Referendum,. Conte vota no - Le Cronache
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Referendum,. Conte vota no

Referendum,. Conte vota no

di Erika Noschese

Voterà no a tutti i quesiti del referendum giustizia il parlamentare di Liberi e Uguali, Federico Conte che rivendica il merito del lavoro svolto in questi mesi in Parlamento per una riforma del sistema Giustizia: “I quesiti referendari, secondo me, non hanno questa capacità dal punto di vista tecnico: credo che i sottoscrittori avessero, nella loro intenzione e nella loro sensibilità, un forte anelito di cambiamento del sistema giustizia, inefficiente e inefficace ma la traduzione tecnica non credo corrisponda esattamente a questa aspettativa”, ha infatti dichiarato il deputato salernitano. Tra gli altri temi attenzionati – in occasione della presentazione del libro di Giuseppe Gargani – anche i fondi del Pnrr e lancia l’allarme sull’incapacità di Regioni e Comuni ad utilizzare i finanziamenti messi a disposizione dall’Europa: “Bisogna fare attenzione a mettere in condizione, con un aiuto decisivo, le Regioni e i Comuni o di mettere in campo un’azione decisiva di sostituzione dei poteri che il Pnrr prevede e ricorrere allo strumento delle strutture commissariali che tanto bene ha funzionato a Genova”, ha chiarito. Onorevole, il 12 giugno i cittadini sono chiamati al voto per il Referendum Giustizia. Cosa ne pensa? “Il referendum e la riforma sono due concetti non necessariamente complementari. Il referendum è la richiesta che viene da un certo numero di cittadini di abrogare – perché nel nostro ordinamento esiste solo il referendum abrogativo – una legge, o parte di essa, che ha dato cattiva prova di sé. Questo strumento storicamente è stato utilizzato per determinare grandi cambiamenti o comunque condizionare il parlamento a svolgere grandi cambiamenti. In questo caso, i quesiti referendari, secondo me, non hanno questa capacità dal punto di vista tecnico: credo che i sottoscrittori avessero, nella loro intenzione e nella loro sensibilità, un forte anelito di cambiamento del sistema giustizia, inefficiente e inefficace ma la traduzione tecnica non credo corrisponda esattamente a questa aspettativa. La mia idea è di votare no a tutti e cinque i referendum, anche se per motivi diversi e non facilmente sintetizzabili. Per quanto riguarda tre di essi sono stati oggetto di trattazione nel corso della riforma; mi riferisco alla richiesta del voto degli avvocati e dei professori nei consigli giudiziari abbiamo provveduto: è previsto il voto degli avvocati quanto meno nei consigli giudiziari ma non dei professori che credo poco abbiano a che fare nell’organizzazione del servizio giustizia, non è un luogo di elaborazione ma di decisioni tecniche. Questo è coperto dalla riforma che, al Senato, potrebbe essere approvata in via definitiva anche prima del 12 giugno. Il secondo quesito riguarda, invece, il numero di firme da raccogliersi per una candidatura al Csm (Consiglio superiore della magistratura ndr): nella riforma abbiamo previsto che questa raccolta firme non sia più dovuta, abbiamo superato anche questa esigenza. Il terzo punto è la separazione delle funzioni: con il quesito referendario si chiede di passare a zero passaggi tra la funzione requirente e quella giudicante; attualmente ce ne sono quattro, nella riforma ne prevediamo una ed è sostanzialmente assorbito il tema laddove, dal punto di vista tecnico, è risultato impossibile per la copertura dei posti di Pm e giudici, una norma a passaggio zero. Ci sono altri due quesiti che sono fuori dal lavoro fatto in Parlamento e un parlamentare non può non difendere il lavoro che fa, soprattutto quando è stato così faticoso, importante e costruttivo: parlo dell’abolizione della Severino che io considero una buona legge, favorita dall’idea dell’abolizione di una norma della Severino che prevede per i sindaci e gli amministratori locali condannati in primo grado ad una pena superiore ai sei mesi la sospensione. Non possiamo abrogare una legge intera per una norma che non piace o non funziona, non mi pare un buon modo di procedere, lascia un vuoto legislativo rispetto ad una legge che ha funzionato molto bene ed è per questo che voto no. Il quinto no riguarda l’abolizione di una delle cause di disposizione della misura cautelare più ricorrente: la reiterazione del reato. Non capisco lo spirito di chi ha promosso questo referendum e parlo da avvocato; è uno degli strumenti più importanti di lotta alla criminalità organizzata che, in un territorio come il nostro Mezzogiorno, sappiamo che pervade in maniera insopportabile la vita sociale, civile ed economica. L’accoglimento di questo motivo a me pare un danno. La riforma della giustizia serve nella misura in cui servono interventi significativi, in Parlamento abbiamo avviato un lavoro importante per la giustizia civile, penale e per la riforma dell’ordinamento giudiziale e del Csm, approvato alla Camera e in corso di approvazione al Senato; sono tre grandi passi in avanti realizzati per condizioni politiche che probabilmente non sono ripetibili: sono pre condizioni per i finanziamenti del Pnrr perché l’Europa ci chiede di armonizzare il sistema adeguandolo a quello europeo per poter spendere questi soldi; c’è una maggioranza di quasi tutti che una ministra molto competente, tenace e paziente ha guidato verso questi tre momenti di sintesi, mediazioni parlamentari su cui vige la regola del compromesso ma tra quello di buono e quello di meno convincente, la prima parte che prevale si avvia un momento di cambiamento”. A proposito di Pnrr, diversi gli incontri da lei organizzati per promuovere e valorizzare il Mezzogiorno europeo. I fondi europei sono un’occasione fondamentale per il sud… “Un’occasione fondamentale, dobbiamo evitare si riveli perduta. I livelli di preoccupazione sono due: questi fondi non sono e non devono essere pensati come fondi per l’integrazione dal sud al nord, una vecchia questione del recupero del gap che ovviamente è sul terreno ma non è la questione principali. Devono essere fondi che danno un’idea politica di sviluppo verso il Mediterraneo dell’Europa che si è allargata ad est, oggi teatro del conflitto bellico, e che deve riscoprire il valore economico oltre che di civiltà e di ricchezza umana. Solo spingendo verso il Mediterraneo, il baricentro e gli interessi dell’Europa, valorizzeremo l’Italia che, di quel Mediterraneo, è l’hub strategico naturale. Il secondo livello è più pratico: le mailstones, come si definiscono questi risultati parlamentari come le riforme o l’approvazione dei decreti, sono fondamentali, nel crono programma del Pnrr, il più importante riguarda la spesa dei fondi europei e poiché una parte significativa di questi fondi è stata assegnata alle Regioni e ai Comuni dobbiamo fare in modo che questi enti siano in grado di spenderli e i primi risultati qualche preoccupazione la danno: nel Mezzogiorno d’Italia abbiamo un terzo dei Comuni in pre dissesto, incapaci di implementare la pianta organica, già dimezzata a causa del blocco del turn over e i presidi approntati in termini di supporto tecnico nel Pnrr non mi sembrano sufficienti. Bisogna fare attenzione a mettere in condizione, con un aiuto decisivo, le Regioni e i Comuni o di mettere in campo un’azione decisiva di sostituzione dei poteri che il Pnrr prevede e ricorrere allo strumento delle strutture commissariali che tanto bene ha funzionato a Genova”.