Rega: no mercato delle certificazioni Dsa - Le Cronache Attualità
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Rega: no mercato delle certificazioni Dsa

Rega: no mercato delle certificazioni Dsa

di Erika Noschese

 

 

I disturbi specifici dell’apprendimento costituiscono uno degli elementi più “caldi” del dibattito pubblico in Italia. In Campania, e in particolare nella provincia di Salerno, la sfida più grande riguarda l’accesso ai servizi: in alcune aree del territorio provinciale e, più in particolare, regionale, l’accesso ai servizi di diagnosi e trattamento può essere limitato. A ciò si aggiunge anche la sfida riguardo la formazione degli insegnanti: è fondamentale garantirla per una corretta gestione degli studenti con Dsa in classe. Inoltre, c’è bisogno di consapevolezza e informazione: è necessaria una maggiore sensibilizzazione sui Dsa per ridurre lo stigma e favorire l’inclusione. Dati alla mano, è importante specificare che l’aumento delle diagnosi non implica necessariamente un aumento dei casi di Dsa, ma anzi una maggiore capacità di identificarli. È cruciale, quindi, garantire una diagnosi accurata e tempestiva per fornire agli studenti con Dsa il supporto adeguato, favorendo la collaborazione tra scuola, famiglia e servizi sanitari: trinomio essenziale per il successo degli interventi. Ne abbiamo parlato con il dottor Angelo Rega, professore associato di psicologia dello sviluppo presso il Dipartimento di psicologia e scienze della salute dell’Unipegaso.

Il ruolo del docente è fondamentale per il riconoscimento dei Dsa.

«L’insegnante deve saper distinguere se un alunno è tendenzialmente vicino a una dislessia, discalculia o altro ancora. Fanno tantissimi corsi di formazione, inoltre potrebbero sfruttare anche gli psicologi scolastici presenti nelle scuole. La Regione Campania, infatti, è tra le poche che ha questa possibilità. Tutte le scuole, più o meno 400, che hanno richiesto il servizio di psicologia scolastica, hanno perfino lo psicologo formato non per fare una diagnosi, ma per accendere un campanello d’allarme o dare un’indicazione. Ragionerei in quest’ottica qui».

Il problema è legato ai tempi, quindi, e non a un ipotetico “acquisto” di certificazioni.

«La vedo dura che ci possa essere un mercato delle certificazioni. Mi trovo con i tempi: se io immagino le prime elementari in pandemia che hanno imparato a leggere e scrivere in pandemia, e considero che una diagnosi di Dsa si fa quando l’alunno attualmente è in quarta elementare, i tempi coincidono. Sviluppo il ragionamento basandomi sui dati e sulle circostanze. Più che fare una polemica, direi di fare un’alleanza con gli psicologi: ci sono gli psicologi scolastici, ci sono i laboratori psicologici per poter effettuare screening gratuitamente nelle scuole, anche solo per le classi che sono attenzionate dai dirigenti scolastici e/o dal corpo docente, segnalando in anticipo eventuali difficoltà».

Come intervengono i laboratori?

«Raccogliamo i dati sulle classi e, col dovuto consenso informato, segnaliamo anche un potenziale problema che potrebbe esserci. Poi per la diagnosi Dsa c’è lo psicologo che effettua i test e firma la diagnosi. Ma a capo dell’equipe c’è un foniatra o un neuropsichiatra infantile».

Non è facile ottenere le autorizzazioni per il rilascio delle certificazioni.

«Assolutamente no. In alcuni casi, gli accreditamenti sono addirittura bloccati. Mettere a rischio il suo accreditamento per una eventuale certificazione falsa è abbastanza stupido».

La coincidenza temporale del rilascio delle certificazioni al termine dell’anno scolastico lascia, però, qualche dubbio.

«Il rilascio di tale certificato a ridosso della fine dell’anno scolastico è dovuto al fatto che nel pubblico le liste di attesa sono lunghissime, ed è davvero complicato gestire tutte le domande. Una richiesta fatta a ottobre molto probabilmente vedrà i test effettuati a marzo-aprile; quindi, la diagnosi arriva poi a fine anno scolastico. Inoltre, il campanello di allarme si accende quando escono le pagelle, che solitamente sono pubblicate a febbraio. Il genitore nota che il bambino non è avanzato in tutte le materie, si va a fare la diagnosi dopo aver dialogato con i docenti, e dopo ci sono i tempi necessari per i test, che sono medio-lunghi, quindi poi la certificazione arriva a maggio».

Perché polemizzare, dunque?

«La polemica non bisognerebbe innescarla: bisogna aprire un dialogo tra psicologi, neuropsichiatri e insegnanti. Dal lato scientifico, poi, noi facciamo un grande lavoro di formazione per gli insegnanti. Con il mio laboratorio dell’università digitale Pegaso, attiviamo i seminari “L’ora di psicologia”: si tratta di 10 webinar su Dsa, inclusione, autismo ecc. Bisogna creare un elemento di collaborazione anziché di scissione: mondo insegnante e mondo psicologi ancora non parlano tanto, anche a causa di un problema culturale. Per tanto tempo si è pensato che lo psicologo a scuola si occupasse soltanto del classico sportello di ascolto, andando a ricevere gli studenti che avessero bisogno di supporto psicologico. Ma quella è una piccola parte del suo lavoro. Lui è anche un esperto dei processi di apprendimento, quindi se c’è qualche problema di questa natura, lo psicologo scolastico, allertato dagli insegnanti, se ne accorge».

Qual è la proposta?

«Lavorare di più in sinergia con gli insegnanti, con momenti di formazione. E fare screening con gli psicologi scolastici, effettuando anche attività sinergiche tutti insieme. Può anche darsi che in Campania abbiamo un picco di Dsa e non lo sappiamo, quindi bisogna fare ulteriori verifiche. Magari da noi la dad ha funzionato peggio che in altre regioni, quindi ci potrebbe stare. Vedendo le statistiche sui Dsa vediamo delle variabilità regionali. Magari abbiamo un impatto maggiore e nemmeno ce ne siamo accorti».

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