Aldo Primicerio
Qualcuno ha alzato l’allarme sul calo di democrazia. Una espressione del disinteresse dei cittadini rispetto a questioni che pure riguardano il lavoro e la loro vita sociale. Un giudizio superficiale, fino a suscitarci il sorriso. Altro che disinteresse! Qui si dovrebbe parlare piuttosto di disaffezione e di sfiducia. E non solo verso questo governo di destra che è il peggiore di tutti, ma verso i governi degli ultimi 40 anni. A partire dai governi Berlusconi. Ci riferiamo all’eclissi della Prima Repubblica, memorabile ed unica per la qualità e l’elevatezza dei suoi protagonisti, l’unica a non aver rubato per mettere nelle proprie tasche, ma purtroppo implosa sui suoi stessi errori.
Insomma, è dagli anni ’80-’85 che la politica ha abbandonato le classi sociali più deboli, smantellato tutele e diritti, cominciato a distruggere il sistema sanitario nazionale, sforbiciato quelle stesse norme sul lavoro contro le quali sindacati e sinistra hanno invitato gli italiani a votare SI al referendum. Almeno su questo la Meloni ha ragione. E’ stato dal post-Dc, a partire dal Pd di Prodi, e poi di Renzi e Gentiloni, che si è indebolito il sistema lavoratori-lavoro. E poi il resto ce l’ha messo, e continua a mettercelo una destra che da sempre predilige i mercati, le produzioni, le libertà dell’individuo, ma non la tutela della giustizia sociale e dell’uguaglianza dei diritti. Quello di Meloni è un governo di incompetenti e di nostalgici reazionari, a cui sta a cuore solo gli interessi dei ricchi, ma poi discrimina tutti i fragili, come immigrati, donne, persone di etnie diverse dalla nostra. E’la storia di Trump, ma anche di 11 Paesi su 27 nell’Ue retti da leader di centrodestra: Plenković in Croazia, Petteri Orpo in Finlandia, Mītsotakis in Grecia, Simonyte in Lituania, Frieden in Lussemburgo, Schoof nei Paesi Bassi, Montenegro in Portogallo, Fiala in Repubblica Ceca, Kristersson in Svezia, Orbán in Ungheria, e Meloni in Italia.
Perché in Italia la destra ha vinto e riesce a mantenere le posizioni?
Certo non per meriti che non possiede, ma per gli errori di un centrosinistra retorico, ipocrita e stupidamente pervicace nelle sue divisioni. E’gà accaduto altre volte. Negli anni tra le due guerre mondiali, scrive il filofoso Paolo Ercolani, quando il popolo, frustrato e prostrato in seguito alla crisi degli stati liberali (e del capitalismo selvaggio), ripose la propria fiducia disperata negli uomini forti dei regimi autocratici e totalitari. E la storia si è ripetuta nel passaggio tra i due millenni, quando i governi di sinistra hanno cominciato a smantellare lo stato sociale ed a minare la democrazia costruita in 50 anni da De Gasperi, Fanfani, Moro, Andreotti, De Mita, Cossiga. Ai quali si possono aggiungere altri Dc come Gronchi, Segni, Leone, Scalfaro, Forlani ma anche i non democristiani con Berlinguer in testa, e poi Nenni, La Malfa, ai quali va aggiunto, perché no, anche Craxi con il suo socialismo riformista che fece epoca. Tutti grandi, che diedero, in modi diversi, un contributo per rafforzare la democrazia
Perché il flop del referendum? Perché il crollo dei votanti? Tutto questo può davvero equivalere ad una democrazia in salute precaria?
