzato solo dopo trattamenti con impianti specifici e da ditte autorizzate. In questo caso siamo di fronte ad un trattamento abusivo. Fu acquisita la Dia relativa ai lavori di demolizione del pastificio e venne rilevato che l’Amato Re aveva stipulato un contratto d’appalto con l’Esa Costruzioni che a sua volta aveva affidato i lavori di demolizione in subappalto alla ditta Celentano”. Viene rilevato che tremila delle quasi dodicimila tonnellate di rifiuti prodotti dalla demolizione del pastificio Amato sono state utilizzate per la piazza. Sul materiale è stato effettuato un test da parte di un laboratorio di Battipaglia. Il verbalizzante ha rilevato che l’Esa Costruzioni treava un duplice vantaggio dall’operazione perché non solo utilizzava i rifiuti del pastificio per i lavori alla Piazza della Libertà ma, soprattutto, perché il costo di quel materiale era valutato ad una cifra decisamente superiore rispetto al prezzo di mercato: “22 euro a fronte dei tre euro se fosse stato lavorato da una ditta autorizzata”. Il maresciallo si è poi soffermato anche sugli sversamenti dei rifiuti del pastificio Amato sulla discarica di Montecorvino Pugliano che l’Interdiocesi aveva fittato alla famiglia Picentino (Sarno Costruzioni). I rifiuti della piazza veniva sversati anche a Pellezzano in una cava gestita da Califano”. Da rilevare che prima di ascoltare il verbalizzante il giudice monocratico Zunica aveva acquisito i verbali dei consulenti incaricati delle analisi cliniche: Testa e Del Giorno. Secondo il teorema accusatorio, pm Valenti e Polito, sotto la piazza della Libertà erano stati circa tremila metri quadri di rifiuti speciali, materiale di risulta della demolizione del pastificio Amato che imprenditori e tecnici avrebbero autorizzato a usare come materiale di riempimento nel cantiere di Santa Teresa.Inoltre pietre e rocce del cantiere della piazza, per i quali il Comune pagava i costi di smaltimento, sarebbero finite in discariche illegali. A processo sono finiti Gilberto Belcore di Nocera Inferiore (Esa costruzioniI), Paolo Baia(direttore lavori piazza della Libertà), Mario Califano (imprenditore), Giuseppe Celentano (imprenditore), Luigi Celentano (imprenditore), Sergio Delle Femine (direttore lavori nel cantiere del pastificio Amato), Armando Esposito (Esa costruzioni), Enrico Esposito (Esa costruzioni), Antonella Iannone (Meca srl), Pietro Marchesano (Alpi srl, gestore di una cava a Montecorvino Pugliano), Franco Marrazzo (Gepa costruzioni), Alberto Picentino (Alpi srl), Bruno Picentino (Sarno costruzioni) Antonio Ragusa (funzionario del Comune di Salerno), Candida Sansone (Sarno costruzioni), Salvatore Costantino (operaio e autista Euro Beton), Nicola Giuseppe Grimaldi (responsabile di cantiere).
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