Riccardo Muti e il “luogo” nell’ arte - Le Cronache
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Riccardo Muti e il “luogo” nell’ arte

Riccardo Muti e il “luogo” nell’ arte

E’ la giornata del “Maestro”, oggi, al Ravello festival, il quale ha scelto l’auditorium per regalare al pubblico, alla testa dell’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini”, tutte le sfumature timbriche di Bizet, Ljadov e Liszt

 Di Olga Chieffi

 Sarà un omaggio al “luogo”, al “topos”, allo “spazio” sia esso reale o immaginario, il concerto che Riccardo Muti, alla testa della sua orchestra giovanile “Luigi Cherubini”, donerà questa sera, alle ore 20,30, al pubblico del Ravello Festival. Non poteva mancare la bacchetta del “Maestro” per eccellenza ad impreziosire questa  LXX edizione, che ha salutato solo domenica sera la carismatica tromba a tutto tondo di Wynton Marsalis, sul belvedere di Villa Rufolo, che si sposta per questo concerto, nell’Auditorium Niemeyer. Programma particolare, di raro ascolto e dalle raffinatissime sfumature timbriche, quello scelto da Riccardo Muti, che prevede Roma, sinfonia in do maggiore di Georges Bizet, lavoro di rara esecuzione, poi il Poema sinfonico op. 62 Il lago incantato del russo Anatolij Konstantinovič Ljadov e Les préludes, il poema sinfonico per il quale Franz Liszt si ispirò all’opera di Alphonse de Lamartine. Esiste un legame stretto tra il pensiero filosofico dell’esistenza e della ragione umane e il sapere del progettare-costruire, entrambe hanno un comune, e fondamentale riferimento, il luogo. Noi uomini della fine ereditiamo il concetto di spazio, di luogo, come extensio, con esso Cartesio pensava lo spazio quale pienezza e continuità della materia e quindi quale medium del movimento, del tendere avanti a sé, quale sinonimo dell’amplificazione. Questo assunto sarà giusto l’essenza del concerto. Il luogo diventa quel tòpos, il dove, che, localizzando, determina una cosa come cosa-per-l’uomo, che diventa condizione dell’esistenza, punto di riferimento dell’esperienza che consente la progettualità e l’attuazione, l’esistenza razionale, aprendo all’arte, e quindi assumendo la caratteristica comunicativa o sociale di “luogo familiare”, mentre la familiarità del luogo ha assunto il tratto di condizione necessaria di ogni progettualità, il segno, nel suo divenir parola, suono, teatro, gioco che diventa di-segno, archè, principio in quanto da-dove della progettualità, essenziale punto di dipartimento di ogni pensiero, che è anche l’idea del progetto Ravello, dei suoi luoghi reali, dei suoi luoghi del cuore e immaginari. Il programma della serata è una raccolta di musiche accomunate da titoli che rimandano a qualcosa che esce dai confini della musica stessa: un luogo geografico preciso come Roma, poi un luogo invece indefinito come un lago incantato o, meglio, l’omonimo quadro dipinto da Arseny Meshchersky che ispirò Ljadov; e ancora i versi poetici di Lamartine, per Liszt. Si inizierà con La Sinfonia Roma, che Bizet inizia a comporre nel 1861 quando è ospite della capitale italiana per essersi aggiudicato, appunto, il prestigioso Prix de Rome assegnato ai migliori dal Conservatorio parigino; e che riprende poi nel 1869 apponendo a ogni movimento evocativi titoli (Una caccia nel bosco di Ostia, Una processione, Carnevale a Roma) Qualunque ne fosse l’ispirazione originaria, Bizet pensava che Roma dovesse essere un esempio di musica pura.  Il tema iniziale dell’Andante tranquillo, presentato da quattro corni, deve qualcosa al Freischütz di Weber, oltre che a Gounod. Un motivo caratterizzato da un arpeggio di terzine, presentato da una tromba sola, i fiati sono usati con grazia. Lo Scherzo è il movimento di gran lunga più riuscito, col suo fugato, il tema principale dell’Andante prelude all’ Adagietto dell’Arlésienne. Il finale (Allegro Vivacissimo) è il movimento che più si avvicina alla musica descrittiva, con un’orchestrazione brillante e contiene pagine eccellenti, specialmente quando il terzo tema si spezzetta in frammenti affidati a singoli strumenti con il flauto a dominare l’orchestra. Anatolij Konstantinovič Ljadov, fu allievo di Rimskij-Korsakov e maestro di Prokof’ev. Il lago incantato, del 1909, che segue in scaletta, è uno dei soli tre poemi sinfonici che egli compose, dando prova di perizia coloristica in un impressionistico fluttuare di suoni onirici, impalpabili. Finale con  Les préludes, il poema sinfonico che Franz Liszt compone nel periodo che va da 1844 al 1852, il più conosciuto, poichè durante la seconda guerra mondiale il motivo della fanfara finale costituiva la sigla d’apertura dei bollettini di guerra delle forze armate tedesche e il tema musicale dei cinegiornali nazisti. Liszt adotta i versi di Lamartine a partitura già ultimata, alla “premier” distribuisce al pubblico le ragioni letterarie, che illustrano il tema della composizione: il sorgere della vita, le tempeste dell’esistenza umana, il rifugio nella pace dei campi, il combattimento e la vittoria finale. L’andante maestoso mostra l’uomo dopo la battaglia; nelle sezioni intermedie si rifugia nella solitudine rurale, quindi, non sopportando di vivere in un ambiente idilliaco, ritorna a combattere. L’introduzione accenna al tema principale dal quale attraverso una continua trasformazione si svilupperanno tutte le altre melodie. L’atmosfera diventa cupa e misteriosa, poi la tensione diventa massima con l’affermazione del grandioso tema da parte degli ottoni. Gli episodi pastorali sono rappresentati dai temi cantabili, affidati prima ai fiati poi agli archi. Segue un ritmo marziale che introduce al combattimento e, in un crescendo sonoro, alla vittoria finale.