Direi proprio di no. La maggior parte della popolazione è convinta della bontà della Repubblica parlamentare e ritiene che decisioni del tipo di quelle proposte vadano prese, dopo accurato dibattito, dalle persone che essa ha inviato in Parlamento. Una seconda spiegazione può essere l’elettorato sia stanco di dover dare risposte e dia, quindi, un giudizio negativo ai proponenti, non recandosi a votare. Una terza è che i quesiti proposti vogliano ottenere con il referendum altri scopi, ad esempio un plebiscito per o contro il governo. Un’altra, forse la più semplice, è che una maggioranza dei votanti dia un giudizio negativo dei quesiti posti, talmente negativo da non meritare neppure la partecipazione al voto. Epoi il quorum. Può sembrare una insopportabile tagliola. Qualcuno potrebbe dire, perché non equiparare le elezioni politiche ai referendum: I padri costituenti furono lungimiranti. Con il quorum al 51% si voleva evitare che una minoranza di elettori smentisse leggi votate dai parlamentari eletti con la maggioranza dei voti. Qualche altro potrebbe chiedersi: perché non effettuare le cosultazioni referendarie in coincidenza con le politiche. Un quesito giusto e legittimo. Ma forse lì in alto c’è qualcuno, anzi tutti i politici, che non ne hanno l’interesse.
Il flop referendario forse sta nella disaffezione, nella sfiducia dei cittadini.
Che matura quando un governo realizza politiche e vara leggi palesemente incomprensibili perché contrarie al buon senso. La separazione delle carriere dei magistrati, ad esempio. Che senso ha, se sono gli stessi magistrati a non servirsene? C’è forse un disegno dietro? Ridurre i Pm, il vero nemico secondo la destra, ad uno strumento asservito ad un governo che vuole avere mani libere. Lo conferma l’abolizione del reato di abuso d’ufficio. Ma anche la mentalità ed i modi in cui questo governo gestisce la transizione energetica. Il Pnrr, ad esepio, è stato bocciato dalla Corte dei Conti UE perché i programmi di spesa sono stati definiti incerti. Anche il Pniec, il Piano energia e Clima, perché sono insufficienti i programmi, soprattutto sulle rinnovabili. D’altra parte, se l’Italia entra nell’Alleanza Nucleare Europea deve esserci un motivo. Lo sanno i cittadini che la Meloni è fermamente intenzionata ad adottare l’energia nucleare? Ecco come si spiega la strategia di dilazione dello sviluppo delle rinnovabili, così convenienti per la posizione geografica e l’autonomia energetica del Paese. e l’accordo con Trump e con il presidente argentino Milei sul gas liquefatto.
Ed il Decreto Sicurezza vogliamo ignorarlo? Secondo Luigi De Magistris è nato con un decreto legge in violazione della Costituzione, non sussistendo i requisiti di necessità e di urgenza, non avendo nulla a che vedere con la sicurezza dei cittadini. Non aumenterà per nulla la nostra sicurezza, anzi cresceranno paure e insicurezze. Per essere più preciso, si consolida la sicurezza dell’ordine costituito ed in particolare delle forze di governo che potranno anche meglio abusare del loro potere. Morale conclusiva è che si consolida sempre di più una giustizia di classe, forte con i deboli e debole con i forti. Mentre si punta a realizzare una magistratura ed un apparato repressivo nel suo complesso che deve essere il braccio togato di uno stato di diritto della legalità formale e non della legalità costituzionale. Quindi uno scivolamento verso lo stato di polizia. Secondo De Magistris non si vuole che vi sia un controllo di legalità che abbia come perno l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, ma uno stato autoritario che manganella e processa quelli che osano ubbidire ancora alla Costituzione. Si spera che l’ex-sindaco di Napoli sia in errore. Ma soprattutto si spera che chi legge apra gli occhi, metta in un canto sfiducia e disaffezione, ed alle prossime urne licenzi chi vuole sovvertire i principi di uguaglianza, eleggendo forze politiche che professino i valori cristiano-sociali, fondati dopo la terribile esperienza del fascismo. Sempre che queste forze ci siano ancora, perché noi per ora vediamo solo una grande confusione. Ma ottimismo e speranza agli italiani non mancano mai.





