Sarà la violinista Anna Tifu col suo quartetto ad inaugurare questa sera, alle ore 20,30 la XXXIV edizione del Festival “Le Corti dell’Arte”, firmato da Giuliano Cavaliere. In programma musiche di De Sarasate, Scaccia e Piazzolla
Di Olga Chieffi
Sarà il Tango Quartet della violinista Anna Tifu, ad inaugurare domani sera, alle ore 20,30, a Cava de’ Tirreni la XXXIV edizione del festival “Le Corti dell’Arte”, promosso dalla Accademia Jacopo Napoli e firmato da Giuliano Cavaliere, nel Giardino del Complesso di San Giovanni. L’ensemble con la leader al violino, schiera Massimiliano Pitocco al bandóneon, Romeo Scaccia al pianoforte e Gianluigi Pennino al contrabbasso, uno spettacolo innovativo, nel quale le dimensioni del tempo e dello spazio si piegano fino ad incontrarsi, guidando l’ascoltatore in un percorso emozionante e seducente dal Tango tradizionale, fino alle influenze jazz e d’avanguardia di Astor Piazzolla e alle composizioni originali di Romeo Scaccia. Un’esperienza artistica in cui il tango giunge fino alla sua massima evoluzione, trasformato, rivoluzionato. Non solo musica, dunque, ma Arte, nella sua accezione più ampia e moderna. Una produzione frutto di un vero e proprio percorso di ricerca e sperimentazione, fondato sul confronto e l’interazione tra i generi e gli stili. Suoni, immagini e parole si fanno poesia, in un itinerario musicale in cui la precisione di una raffinata tecnica compositiva si unisce alla profonda sensibilità melodica ed all’improvvisazione passionale nel virtuosismo esecutivo di una formazione tutta italiana, in un repertorio profondamente jazz e di contaminazione, evocativo ed emozionale. Il programma verrà inaugurato da Not Yet, una composizione di Romeo Scaccia, in cui ritroviamo i mille rivoli della composizione contemporanea nonché influenze di bachiana memoria. Una pagina fatta di completezza espressiva e grande varietà dinamica e interlocutiva di quella “drammaturgia” sonora quanto mai sofisticata, resa attraverso un’esecuzione di una trasparenza assoluta e di luminosità smagliante, incisiva nel profilare la nettezza di tratti e contorni. L’improvvisazione e la variazione rappresentano in musica i percorsi di unità e divergenza di tutti i generi, una “semplice” complessità in cui la manipolazione del materiale sonoro definisce strutture e modelli la cui interazione genera sistemi a livelli crescenti di astrazione. La ragione semantica della musica emerge, nel continuo divenire del “ludus harmonicus”, il gioco dell’invenzione e della mutazione, come una indescrittibile ed immanente intuizione del noumeno. Quindi la Anna Tifu regalerà la Carmen Fantasy di Pablo De Sarasate, costruita sui celeberrimi temi della Carmen di Bizet la Carmen Fantasy di Pablo de Sarasate. Nella sua “Carmen” George Bizet elabora con sontuosa invenzione qualche motivo folkloristico e crea suggestioni spagnole più ispaniche della tradizione spagnola, così che le atmosfere di Carmen diventano per tutti noi la Spagna tout court. Tanto che Pablo de Sarasate, spagnolo autentico, nel 1883 compone questa pagina che è una delle sue opere più amate ed anche più complesse, intrecciando audacia tecnica e intensa espressività. La Fantasia contiene l’adattamento di Aragonese, Habanera, un Interludio, Seguidilla e Danza degli Zingari, il tutto dal sapore sulfureo e diabolico. Quindi, l’omaggio a Piazzolla. I titoli scelti sono Adios nonino; Esqualo; Michelangelo ’70, Milonga del Angel; Muerte del Angel; Libertango; Oblivion, a cui si aggiungerà Sardinian Tango di Scaccia, un omaggio alla violinista sarda e alla terra in cui ha studiato il pianista etiope. Ognuno di questi brani è una sorta di sintetico concerto in cui alle parti cadenzate da cellule ritmiche strettamente derivate dal tango tradizionale, con un fraseggio in cui una veemente tensione ripudia i colori pastello, si alternano parentesi in cui il ritmo si fa largo se non evanescente ed è ingemmato dai rapinosi, palpitanti e felicissimi doni dell’estro melodico piazzolliano che, anche nel lasso di poche battute, riesce a raggiungere la sfera più profonda e sensibile di chi ascolta. Il tango va consumato esattamente nell’interludio tra la mancanza e la pienezza, essendo una forma di sopravvivenza, una maniera di riconoscersi e rappresentarsi, di esorcizzare la nostalgia, l’abbandono, il senso di estraneità. Una delle condizioni più stralunate e poetiche della cultura latino-americana, della cultura pronta a nuove ibridazioni e acclimatazioni, che si è addentrata ormai in chissà quali sobborghi della nostra anima.