Questa sera alle ore 21,30 in piazzetta, il pianista Enrico Pieranunzi e il sassofonista Rosario Giuliani, presenteranno il loro progetto dedicato al genio del novecento, Duke’s Dream
Di OLGA CHIEFFI
Duke Ellington ha inciso con diversi dei suoi solisti, in piccolo gruppo e in duo, a cominciare dal suo contrabbassista Jimmy Blanton, con la sua star Johnny Hodges in Back to Back e Side By Side, con gli ospiti, Louis Armstrong, Coleman Hawkins e John Coltrane. Questa sera alle ore 21,30, il Ravello Festival, in piazza, presenterà un duo d’eccezione, capace di realizzare il sogno del Duca, il pianista Enrico Pieranunzi e l’alto sassofonista Rosario Giuliani. E’ un omaggio quello di Enrico Pieranunzi e Rosario Giuliani, a colui il quale, andando a cercare i suoi archetipi, nella forza inventiva della musica colta di matrice europea, dalla quale ha ricavato ed elaborato quei frammenti della creatività e dell’immaginazione, ha offerto alla musica jazz un punto di riferimento capace di riscattare la primordialità creativa dell’Africa Nera, avviandola verso complesse e profonde possibilità di sviluppo: Duke Ellington. Sin dall’iniziale, sinuosa “Isfahan”, Pieranunzi e Giuliani dialogheranno , passando per “Satin Doll”, inizialmente frammentato, acquista una nuova, spiccata identità grazie al sapiente contrasto tra le voci dei due strumenti, che si alternano tra dimensioni di totale improvvisazione e spunti legati alla tradizione. E’ questo uno dei brani simbolo dell’ orchestra di Ellington, una compagine in cui s’intrecciano molteplici elementi psichici e musicali. E’ musica di Ellington, certo, ma al tempo stesso è la musica di ogni singolo membro dell’orchestra. E’ giusto questo il segreto del celebrato “Effetto Ellington”. Sulla front line dell’orchestra, gli insuperati sax ducali, regnava incontrastato il sax contralto di Johnny Hodges, detto The Rabbit, il coniglio, le cui improvvisazioni erano il pezzo forte dello spettacolo. Ritroveremo le sue morbide acciaccature, il suo sound incantevolmente terso, il fraseggio asciutto, nervoso e agilissimo, mantenuto entro arpeggi distanziati, i suoi glissandi da delirio, in “I got it Bad”, “Day Dream” e le diverse ballad affidate a Rosario Giuliani. Il tema, – diceva Johnny – l’ha scritto per me. Del resto, quasi tutti i suoi temi li ha scritti per me, ma quei passaggi li ho inventati io. Anzi no li ho brevettati”. Una possibile identificazione delle ragioni della scelta ellingtoniana va ricondotta al modello di Debussy e di Ravel in modo particolare. Il senso di libertà espressiva che la musica francese riesce a sprigionare da un contesto sonoro al cui interno le coloriture e i riflessi cangianti, operano in modo determinante. Del resto Duke in giovinezza avrebbe voluto fare il pittore, questo il suo sogno: scegliendo di essere musicista non vi ha rinunciato e ha dipinto con l’orchestra, e in scaletta ritroveremo anche brani principi delle suite, quali “Come Sunday”, dalla “Black, Brown & Beige”, una delle opere principe del secolo breve o “Sonnet for Caesar”, da “Such Sweet Thunder”, il progetto shakespeariano di Ellington. In programma, poi, troveranno posto anche brani originali, “Duke’s Dream”, una mini-suite di quasi dieci minuti che si sviluppa per quadri; “Duke’s Atmosphere” e “Trains”, una sorta di scherzo eseguito a tempo veloce con i due strumenti che si inseguono senza tregua. Immaginiamo non possa mancare uno dei brani più famosi del Duca, che si deve anche al genio di Billy Strayorn, l’arrangiatore e pianista, ombra di Ellington il quale, prendendo spunto da un modo di dire del band-Leader, per cui la stazione metropolitana di linea “A” sulla 155 esima strada era solo a 15 minuti di distanza dalla parte centrale di Manhattan, compose Take the “A” Train , un pezzo in tempo medio-veloce, divenuto la sigla dell’orchestra, attraverso cui Enrico Pieranunzi e Rosario Giuliani, ci condurranno naturalmente nella loro personale “Ellingtonia”, sulle tracce del Duca, nella coscienza della sua specificità.